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Le migliaia di chilometri si ridussero a centinaia, e nel frattempo gli indicatori del propellente discesero rapidamente verso lo zero. Al quadro di comando, gli occhi di Bowman scattavano ansiosi dall’uno all’altro strumento, e osservavano le carte improvvisate che egli doveva ora consultare prima di ogni tempestiva decisione. Sarebbe stata una delusione spaventosa se, dopo essere sopravvissuto a tanti pericoli, non fosse riuscito ad arrivare al rendezvous per mancanza di pochi chilogrammi di propellente…

Il sibilo dei getti si spense e la spinta principale cessò, mentre soltanto i getti direzionali continuavano a spingere dolcemente la Discovery in orbita. Giapeto era ormai una falce gigantesca che colmava il cielo; fino a quel momento, Bowman l’aveva giudicato un minuscolo e insignificante oggetto celeste, come effettivamente era in confronto al mondo intorno al quale ruotava. Adesso, mentre campeggiava minacciosamente sopra di lui, sembrava enorme… un maglio cosmico pronto a schiacciare la Discovery come un guscio di noce.

Giapeto si stava avvicinando così adagio che quasi non sembrava muoversi, e fu impossibile stabilire il momento esatto in cui si determinò il mutamento sottile da un corpo celeste a un paesaggio, situato a ottanta chilometri appena sotto di lui. I fedeli getti direzionali emisero le ultime spinte, poi cessarono per sempre di funzionare. L’astronave si trovava nella sua orbita finale e completava una rivoluzione ogni tre ore, alla velocità di appena milleduecentottanta chilometri all’ora… non occorreva di più in quel debole campo gravitazionale.

La Discovery era divenuta il satellite di un satellite.

36. FRATELLO MAGGIORE

«Sto girando di nuovo intorno al lato illuminato dalla luce del giorno, e tutto è come ho riferito durante l’ultima orbita. In questo luogo sembrano esservi due soli tipi di materiale di superficie. Il materiale nero appare bruciato, quasi come carbone, e ha lo stesso genere di struttura, a quanto posso vedere attraverso il telescopio. In effetti, mi ricorda moltissimo il pane abbrustolito…

«Ancora non riesco ad avere un’idea chiara della zona bianca. Incomincia con un margine assolutamente netto, e non rivela alcun particolare superficiale. Potrebbe anche trattarsi di un liquido… è abbastanza piatta. Non so quale impressione abbiate potuto ricavare dalle immagini video che vi ho trasmesso, ma, se vi raffigurate un mare di latte congelato, ve ne farete un’idea precisa.

«Potrebbe anche essere qualche gas pesante… no, penso che questo sia impossibile. A volte ho l’impressione che si stia muovendo, molto adagio; ma non posso averne la certezza…

«… Mi trovo di nuovo sulla zona bianca, durante la terza orbita. Questa volta spero di passare più vicino al segno che avevo individuato proprio nel centro, mentre mi stavo avvicinando. Se i miei calcoli sono esatti, dovrei passare a ottanta chilometri di distanza da esso… di qualunque cosa si tratti.

«… Sì, c’è qualcosa davanti a me, precisamente dove avevo calcolato. Sta salendo all’orizzonte, proprio come Saturno, nello stesso settore di cielo… Passerò adesso al telescopio.

«Pronto! Sembra una sorta di edificio… completamente nero… difficile a vedersi. Non vi sono finestre, né altri particolari visibili. È soltanto un enorme lastrone verticale… deve avere un’altezza di almeno milleseicento metri, per essere visibile da questa distanza. Mi ricorda… ma sì, certo! È identico all’oggetto che voi trovaste sulla Luna! È il fratello maggiore del TMA-1!»

37. ESPERIMENTO

Chiamiamolo la Porta delle Stelle.

