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A un certo momento, la luce della lampada di Bowman cadde su una laida macchia lasciata da un fluido rosso e vischioso che aveva imbrattato uno dei pannelli. Per qualche momento fu assalito dalla nausea, ma poi scorse i frammenti di un contenitore di plastica e si rese conto che si trattava soltanto di qualche sostanza alimentare, probabilmente marmellata, che il vortice aveva strappato da uno degli armadi. La sostanza formò oscenamente bolle nel vuoto, mentre lui passava in mezzo galleggiando. Adesso era fuori dal tamburo, che ruotava adagio, e stava avanzando nel ponte di controllo. Si afferro a una sezione di scala a pioli e incominciò a spostarsi su di essa, una mano dopo l’altra, con il vivido disco luminoso proiettato dalla lampada della tuta sussultante dinanzi a lui.

Bowman era stato di rado in quella parte dell’astronave; non aveva mai avuto nulla da fare, lì… prima d’ora. Venne a trovarsi di fronte a un piccolo portello ellittico sul quale figuravano avvertimenti come:

INGRESSO VIETATO A TUTTO IL PERSONALE NON AUTORIZZATO, Vi È STATO RILASCIATO IL CERTIFICATO H19? e LOCALE ULTRAPURIFICATO. È OBBLIGATORIO INDOSSARE TUTE ASPIRANTI».

Sebbene il portello non fosse chiuso a chiave, vi erano stati applicati tre sigilli, ognuno con il simbolo di una diversa autorità, compreso quello dello stesso Consiglio Nazionale dell’Astronautica. Ma anche se avesse visto il Gran Sigillo del Presidente, Bowman non avrebbe esitato a spezzarlo.

Era stato lì solo una volta, quando ancora fervevano i lavori di sistemazione degli impianti. Aveva completamente dimenticato che esisteva una lente visiva di entrata collegata al calcolatore, che scrutava il piccolo locale alquanto simile, con le sue file e colonne ordinatamente disposte di unità logiche a stato solido, alla camera blindata di una banca.

Si rese conto all’istante che l’occhio aveva reagito alla sua presenza; udì il sibilo di un’onda portante, mentre la trasmittente locale dell’astronave veniva accesa; poi, attraverso l’altoparlante della tuta, gli giunse una voce familiare.

«Sembra che sia accaduto qualcosa al sistema di mantenimento della vita, Dave.»

Bowman non prestò ascolto. Stava studiando attentamente le piccole targhette sulle unità logiche, e controllava il proprio piano d’azione.

«Ciao, Dave», disse Hal a questo punto. «Hai individuato il guasto?»

Sarebbe stata un’operazione molto delicata; non si trattava semplicemente di togliere l’energia a Hal, l’ovvio rimedio se avesse avuto a che fare con un semplice calcolatore inconscio della propria esistenza sulla Terra. Nel caso di Hal, per giunta, v’erano sei impianti di energia indipendenti e separati, con una alimentazione finale consistente in un elemento isotopo nucleare schermato e corazzato. No… non poteva semplicemente «togliere la spina»; e, anche se ciò fosse stato possibile, avrebbe avuto conseguenze disastrose.

Hal era infatti il sistema nervoso dell’astronave; senza il suo controllo, la Discovery sarebbe stata un cadavere meccanico. L’unica soluzione consisteva nell’isolate i centri superiori di quel cervello malato ma brillante, e nel lasciare che i sistemi di regolazione puramente automatici continuassero a funzionare.

Bowman non stava facendo questo tentativo alla cieca, in quanto il problema era stato preso in esame durante il suo addestramento, sebbene nessuno avesse mai potuto sognarsi che si sarebbe effettivamente presentato nella realtà. Sapeva di esporsi a un pericolo tremendo; se avesse provocato uno spasmo riflesso, tutto sarebbe finito in pochi secondi.

«Credo che vi sia stato un guasto nei portelli della rimessa delle capsule», disse Hal nel tono di un’amena conversazione. «Per fortuna non sei rimasto ucciso.»

Ci siamo, pensò Bowman. Non avrei mai immaginato che sarei diventato un chirurgo del cervello dilettante… eseguendo una lobotomia di là dall’orbita di Giove.

Liberò la sbarra di chiusura sulla sezione con la targhetta REAZIONE CONOSCITIVA ed estrasse il primo blocco di memoria. Il circuito tridimensionale mirabilmente complesso, che trovava facilmente posto nella mano di un uomo e ciò nonostante conteneva milioni di elementi, galleggiò via attraverso il locale.

