«Qui Heywood Floyd, che vi saluta, anche a nome dei suoi colleghi a bordo della Alexei Leonov.»
«E questo è il ponte di volo. Bella radiocronaca, Heywood. Lei avrebbe dovuto fare il presentatore.»
«Ho fatto molta pratica. Una buona metà del mio tempo l’ho dedicata alle R. P.»
«Le R. P.?»
«Le relazioni pubbliche… di solito per dire agli uomini politici perché avrebbero dovuto assegnarmi altri fondi. Un problema a causa del quale lei non deve preoccuparsi.»
«Come vorrei che fosse vero. In ogni modo, salga sul ponte di volo. Vi sono alcune nuove informazioni a proposito delle quali vorremmo parlare con lei.»
Floyd tolse il microfono dall’occhiello, bloccò il telescopio sul giusto puntamento e si scostò dal minuscolo oculare. Allontanandosi da lì, per poco non urtò contro Nikolai Ternovsky, che ovviamente aveva la sua stessa mèta.
«Ruberò alcune delle sue frasi più efficaci per Radio Mosca. Spero che non le dispiaccia.»
«Faccia pure. E d’altronde, come potrei impedirglielo?»
Sul ponte di volo, la comandante Orlova contemplava pensierosa un fitto insieme di parole e di cifre sullo schermo principale dei computer. Floyd aveva cominciato faticosamente a tradurle, quando ella lo interruppe.
«Non stia a preoccuparsi per i particolari. Sono valutazioni del tempo che occorrerà alla Tsien per riempire i serbatoi e prepararsi al decollo.»
«I miei collaboratori stanno eseguendo gli stessi calcoli… ma vi sono di gran lunga troppe variabili.»
«Noi riteniamo di averne eliminata una. Lo sapeva che le migliori pompe idriche in commercio sono quelle destinate ai pompieri? E si stupirebbe venendo a sapere che alla Caserma centrale dei Pompieri di Beijing sono stati improvvisamente requisiti, pochi mesi fa, quattro dei modelli più recenti, nonostante le proteste del sindaco?»
«No, non me ne stupisco… sono soltanto colmo di ammirazione. Continui, la prego.»
«Potrebbe essere una coincidenza, ma quelle pompe sarebbero per l’appunto delle dimensioni adatte. Basandosi su supposizioni attendibili concernenti la collocazione delle manichette, la perforazione del ghiaccio e così via… be’, riteniamo che potrebbero ripartire tra cinque giorni.»
«Cinque giorni!»
«Se saranno fortunati e se tutto si svolgerà senza intoppi. E inoltre se non aspetteranno di colmare il serbatoio dei propellenti, ma si limiteranno a caricare acqua sufficiente per arrivare senza difficoltà alla Discovery prima di noi. Anche se ci precedessero soltanto di un’ora, sarebbe sufficiente. Potrebbero, come minimo, rivendicare il loro diritto al ricupero.»
«No, secondo i legali del Dipartimento di Stato. Al momento opportuno dichiareremo che la Discovery non è un relitto, ma che si trova semplicemente parcheggiata in attesa del nostro arrivo. Ogni tentativo di impadronirsi dell’astronave sarebbe un atto di pirateria.»
«Immagino quanto questo impressionerà i cinesi.»
«Se procedessero ugualmente, che cosa potremmo fare al riguardo?»
«Noi siamo superiori di numero… due contro uno, addirittura, quando avremo destato Chandra e Curnow dall’ibernazione.»
«Dice sul serio? Dove sono i coltellacci per il gruppo di abbordaggio?»
«I coltellacci?»
«Le sciabole… le armi.»
«Oh. Potremmo servirci dei telespettrometri a laser. Sono in grado di vaporizzare piccoli asteroidi dalla distanza di un migliaio di chilometri.»
«Non so bene se questa conversazione mi piaccia. Il mio governo senza dubbio non consentirebbe la violenza, tranne, naturalmente, che per autodifesa.»
«Oh, voi ingenui americani! Noi siamo più realistici; dobbiamo esserlo. Tutti i suoi nonni sono morti di vecchiaia, Heywood. Tre dei miei, invece, sono rimasti uccisi durante la Grande Guerra Patriottica.»
