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Al quarto tentativo, colpì a pochi centimetri appena dal centro del bersaglio. Una sensazione indescrivibile di piacere, quasi sessuale tanto era intensa, gli pervase la mente. Poi l’influsso che lo dominava cessò; egli non sentì più alcun impulso di fare qualcosa, tranne che rimanere in piedi e aspettare.

A uno a uno, tutti gli appartenenti alla tribù furono fuggevolmente posseduti. Alcuni riuscirono, altri fallirono nei compiti loro affidati e tutti furono opportunamente retribuiti con spasimi di piacere o di dolore.

Ormai non rimaneva che un bagliore uniforme e senza caratteristiche nel grande monolito, per cui esso si levava simile a un blocco di luce sovrapposto alla circostante oscurità. Cose se si fossero destati da un sonno profondo, gli uominiscimmia scossero la testa, e di lì a poco ripresero a muoversi lungo la pista verso il loro rifugio. Non voltarono la testa a guardarsi indietro, né si meravigliarono della strana luce che li stava guidando verso le caverne… e verso un avvenire ancora ignoto, anche alle stelle.

3. ACCADEMIA

GuardalaLuna e i suoi compagni non ricordarono affatto quanto avevano veduto, dopo che il cristallo ebbe cessato di esercitare l’incantesimo ipnotico sulle loro menti e di effettuare esperimenti con i loro corpi. Il giorno dopo, uscendo in cerca di cibo, gli passarono accanto senza quasi ripensarvi; faceva ormai parte dello sfondo inosservato della loro esistenza. Non potevano cibarsene, né esso poteva divorare loro; per conseguenza non rivestiva alcuna importanza.

Giù al fiume, gli Altri fecero le consuete, inefficaci minacce. Il loro capo, un uomoscimmia con un solo orecchio, della stessa statura e della stessa età di GuardalaLuna, ma in condizioni peggiori di lui, osò persino una breve incursione verso il territorio della tribù, strillando forte e agitando le braccia nel tentativo di spaventare il nemico e di chiamare a raccolta il proprio coraggio. L’acqua del torrente non era in alcun punto più profonda di trenta centimetri, ma quanto più avanti si portava UnOrecchio, tanto più diveniva incerto e inquieto. Ben presto rallentò fino a fermarsi, e infine tornò indietro, con dignità, per riunirsi ai suoi compagni.

Per il resto, non vi fu alcun mutamento nella normale routine. La tribù raccolse quel tanto di cibo che le bastava per sopravvivere un altro giorno e nessuno perì.

E quella sera il monolito di cristallo era ancora in attesa, circondato dalla sua aureola pulsante di luce e di suono. Il programma che aveva escogitato, però, fu ora diverso in modo sottile.

Alcuni degli uominiscimmia ignorarono del tutto il cristallo, quasi che esso stesse concentrandosi sui soggetti più promettenti. Uno di costoro era GuardalaLuna; una volta di più egli sentì viticci indagatori insinuarsi nei meandri inutilizzati del suo cervello. E, di lì a poco, incominciò ad avere visioni.

Sarebbero potute essere nell’interno del blocco di cristallo; oppure esclusivamente nella sua mente. In ogni modo, per GuardalaLuna furono del tutto reali. Eppure, in qualche modo, il consueto, automatico impulso di scacciare gli invasori del suo territorio era stato placato e ridotto all’acquiescenza.

Egli stava contemplando un pacifico gruppo familiare, che differiva per un solo aspetto dalle scene a lui note. Il maschio, la femmina e i due piccoli apparsi misteriosamente dinanzi a lui erano ingozzati e satolli, con la pelle liscia e lustra… ed era questa una condizione di vita che GuardalaLuna non aveva mai immaginato. Inconsciamente, egli tastò le proprie costole sporgenti; le costole di quelle creature erano celate da pieghe di grasso. Di quando in quando si muovevano pigramente, mentre riposavano tranquillamente accanto all’imboccatura di una caverna, apparentemente in pace con il mondo. Ogni tanto, il grosso maschio emetteva un rutto monumentale di soddisfacimento.

Non vi fu alcun’altra attività, e, dopo cinque minuti, la scena improvvisamente svanì. Il cristallo non era più che un baluginante profilo nelle tenebre.