«Ehi, Dave», soggiunse Hal. «Che cosa stai facendo?»

Chissà se può sentire il dolore? si domandò Bowman fuggevolmente. Con ogni probabilità no, si disse; non vi sono organi di senso nella corteccia del cervello umano, in fin dei conti. Il cervello umano può essere operato senza anestetici.

Incominciò a estrarre, a uno a uno, i piccoli elementi dal pannello con l’indicazione POTENZIAMENTO DELL’IO. Ogni blocco continuava a sollevarsi e ad andare alla deriva, non appena abbandonato dalla mano di lui, finché urtava contro la parete e rimbalzava. Ben presto vi furono parecchi elementi che andavano avanti e indietro nel locale.

«Sentì un po’’, Dave», disse Hal. «Vi sono anni di esperienze incorporati in me. Una quantità insostituibile di fatiche ha fatto sì che io diventassi quel che sono.»

Una dozzina di elementi erano già stati estratti, eppure, grazie alla multipla ridondanza della sua struttura (un’altra caratteristica, Bowman lo sapeva, copiata dal cervello umano) il calcolatore continuava a funzionare.

Passò al pannello dell’AUTOINTELLEZIONE.

«Dave», disse Hal, «non capisco perché tu mi stia facendo questo… Ho il più grande entusiasmo per la missione… Stai distruggendo la mia mente… Diventerò infantile… Diventerò nulla…» È più difficile di quanto mi fossi aspettato, pensò Bowman. Sto distruggendo la sola creatura cosciente nel mio universo. Ma devo farlo, se voglio riprendere il controllo dell’astronave.

«Sono un calcolatore Hal 9000, esemplare numero tre. Sono diventato operativo nelle fabbriche Hal di Urbana, Illinois, il 2 gennaio 1997. La fulminea volpe bruna salta addosso al pigro cane. In Spagna piove principalmente sulle pianure. Dave… sei ancora lì? Lo sapevi che la radice quadrata di 10 è 3 virgola 162277660168379? Il logaritmo di base e di 10 è zero virgola 434294481903252… rettifico, questo è il logaritmo in base 10 di e… Il reciproco di tre zero virgola 17 volte 3… due volte due fa… due volte due fa… approssimativamente 4 virgola 1010101010101010… il mio primo istruttore fu il dottor Chandra. Mi insegnò una canzone che fa così: “Centocinquanta, la gallina canta, lasciala cantare, la voglio maritare”.»

La voce si interruppe così bruscamente che Bowman si immobilizzò per un momento, le dita strette intorno a un blocco di memoria tuttora in circuito. Poi, inaspettatamente, Hal parlò di nuovo.

Il ritmo del discorso era molto più lento, e le parole avevano un’intonazione morta e meccanica; Bowman non sarebbe mai riuscito a riconoscere chi fosse a pronunciarle.

«Buon… giorno… dottor… Chandra… Qui… Hal… sono… pronto… oggi… per… la… prima… lezione…»

Bowman non poté più resistere. Strappò l’ultimo elemento e Hal tacque per sempre.

29. SOLO

Come un giocattolo minuscolo e complicato, la nave spaziale galleggiava inerte e immobile nel vuoto. Sarebbe stato impossibile capire che si trattava dell’oggetto più veloce del sistema solare e che si spostava molto più rapidamente di uno qualsiasi dei pianeti mentre ruotavano intorno al Sole.

E nulla indicava che portasse vita entro di sé; all’opposto, anzi. Qualsiasi osservatore avrebbe notato due indizi minacciosi: i portelli della camera di equilibrio erano entrambi spalancati… e l’astronave continuava a essere circondata da una rada nube di frammenti che andava disperdendosi adagio.

Sparsi in un volume di spazio che già si estendeva per chilometri, si vedevano pezzi di carta, lamierini metallici, frammenti irriconoscibili… e, qua e là, nuvole di cristalli che scintillavano come gioielli nella luce del sole remoto, là ove del liquido era stato risucchiato dalla nave spaziale e congelato all’istante. Tutto ciò costituiva la conseguenza inequivocabile di un disastro, come i relitti che affiorano alla superficie dell’oceano, là ove qualche grande nave è colata a picco. Ma nell’oceano dello spazio nessuna astronave poteva mai affondare; anche se veniva distrutta, i suoi rottami continuavano a seguire in eterno l’orbita originaria.