Выбрать главу

Ma queste cose appartenevano ormai al passato ed egli stava volando verso il futuro. Mentre si inclinavano in virata, il dottor Floyd poté vedere sotto di sé un labirinto di edifici, quindi una grande pista di atterraggio, poi una larga, rettilinea cicatrice, sul piatto paesaggio della Florida… le rotaie multiple di una gigantesca rampa di lancio. All’estremità di quest’ultima, circondato da veicoli e da incastellature, si trovava un aereo spaziale scintillante in una pozza di luce, mentre fervevano i preparativi per il suo balzo tra le stelle. Per un improvviso venir meno del senso della prospettiva, causato dalle rapide variazioni di velocità e di quota, parve a Floyd di guardare una piccola falena argentea, illuminata dal fascio di luce d’una lampadina tascabile.

Poi le minuscole sagome che si affrettavano qua e là al suolo gli fecero capire quali fossero le dimensioni reali della nave spaziale. Da un’estremità all’altra della stretta V delle ali doveva essere larga sessanta metri. E quell’enorme veicolo, si disse Floyd con una certa incredulità, ma anche con orgoglio, sta aspettando me. A quanto gli risultava, era la prima volta che si organizzava un’intera missione per portare un solo uomo sulla Luna.

Sebbene fossero le due del mattino, un gruppo di giornalisti e di operatori cinematografici lo fermò mentre si dirigeva verso la nave spaziale Orione III illuminata dai riflettori. Ne conosceva di vista parecchi perché, come presidente del Consiglio nazionale dell’astronautica, la conferenza stampa faceva parte del suo sistema di vita. Non erano quelli né il momento né il luogo per una conferenza stampa, né egli aveva qualcosa da dire; ma era importante non offendere i signori dei moderni mezzi di comunicazione.

«Il dottor Floyd? Sono Jim Forster dell’Associated News. Potrebbe dirci qualche parola su questo suo volo?»

«Sono spiacentissimo… non posso dir nulla.»

«Ma si è incontrato con il Presidente nelle prime ore di ieri sera?» domandò una voce familiare.

«Oh… salve, Mike. Ho paura che l’abbiano tirata giù dal letto per niente. Decisamente “no comment”.»

«Può almeno confermare o negare che un’epidemia di qualche genere è scoppiata sulla Luna?» domandò un telecronista, riuscendo a farsi avanti e a inquadrare Floyd nella telecamera in miniatura.

«Mi dispiace», disse Floyd, scuotendo la testa.

«E la quarantena?» domandò un altro giornalista. «Per quanto tempo sarà mantenuta?»

«Continuo a non aver niente da dire.»

«Dottor Floyd», domandò una giornalista molto piccola di statura e molto decisa, «quale giustificazione può esservi per questo veto totale sulle notizie dalla Luna? Ha forse qualcosa a che vedere con la situazione politica?»

«Quale situazione politica?» domandò Floyd, asciutto. Si udì qualche risatina e qualcuno gridò: «Buon viaggio, dottore!» mentre egli si dirigeva verso il santuario della torre di salita.

Sin da quando riusciva a ricordare, non si era trattato tanto di una «situazione» quanto di una crisi permanente. A partire dagli anni Settanta, il mondo era stato dominato da due problemi che, ironicamente, tendevano ad annullarsi a vicenda.

Sebbene il controllo delle nascite fosse economico, sicuro e approvato da tutte le religioni più importanti, esso era stato attuato troppo tardi; la popolazione mondiale ammontava ormai a sei miliardi di individui… un terzo dei quali nell’impero cinese. In alcuni Stati autoritari erano state addirittura approvate leggi che imponevano alle famiglie due soli figli, ma la loro applicazione aveva dimostrato di essere impossibile. Per conseguenza, i viveri scarseggiavano in ogni paese; persino negli Stati Uniti v’erano giorni in cui non si poteva acquistare carne, e si prevedeva una diffusa carestia entro quindici anni, nonostante gli eroici tentativi di coltivare il mare e di produrre alimenti sintetici.

