Si guardò di nuovo intorno. Quasi tutti i presenti erano brutti, e lo sarebbero stati anche se avessero indossato abiti diversi dalle tute azzurre d’ordinanza, che rendevano tutti uguali. All’estremità più lontana della stanza, tutto solo a un tavolo, un uomo minuscolo che pareva uno scarafaggio stava bevendo una tazza di caffè e i suoi occhietti lanciavano sguardi sospettosi in ogni direzione. Sarebbe stato facile, se non vi foste guardati intorno, credere che esistesse davvero e fosse anzi dominante il tipo fisico che il Partito proponeva come ideale: giovanotti alti e muscolosi e ragazze dal seno florido, gli uni e le altre biondi, pieni di vita, abbronzati, spensierati. E invece, per quanto riusciva a giudicare, la maggioranza degli abitanti di Pista Uno erano piccoli, scuri di pelle e scarsamente dotati dal punto di vista fisico. Era curioso come il tipo dello scarafaggio proliferasse nei Ministeri: omuncoli tozzi, tarchiati fin da bambini, con le gambe corte e i movimenti rapidi, quasi a scatti, occhi piccolissimi su volti grassi e impenetrabili, era questo il tipo che sotto il dominio del Partito sembrava attecchire meglio di tutti gli altri.
Un altro squillo di tromba accompagnò la fine dell’annuncio del Ministero dell’Abbondanza, lasciando il campo a una specie di musica metallica. Parsons, a cui quel bombardamento di cifre aveva trasmesso un entusiasmo indistinto, si tolse la pipa di bocca.
«Quest’anno il Ministero dell’Abbondanza ha fatto proprio un buon lavoro» disse, con un cenno compiaciuto del capo. «A proposito, Smith, amico mio, non hai per caso qualche lametta da darmi?»
«Neanche una» rispose Winston. «Sono sei settimane che uso la stessa.»
«Ah. Era solo per chiedere, vecchio mio.»
«Mi dispiace» disse Winston.
Al tavolo accanto, la voce starnazzante, momentaneamente costretta al silenzio dall’annuncio del Ministero, aveva ripreso a farsi sentire, allo stesso volume. All’improvviso, per chissà quale motivo, Winston si sorprese a pensare alla signora Parsons, con quei suoi radi capelli e la polvere nelle rughe del volto. Due anni di tempo, e i figli l’avrebbero denunciata alla Psicopolizia. La signora Parsons sarebbe stata vaporizzata. Syme sarebbe stato vaporizzato. Winston sarebbe stato vaporizzato. O’Brien sarebbe stato vaporizzato. Parsons, invece, non sarebbe stato vaporizzato. La creatura senza occhi con la voce starnazzante non sarebbe stata vaporizzata. Gli omuncoli-scarafaggio che percorrevano lesti e scattanti gli intricati corridoi dei Ministeri, neanche loro sarebbero stati vaporizzati. E non sarebbe stata vaporizzata nemmeno la ragazza dai capelli neri, quella che lavorava al Reparto Finzione. Gli sembrava di sapere per istinto chi sarebbe sopravvissuto e chi sarebbe perito, anche se non era facile dire che cosa fosse a garantire a chicchessia la sopravvivenza.
In quel momento una sorta di violenta scossa lo tirò fuori dalle sue fantasticherie. La ragazza del tavolo accanto si era girata parzialmente sul fianco e lo guardava. Era la ragazza dai capelli neri. Lo guardava con la coda dell’occhio, ma con una strana intensità. Nell’attimo in cui i loro occhi s’incontrarono, però, volse lo sguardo altrove.
Winston cominciò a sudare da ogni poro della pelle, mentre lo assaliva un senso di autentico terrore. Non durò più di un secondo, ma gli lasciò dentro una specie di disagio irritante. Perché lo guardava? Perché continuava a seguirlo? Sventuratamente, non riusciva a ricordare se la ragazza era già a quel tavolo quando lui era arrivato, o se non fosse entrata dopo. Però il giorno prima, durante i Due Minuti d’Odio, si era seduta proprio dietro di lui, quando non c’era motivo alcuno per farlo. Con ogni probabilità, il suo vero scopo era quello di starlo a sentire, per verificare se gridava abbastanza forte.
Gli tornarono alla niente le sue prime riflessioni: forse non era un membro effettivo della Psicopolizia, ma non c’era niente di più pericoloso delle spie dilettanti. Non sapeva da quanto tempo la ragazza lo stesse fissando, ma doveva essere da almeno cinque minuti e forse in questo lasso di tempo il suo volto aveva lasciato trasparire qualcosa. Era pericolosissimo mettersi a fantasticare quando ci si trovava in un luogo pubblico o entro il raggio d’azione di un teleschermo. Anche il particolare più insignificante poteva segnare la vostra fine: un tic, un’inconscia traccia di ansia sul volto, l’abitudine di mormorare fra i denti, tutto quello, insomma, che suggerisse una diversità rispetto alla norma o desse l’idea che avevate qualcosa da nascondere. In ogni caso, avere sul volto un’espressione sconveniente (come il mostrarsi increduli, per esempio, all’annuncio di una vittoria) costituiva di per sé un reato passibile di pena. Vi era anche una parola in neolingua che lo descriveva: voltoreato.
La ragazza gli aveva di nuovo voltato le spalle. Ma forse non lo stava veramente seguendo, forse il fatto che per due giorni consecutivi si fosse trovata così vicina a lui era una pura coincidenza. La sigaretta gli si era spenta, e Winston la posò con la massima attenzione sull’estremità del tavolo. Avrebbe finito di fumarla dopo il lavoro, sempre che fosse riuscito a non far fuoriuscire il tabacco. Con ogni probabilità la persona seduta al tavolo accanto era una spia della Psicopolizia, con altrettanta probabilità fra tre giorni lui si sarebbe trovato nei sotterranei del Ministero dell’Amore, ma una cicca non andava sprecata. Syme aveva ripiegato il suo foglietto di carta e se l’era rimesso in tasca. Parsons aveva ripreso a parlare.
«Ti ho mai raccontato, vecchio mio» disse, ridacchiando e continuando a tenere il bocchino della pipa fra i denti, «di quella volta in cui i miei due diavoletti diedero fuoco alla gonna di una vecchia massaia perché aveva avvolto le salsicce in un manifesto del G.F.? Le si accostarono di soppiatto e diedero fuoco alla gonna con una scatola di fiammiferi. Credo che l’abbiano bruciacchiata come si deve. Proprio due diavoletti, non c’è che dire, ma pieni di entusiasmo. Tutto merito dell’addestramento che oggi ricevono nelle Spie, che è perfino migliore di quello impartito ai miei tempi. E che cosa credete che abbiano ora ricevuto in dotazione? Cornetti acustici da accostare alle serrature delle porte! Ieri sera la mia bambina ne ha portato uno a casa, l’ha provato sulla serratura del salotto e ha detto che, rispetto a quando ci metteva solo l’orecchio, poteva sentire due volte meglio. È solo un giocattolo, naturalmente, ma istruttivo, non vi pare?»