GuardalaLuna si riscosse, come destandosi da un sogno, capì bruscamente dove si trovava, e ricondusse la tribù alle caverne.

Non serbò alcun ricordo conscio di ciò che aveva veduto; ma quella notte, mentre sedeva rimuginando all’imboccatura del rifugio, le orecchie sintonizzate sui rumori del mondo circostante, sentì i primi lievi fremiti d’una nuova e potente emozione. Era una sensazione vaga e diffusa di invidia… di insoddisfazione per la propria vita. Non aveva la benché minima idea di ciò che la causava, e tanto meno del modo di guarirla; ma lo scontento era entrato nell’anima sua, ed egli aveva mosso un piccolo passo verso l’umanità.

Una sera dopo l’altra, lo spettacolo di quei quattro uominiscimmia ben pasciuti si ripeté, fino a divenire una causa di affascinata esasperazione, che contribuiva ad accrescere l’eterna, tormentosa fame di GuardalaLuna. Quanto vedevano i suoi occhi non sarebbe bastato a causare questo effetto; occorreva un appoggio psicologico. Vi furono vuoti, a questo punto, nella vita di GuardalaLuna che egli non avrebbe mai ricordato, in cui gli atomi stessi del suo semplice cervello venivano costretti a nuove aggregazioni.

Se egli fosse sopravvissuto, queste aggregazioni sarebbero diventate eterne, poiché i suoi geni le avrebbero trasmesse alle generazioni future.

Fu un processo lento e tedioso, ma il monolito di cristallo era paziente. Né esso, né i monoliti identici dispersi in una metà del globo, si aspettavano di riuscire con tutte le decine di gruppi interessati all’esperimento. Cento insuccessi non avrebbero avuto importanza, se un solo successo poteva mutare il destino del mondo.

Quando giunse la fase della successiva luna nuova, la tribù aveva assistito a una nascita e a due morti. Una di queste ultime era stata causata dalla fame; l’altra si era determinata durante il rito serale, quando un uomoscimmia era stramazzato, improvvisamente, tentando di battere due frammenti di pietra, delicatamente, l’uno contro l’altro. Subito il cristallo aveva perduto la propria luminosità, e la tribù era stata liberata dall’incantesimo. Ma l’uomoscimmia caduto non si era più mosso; e la mattina dopo, naturalmente, il cadavere era scomparso.

La sera seguente non accadde nulla; il cristallo stava ancora analizzando il proprio errore. La tribù gli sfilò accanto, nel crepuscolo che dilagava, ignorandone completamente la presenza. Ma, la sera dopo, il monolito era di nuovo pronto per loro.

I quattro uominiscimmia ben pasciuti tornarono, e questa volta fecero cose straordinarie. GuardalaLuna incominciò a tremare in modo incontrollabile: gli parve che il cervello stesse per scoppiargli e volle distogliere lo sguardo. Ma lo spietato dominio mentale non allentava la presa; fu costretto a seguire la lezione fino all’ultimo, anche se tutti i suoi istinti si ribellavano contro di essa.

Quegli istinti avevano ben servito i suoi progenitori, nei tempi delle tiepide piogge e di una lussureggiante fertilità, quando il cibo aspettava ovunque di essere raccolto. Ora i tempi erano cambiati, e la saggezza ereditata dal passato era diventata pura follia.

Gli uominiscimmia dovevano adattarsi a morire come i più grossi animali scomparsi prima di loro e le cui ossa giacevano ormai racchiuse nelle colline di arenaria.

Così GuardalaLuna fissava senza batter ciglio il monolito di cristallo, mentre il suo cervello restava aperto alle ancora incerte manipolazioni della nuova pietra. Spesso era assalito dalla nausea, ma sempre si sentiva affamato; e di tanto in tanto le mani di lui si stringevano inconsciamente nei gesti che avrebbero determinato il suo nuovo sistema di vita.

* * *

Mentre la fila di facoceri attraversava, annusando e grugnendo, la pista, GuardalaLuna si fermò di colpo. Facoceri e uominiscimmia si erano sempre ignorati a vicenda, in quanto non esisteva alcun contrasto di interessi tra loro. Come quasi tutti gli animali che non gareggiavano per lo stesso cibo, essi si limitavano a tenersi lontani gli uni dagli altri.