Sebbene la necessità della collaborazione internazionale fosse più urgente che mai, rimanevano tante frontiere quante in ogni epoca precedente. In un milione di anni, il genere umano aveva perduto ben pochi dei suoi istinti aggressivi; lungo confini simbolici visibili soltanto agli uomini politici, le trentotto potenze nucleari si sorvegliavano a vicenda con ansia bellicosa. Tra tutte, possedevano un megatonnellaggio sufficiente a eliminare l’intera crosta superficiale del pianeta. E anche se, miracolosamente, nessuno aveva impiegato armi atomiche, una simile situazione difficilmente si sarebbe potuta protrarre in eterno.

E ora, per loro motivi imperscrutabili i cinesi stavano offrendo alle più piccole nazioni una completa capacità nucleare di cinquanta testate belliche e di altrettanti missili. Il costo era inferiore ai duecento milioni di dollari, e potevano essere concesse facilitazioni di pagamento.

Forse cercavano soltanto di puntellare la loro barcollante economia, tramutando in liquidità sistemi di armamenti superati, come avevano supposto taluni osservatori; o forse avevano scoperto sistemi di guerra così progrediti da non avere più alcuna necessità di simili giocattoli; si era parlato di radioipnosi mediante trasmittenti su satelliti, di virus potenziati, e di ricatto per mezzo di malattie sintetiche, delle quali essi soli possedevano l’antidoto. Queste idee incantevoli erano quasi certamente propaganda o pura fantasia, ma non sembrava prudente non tenerne affatto conto.

Ogni volta che Floyd si allontanava dalla Terra, si domandava se l’avrebbe trovata ancora al momento del ritorno.

La linda hostess lo salutò mentre entrava nella cabina. «Buongiorno, dottor Floyd. Sono Miss Simmons… vorrei darle il benvenuto a bordo a nome del comandante Tynes e del nostro copilota, il primo ufficiale Ballard.»

«Grazie», disse Floyd con un sorriso, domandandosi perché le hostess dovessero sempre esprimersi come robot dei giri turistici in comitiva.

«Il decollo avrà luogo tra cinque minuti», ella continuò, mostrando con un gesto la cabina deserta per venti passeggeri. «Può occupare qualsiasi posto preferisce, ma il capitano Tynes le raccomanda il primo posto a sinistra dalla parte del finestrino, se vuole osservare le operazioni di attracco.»

«Farò così», egli disse, andando verso il posto indicategli. La hostess si affaccendò intorno a lui ancora qualche momento, poi si diresse verso il suo cubicolo in fondo alla cabina.

Floyd sedette, regolò le cinture di sicurezza intorno alla vita e alle spalle, e assicurò la borsa di cuoio sul sedile adiacente. Un attimo dopo l’altoparlante entrò in azione con un sommesso suono schioccante. «Buongiorno», disse la voce della signorina Simmons. «Questo è il volo speciale 3, dal cosmodromo Kennedy alla base spaziale Uno.»

Era decisa, sembrava, a rispettare l’intera procedura per il suo unico passeggero, e Floyd non seppe resistere alla tentazione di un sorriso, mentre ella continuava inesorabilmente.

«Il volo avrà una durata di cinquantacinque minuti. La massima accelerazione sarà di due g, e rimarremo in assenza di peso per trenta minuti. La prego di non lasciare il suo posto fino a quando non sarà accesa la spia di sicurezza.»

Floyd voltò la testa e gridò: «Grazie».

Intravide un sorriso un po’’ imbarazzato, ma incantevole.

Si appoggiò alla spalliera del sedile e si rilassò. Quel viaggio, calcolò, sarebbe costato ai contribuenti un po’’ più di un milione di dollari. Se fosse risultato ingiustificato, egli avrebbe perduto il posto; ma gli sarebbe sempre stato possibile tornare all’università e agli studi interrotti sulla formazione dei pianeti.

«Via al sistema automatico di conteggio alla rovescia», disse la voce di Tynes dall’altoparlante, con la cullante cantilena tipica delle conversazioni per radio. «Decollo tra un minuto.»