La sua contentezza svanì quando giunse al torrente. Gli Altri erano là. Vi si trovavano ogni giorno, ma non per questo la cosa sembrava meno esasperante.
Erano una trentina circa, e sarebbe stato impossibile distinguerli dagli appartenenti alla tribù di GuardalaLuna. Vedendolo sopraggiungere, incominciarono a danzare, ad agitare le braccia e a strillare, dal loro lato del torrente, e il popolo di GuardalaLuna rispose nello stesso modo.
Non accadde altro. Sebbene gli uominiscimmia si battessero e lottassero spesso gli uni con gli altri, le loro dispute davano luogo molto di rado a gravi ferite. Non possedendo artigli né denti canini per battersi, ed essendo ben protetti dal pelo, non potevano farsi un gran male a vicenda. In ogni caso, avevano ben poca energia in sovrappiù per un comportamento così improduttivo; ringhiare e minacciarsi era una maniera assai più efficiente per far valere i loro punti di vista.
Il confronto si protrasse per circa cinque minuti; poi l’esibizione cessò rapidamente come era cominciata, e tutti bevvero a sazietà l’acqua melmosa. Il senso dell’onore era stato appagato; ciascun gruppo aveva affermato i suoi diritti sul proprio territorio. Una questione così importante essendo stata risolta, la tribù proseguì lungo il suo lato del torrente. Il pascolo più vicino si trovava adesso a oltre un chilometro e mezzo dalle caverne, ed essi dovevano condividerlo con un branco di grosse bestie simili ad antilopi, le quali a malapena tolleravano la loro presenza. Non potevano essere scacciate, poiché erano armate con pugnali feroci sulla fronte: armi naturali che gli uominiscimmia non possedevano.
Così GuardalaLuna e i suoi compagni masticavano bacche e frutta e foglie e scacciavano le fitte della fame, mentre tutto intorno a loro, in competizione con loro per lo stesso cibo, esistevano riserve di viveri superiori a quanto avrebbero mai potuto sperare di mangiare. Eppure, le migliaia di tonnellate di carne succulenta che vagabondavano nella savana e attraverso la boscaglia non erano soltanto di là dalla loro portata, ma anche di là dalla loro immaginazione. In piena abbondanza, essi stavano lentamente morendo di fame.
La tribù tornò alle caverne senza alcun incidente nell’ultima luce del giorno. La femmina ferita rimasta al riparo tubò di piacere, mentre GuardalaLuna le dava il ramo coperto di bacche, che aveva portato sin lì, e incominciò ad attaccarlo famelica. Il nutrimento era ben scarso, ma le avrebbe consentito di sopravvivere fino a quando la ferita infertale dal leopardo non si fosse cicatrizzata, consentendole di tornare per suo conto in cerca di foraggio.
Sulla valle stava sorgendo la luna piena, e un vento gelido soffiava dai monti lontani. Avrebbe fatto molto freddo, quella notte… ma il freddo, come la fame, non era causa di gravi preoccupazioni; era soltanto un aspetto dell’ambiente in cui si svolgeva la loro esistenza.
GuardalaLuna si mosse appena quando udì gli urli e gli strilli riecheggiati dal versante della montagna e provenienti da una delle caverne più in basso; non aveva bisogno di sentire i ringhi saltuari del leopardo per rendersi esattamente conto di quanto stava accadendo. Laggiù nelle tenebre, il vecchio Pelo Bianco e la sua famiglia stavano combattendo e morendo, e l’idea che egli avrebbe potuto aiutarli in qualche modo non balenò nemmeno per un attimo nella mente di GuardalaLuna. La logica feroce della sopravvivenza escludeva tali fantasticherie, e non una voce si levò per protestare dal fianco in ascolto dell’altura. In ogni caverna regnava il silenzio, per non attrarre il disastro anche da quella parte.
Il tumulto cessò, e di lì a poco GuardalaLuna udì il fruscio di un corpo trascinato sulle rocce. Si protrasse soltanto per pochi secondi, poi il leopardo riuscì ad afferrare saldamente la preda; non causò altri rumori mentre si allontanava silenziosamente sulle zampe di velluto, portando senza fatica la vittima tra le mascelle.