Per tre milioni di anni aveva ruotato intorno a Saturno, aspettando un momento del destino che avrebbe potuto non presentarsi mai. Per costruirlo, una luna era stata frantumata, e i residui della costruzione si trovavano ancora in orbita.

Adesso la lunga attesa stava terminando. In un altro mondo ancora l’intelligenza era nata e fuggiva dalla propria culla planetaria. Un antico esperimento era sul punto di arrivare al momento culminante.

Coloro che lo avevano iniziato, tanto tempo prima, non erano stati uomini, e nemmeno remotamente umani. Ma si era trattato di esseri fatti di carne e di sangue, e contemplando le profondità dello spazio avevano provato timore reverenziale, e meraviglia e solitudine. Non appena in grado di farlo, erano partiti verso le stelle.

Nel corso delle loro esplorazioni avevano incontrato la vita sotto molte forme, e osservato il corso dell’evoluzione su un migliaio di mondi. Era stato loro possibile constatare quanto spesso i primi fiochi barlumi di intelligenza baluginassero e si spegnessero nella notte cosmica.

E siccome, nella galassia, non avevano trovato nulla di più prezioso della Mente, ne avevano incoraggiato ovunque gli albori. Erano divenuti gli agricoltori dei campi delle stelle; seminavano, e a volte mietevano.

E talora, imparzialmente, dovevano estirpare.

I grandi dinosauri si erano estinti da tempo quando l’astronave esplorante aveva raggiunto il sistema solare dopo un viaggio protrattosi per almeno mille anni.

Era passata accanto ai gelidi pianeti esterni, soffermandosi brevemente sopra i deserti di Marte morente, e infine aveva esaminato la Terra.

Disteso sotto di loro, gli esploratori avevano veduto un mondo brulicante di vita. Per anni e anni si erano impegnati a studiare, a collezionare, a catalogare.

Una volta appreso tutto quello che potevano, avevano cominciato a modificare, influenzando i destini di molte specie, sulla terra e negli oceani. Ma non avrebbero potuto sapere per almeno un milione di anni quale dei loro esperimenti sarebbe riuscito.

Erano pazienti, ma non erano ancora immortali. Esistevano innumerevoli cose da fare in quell’universo di cento miliardi di soli, e altri mondi li chiamavano. Perciò si erano lanciati di nuovo nell’abisso, sapendo che non sarebbero mai più tornati da quella parte.

Né del resto era necessario. I servi che avevano lasciato indietro avrebbero fatto il resto.

Sulla Terra, i ghiacciai avanzavano e indietreggiavano, mentre in alto la Luna immutabile continuava a conservare il proprio segreto. Con un ritmo ancor più lento di quello dei ghiacci polari, le maree della civiltà si alzavano e si abbassavano nella galassia. Strani e splendidi e terribili imperi si affermavano e tramontavano, tramandando quanto avevano accumulato in fatto di conoscenze ai loro successori. La Terra non era stata dimenticata, ma una nuova visita sarebbe servita a ben poco. Era uno tra milioni di mondi silenziosi, pochi dei quali avrebbero mai parlato.

E ora, tra le stelle, l’evoluzione stava conducendo verso nuove mete. I primi esploratori della Terra erano arrivati da tempo ai limiti della carne e del sangue; non appena le macchine da essi costruite avevano superato le prestazioni dei loro organismi, era giunto il momento di traslocare. Avevano trasferito dapprima i loro cervelli, e poi soltanto i loro pensieri, in nuove splendenti dimore fatte di metallo e di plastica.

In esse, vagabondavano tra le stelle. Non costruivano più navi spaziali. Erano essi stessi navi spaziali.

Ma anche l’èra delle entitàmacchine aveva avuto una durata assai breve. Con esperimenti incessanti, essi erano riusciti ad accumulare la conoscenza nella struttura stessa dello spazio e a conservare i loro pensieri per l’eternità in rappresi tralicci di luce. Erano riusciti a divenire creature di radiazione, esenti finalmente dalla tirannìa della materia.