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«In ogni modo, devono essere su un’orbita sicura» osservò Tanya. «Potranno sempre correggerla in seguito.»

«Forse. Ma questo costerebbe loro giorni, anche se disponessero del propellente necessario. Cosa di cui dubito.»

«Sicché possiamo ancora batterli.»

«Meglio non essere così ottimisti. Distiamo ancora tre settimane da Giove. Possono completare una dozzina di orbite, prima che arriviamo là, e scegliere quella più favorevole per l’appuntamento.»

«Una volta di più… supponendo che dispongano di propellente a sufficienza.»

«Naturale. Ma a questo riguardo dobbiamo limitarci a supposizioni ragionate.»

Tutta questa conversazione si svolse in un russo talmente rapido ed eccitato, che Floyd riuscì a capire ben poco. Quando Tanya ebbe compassione di lui e gli spiegò che la Tsien stava seguendo un’orbita sbagliata ed era diretta verso i satelliti esterni, la sua prima reazione fu: «Allora possono trovarsi in gravi difficoltà. Che cosa farete se chiederanno aiuto?»

«Vuole scherzare. Può forse supporre che facciano una cosa simile? Sono di gran lunga troppo orgogliosi. E, in ogni caso, sarebbe impossibile. Non possiamo modificare il piano della nostra missione, e lei lo sa benissimo. Anche se disponessimo del propellente necessario…»

«Ha ragione, certo; ma potrebbe essere difficile spiegare la cosa al novantanove per cento del genere umano, che non sa nulla di meccanica orbitale. Dovremmo cominciare a riflettere su alcune delle complicazioni politiche… se non fossimo in grado di aiutarli le cose si metterebbero male per noi tutti. Vasili, vuole darmi i dati relativi alla loro orbita definitiva, non appena li avrà elaborati? Scenderò nella mia cabina a fare qualche calcolo.»

La cabina di Floyd o meglio un terzo di cabina continuava ad essere occupata in parte dalle provviste, molte delle quali ammonticchiate sulle cuccette con tendine ove avrebbero riposato Chandra e Curnow una volta emersi dal loro lungo sonno. Egli era riuscito a fare sgombrare un angusto spazio per i suoi effetti personali, e inoltre gli avevano promesso il lusso di altri due interi metri cubi, non appena qualcuno fosse stato libero per dargli una mano nei necessari spostamenti.

Floyd fece scattare la serratura della piccola consolle per le comunicazioni, premette i tasti della decifrazione e chiese i dati relativi alla Tsien che gli erano stati trasmessi da Washington. Si domandò se i suoi anfitrioni fossero riusciti a decifrarli. Il codice era basato sul prodotto di numeri primi con duecento cifre e la National Security Agency aveva posto in gioco la propria reputazione garantendo che anche il più veloce dei computer esistenti non sarebbe riuscito a trovarne la chiave prima del Grande Bang alla fine dell’universo. Si trattava di un’asserzione che non sarebbe mai potuta essere provata… ma, forse, soltanto smentita.

Una volta di più egli esaminò attentamente le eccellenti fotografie dell’astronave cinese, scattate quando essa aveva rivelato la sua vera natura ed era sul punto di abbandonare l’orbita terrestre. V’erano anche fotografie scattate successivamente non altrettanto nitide perché l’astronave si trovava ormai lontana dalle apparecchiaturespia dello stadio finale mentre la Tsien si scaraventava verso Giove. Furono queste ultime a interessarlo soprattutto; e ancor più utili potevano essere i disegni in sezione dell’astronave e le valutazioni relative al rendimento.

Anche attenendosi alle supposizioni più ottimistiche, riusciva difficile capire che cosa sperassero di fare i cinesi. Dovevano aver consumato almeno il novanta per cento del loro propellente per quella corsa pazzesca attraverso il sistema solare. A meno che non si trattasse di una missione letteralmente suicida — la qual cosa non poteva essere esclusa — soltanto un piano comprendente l’ibernazione e un successivo soccorso poteva avere senso. E il servizio segreto non riteneva che la tecnologia cinese relativa all’ibernazione fosse così progredita da rendere possibile tale scelta. Ma il servizio segreto sbagliava spesso, e ancor più spesso rimaneva confuso dalla valanga di nudi fatti che doveva valutare — il «rumore di fondo» nei circuiti delle informazioni. Aveva svolto un lavoro straordinario per quanto concerneva la Tsien — tenuto conto della brevità del tempo a disposizione — ma Floyd si augurò che il materiale trasmessogli fosse stato filtrato più accuratamente. Alcuni di quei dati erano ovviamente da scartare e non avevano alcun possibile rapporto con la missione.