Per un giorno o due, non vi sarebbero stati nuovi pericoli lì, ma potevano esservi altri nemici in giro, approfittando di quel Piccolo Sole freddo che splendeva soltanto durante la notte. Se v’era un preavviso sufficiente, i predatori più piccoli potevano a volte essere spaventati e allontanati con urla e strilli. GuardalaLuna strisciò fuori dalla caverna, si arrampicò su un grosso macigno accanto all’imboccatura e là si accosciò a sorvegliare la valle.
Tra tutte le creature che avevano camminato fino a quel giorno sulla Terra, gli uominiscimmia erano i primi a contemplare costantemente la luna. E sebbene non potesse ricordarlo, GuardalaLuna, quando era stato molto giovane, aveva cercato a volte di protendersi e di toccare quella faccia spettrale che saliva nel cielo sopra i monti.
Non vi era mai riuscito, e ormai aveva abbastanza anni per capire perché. Anzitutto, naturalmente, doveva trovare un albero sufficientemente alto sul quale arrampicarsi.
A volte osservava la valle e a volte osservava la luna, ma sempre rimaneva in ascolto; una o due volte si appisolò, ma il suo sonno era leggerissimo, e il minimo suono lo avrebbe disturbato. Nell’avanzatissima età di venticinque anni, possedeva ancora appieno tutte le sue facoltà; se la fortuna avesse continuato a essergli propizia, e se fosse riuscito a evitare incidenti, malattie, animali da preda e la morte per fame, avrebbe potuto sopravvivere per altri dieci anni.
La notte continuò a trascorrere, gelida e limpida, senza altri allarmi e la luna salì adagio tra costellazioni equatoriali che nessuno sguardo umano avrebbe mai veduto. Nelle caverne, tra periodi di sonno intermittente e di timorosa attesa, nascevano gli incubi di generazioni di là da venire.
E per due volte un puntino luminoso abbacinante, più vivido di ogni stella, attraversò adagio il cielo, salendo fino allo zenit e discendendo poi a oriente.
2. LA NUOVA PIETRA
A notte alta, GuardalaLuna improvvisamente si destò. Esausto dopo le fatiche e i disastri della giornata, aveva dormito più profondamente del solito, eppure fu istantaneamente all’erta al primo fioco raschio giù nella valle.
Si drizzò a sedere nella fetida oscurità della caverna, tendendo i propri sensi verso l’esterno, verso la notte, e la paura si insinuò adagio nell’anima sua. Mai nel corso della sua esistenza, già due volte più lunga di quanto potessero aspettarsi quasi tutti gli appartenenti alla specie, aveva udito un suono come quello. I grandi felini si avvicinavano silenziosi e la sola cosa che li tradisse era un raro franare di terriccio, o lo schianto occasionale di un ramo. Ma questo era un suono scricchiolante e ininterrotto, che andava divenendo sempre più forte. Si sarebbe detto che qualche animale enorme si stesse muovendo nella notte, senza tentare in alcun modo di nascondersi, e ignorando tutti gli ostacoli. A un certo momento, GuardalaLuna udì il rumore inequivocabile di un cespuglio sradicato; gli elefanti e i dinoterii sradicavano abbastanza spesso cespugli, ma, a parte questo, si muovevano silenziosamente come i felini.
E poi vi fu un suono che GuardalaLuna non avrebbe potuto riconoscere, perché non era mai stato udito prima nella storia del mondo. Era un cozzare del metallo contro la pietra.
GuardalaLuna venne a trovarsi faccia a faccia con la Nuova Pietra quando guidò la tribù giù al fiume nella prima luce dell’alba. Aveva quasi dimenticato i terrori di quella notte, perché nulla era accaduto dopo lo strepito iniziale, per cui egli non associò neppure la strana cosa con il pericolo o la paura. Essa non aveva, in fin dei conti, alcunché di allarmante.
Si trattava di un monolito rettangolare, tre volte più alto di lui, ma stretto abbastanza perché potesse cingerlo con le braccia, ed era fatto di un materiale completamente trasparente; invero, non fu facile scorgerlo, tranne quando il sole nascente scintillò sui suoi spigoli. Poiché GuardalaLuna non aveva mai veduto il ghiaccio, e nemmeno acqua limpida come cristallo, non esistevano oggetti naturali ai quali egli potesse paragonare questa apparizione. Era senz’altro piuttosto allettante, e sebbene egli fosse prudentemente circospetto di fronte a quasi tutte le cose nuove, non esitò a lungo prima di avvicinarsi. Poiché non accadeva nulla, sporse una mano e tastò una superficie fredda e dura.