Quando si trovavano soli insieme, Tanya lo chiamava sempre Woody e mai Heywood. Ora doveva parlare sul serio. O forse si stava limitando a mettere alla prova le sue reazioni?
«In ogni modo, la Discovery vale appena pochi miliardi di dollari di materiale. L’astronave di per sé non è importante… sono importanti soltanto le informazioni che contiene.»
«Precisamente. Informazioni che potrebbero essere registrate e poi cancellate.»
«Le vengono in mente certe allegre idee, Tanya. A volte penso che tutti i russi siano un pochino paranoici.»
«Grazie a Napoleone e a Hitler ci siamo meritati tutto il diritto di esserlo. Ma non venga a dirmi che non aveva già elaborato questo… com’è che dite voi?… questo scenario per suo conto.»
«Non era necessario» rispose Floyd, alquanto imbronciato. «Lo aveva già fatto per me il Dipartimento di Stato… con qualche variante. Dovremo soltanto stare a vedere quale sarà lo scenario dei cinesi. E non mi stupirei minimamente se ci prevenissero, una volta di più.»
10. UN GRIDO DA EUROPA
Dormire con gravità zero è un’arte che deve essere imparata; a Floyd era occorsa quasi una settimana per trovare il modo migliore di ancorare braccia e gambe in modo che non finissero per conto loro in posizioni scomode. Ormai era un esperto e non aspettava più con ansia il ritorno alla gravità; anzi, il solo pensarvi gli causava di quando in quando incubi.
Qualcuno lo stava scrollando per destarlo. No… forse sognava ancora! L’intimità era sacra, a bordo delle astronavi; nessuno entrava mai nella cabina di un altro membro dell’equipaggio senza aver prima bussato. Strizzò le palpebre, ma gli scrollamenti continuarono.
«Dottor Floyd… si svegli, la prego! La vogliono sul ponte di volo!»
E nessuno lo chiamava mai dottor Floyd; la formula più ufficiale con la quale si fossero rivolti a lui per settimane era semplicemente «Doc». Che cosa stava accadendo?
Aprì gli occhi con riluttanza. Si trovava nella sua minuscola cabina, dolcemente trattenuto dal bozzolo in cui dormiva. Così, almeno, gli diceva una parte della sua mente; ma allora perché stava vedendo… Europa? Distavano ancora milioni di chilometri da quella luna di Giove.
Ecco il familiare aspetto a reticolo, i triangoli e i poligoni formati della linee che si intersecavano. E, senza dubbio, quello era il Grande Canale… no, si sbagliava. Come poteva esserlo dato che lui si trovava ancora nella sua piccola cabina a bordo della Leonov?
«Dottor Floyd!»
Si destò completamente e si rese conto che la mano sinistra gli stava galleggiando a pochi centimetri appena di distanza davanti agli occhi. Come era strano che la disposizione delle linee sul palmo fosse così simile alla mappa di Europa! Ma d’altro canto, l’economica Madre Natura si ripeteva sempre, su scale enormemente diverse, come i minuscoli gorghi formati dal latte versato entro il caffè, la disposizione circolare delle nubi in un ciclone, le braccia a spirale di una nebulosa.
«Mi scusi, Max» disse. «Che cosa c’è? È accaduto qualcosa di grave?»
«Così riteniamo. Ma non a noi… è la Tsien a trovarsi in difficoltà.»
La comandante, l’ufficiale di rotta, il primo ingegnere erano trattenuti dalle cinture di sicurezza sulle loro poltroncine del ponte di volo; gli altri dell’equipaggio orbitavano ansiosamente afferrandosi ai maniglioni, oppure fissavano i monitor.
«Spiacente di averla fatta destare, Heywood» si scusò in tono brusco Tanya. «Ecco qual è la situazione. Dieci minuti fa abbiamo ricevuto un dispaccio con precedenza assoluta dal Controllo Missione. La Tsien ha smesso di trasmettere. È accaduto del tutto all’improvviso, mentre trasmetteva un messaggio cifrato; vi sono stati istanti di trasmissione ingarbugliata… poi più nulla.»