Ciò nonostante, quando non si sapeva che cosa si stesse cercando, era importante evitare ogni pregiudizio e ogni preconcetto; informazioni che a tutta prima potevano sembrare non pertinenti, o addirittura assurde, potevano risultare indizi vitali.

Con un sospiro, Floyd ricominciò a esaminare le cinquecento «pagine» di dati, mantenendo la propria mente il più possibile ricettiva, mentre diagrammi, cartine, fotografie — alcune talmente confuse da non rappresentare quasi nulla — notizie, elenchi di delegati a conferenze scientifiche, titoli di pubblicazioni tecniche e persino documenti di carattere commerciale, scorrevano rapidamente sullo schermo ad alta risoluzione. Un efficientissimo sistema spionistico industriale si era ovviamente impegnato a fondo; chi mai avrebbe potuto immaginare che un così gran numero di moduli di olomemoria giapponesi o di microcontrollori svizzeri a flusso di gas o di rivelatori di radiazione tedeschi, potessero essere stati depositati sul fondo del lago asciutto di Lop Nor — la loro prima pietra miliare lungo la traiettoria verso Giove?

Parte di quel materiale doveva essere stato incluso negli elenchi per sbaglio; non poteva avere alcun concepibile rapporto con la missione. Se i cinesi avevano ordinato segretamente mille sensori agli infrarossi per il tramite di una fittizia società anonima con sede a Singapore, la cosa poteva riguardare soltanto i militari; sembrava estremamente improbabile che la Tsien prevedesse di divenire il bersaglio di missili sensibili al calore. E quest’altra «voce» era davvero buffa: equipaggiamento specializzato per rilevazioni e prospezioni, proveniente dalla Geofisica dei Ghiacciai, Inc., di Anchorage, nell’Alaska. Quale cervello rammollito poteva aver immaginato che a una spedizione nello spazio profondo occorressero…?

A un tratto il sorriso si raggelò sulle labbra di Floyd; egli sentì la pelle accapponargli sulla nuca. Dio mio… non avrebbero osato! Ma avevano già osato moltissimo; e ora, finalmente, tutto divenne chiaro.

Egli riportò sullo schermo le fotografie e i piani ipotetici dell’astronave cinese. Sì, era, sia pur soltanto appena, concepibile… quelle scanalature sulla parte posteriore, lungo gli elettrodi di deflessione della spinta, potevano essere all’incirca delle dimensioni giuste…

Floyd chiamò il ponte di volo. «Vasili» domandò «non ha ancora elaborato i dati relativi alla loro orbita?»

«Sì, li ho elaborati» rispose l’ufficiale di rotta, con un tono di voce stranamente sommesso. Floyd capì immediatamente che qualcosa era emerso. Tirò a indovinare.

«Si stanno dirigendo verso Europa, non è così?»

Vi fu un’esclamazione esplosiva di incredulità all’altro capo del filo.

«Come lo sapeva?»

«Non lo sapevo… L’ho semplicemente supposto.»

«Non può esservi alcun errore… Ho controllato i dati in sei punti diversi dell’orbita. La manovra di frenaggio ha funzionato esattamente come loro volevano. Si trovano sull’esatta traiettoria verso Europa… non può essere accaduto per caso. Saranno là tra diciassette ore.»

«E poi entreranno in orbita.»

«Forse. Non occorrerebbe molto propellente. Ma quale sarebbe lo scopo?»

«Oserò fare un’altra supposizione. Secondo me, procederanno a una rapida esplorazione… e poi atterreranno.»

«Lei è pazzo… o sa qualcosa che noi ignoriamo?»

«No… si tratta soltanto di una semplice deduzione. Vi prenderete a calci per esservi lasciati sfuggire ciò che è ovvio.»