Si trattava di un’edizione speciale del telegiornale, giustificata dagli avvenimenti misteriosi delle dodici ore precedenti, incominciando dall’avvertimento che la Leonov aveva trasmesso dalle lune di Giove. Un qualcosa era diretto verso la Terra; un qualcosa aveva innescato — senza conseguenza — una bomba nucleare in orbita la cui proprietà non era stata rivendicata da alcuna potenza. Tutto lì, ma era più che abbastanza.
I commentatori del telegiornale avevano riesumato tutti i vecchi videonastri, risalendo a quelli, un tempo segretissimi, che mostravano la scoperta del TMA-1 sulla Luna. Almeno per la quindicesima volta ella riudì quel magico stridìo radio mentre il monolito salutava l’alba lunare e lanciava il suo messaggio verso Giove. E, una volta di più, assistette alle scene familiari e ascoltò le vecchie interviste a bordo della Discovery.
Perché stava guardando quel programma? Gli stessi videonastri si trovavano in qualche posto negli archivi di casa (sebbene lei non li visionasse mai quando v’era in giro José.) Forse stava aspettando qualche nuova notizia; non le piaceva ammettere, nemmeno con se stessa, quanto potere avesse ancora il passato sulle sue emozioni.
Ed ecco Dave, come si era aspettata. Si trattava di una vecchia intervista della BBC, della quale conosceva a mente quasi ogni parola. Egli stava parlando di Hal e cercava di stabilire se il computer fosse cosciente o meno.
Come sembrava giovane — come era diverso da quelle ultime, offuscate immagini trasmesse dalla Discovery ormai condannata! E quanto somigliava a Bobby, così come lei lo ricordava!
L’immagine si ondulò mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. No… qualcosa non funzionava bene nel televisore o nel canale di trasmissione. Sia il suono, sia l’immagine, erano capricciosamente mutevoli.
Le labbra di Dave si stavano muovendo, ma lei non riusciva a udire nulla. Poi il viso di Dave parve dissolversi, fondersi in blocchi di colore. Si riformò, tornò a offuscarsi, ridivenne nitido. Ma ancora non si udiva alcun suono.
Come si erano procurati questo film? Non si vedeva più il volto di Dave uomo, adesso, ma quello di Dave ragazzo — come lo aveva conosciuto lei all’inizio. Egli la stava contemplando dallo schermo quasi potesse vederla attraverso l’abisso degli anni.
Sorrise; mosse le labbra.
«Ciao, Betty» disse.
Non era difficile formare le parole e inserirle nelle correnti che pulsavano entro i circuiti radio. La vera difficoltà consisteva nel rallentare i pensieri fino al ritmo glaciale del cervello umano. E dover poi aspettare un’eternità per ottenere la risposta…
Betty Fernandez era una donna dalla forte tempra; era inoltre intelligente e, sebbene fosse diventata una massaia da circa dodici anni, non aveva dimenticato le nozioni imparate ad un corso di elettronica. Questo era uno degli innumerevoli miracoli di simulazione della nuova scienza; per il momento si sarebbe limitata ad accettarlo e soltanto in seguito avrebbe cercato di capire. «Dave» rispose. «Dave… sei davvero tu?»
«Non ne sono sicuro» disse l’immagine sullo schermo, con una voce strana, priva di tonalità. «Ma ricordo Dave Bowman e ogni particolare di lui.»
«È morto?» Ecco un’altra domanda difficile.
«Il suo corpo… sì. Ma questo non riveste più alcuna importanza. Tutto quello che Dave Bowman era realmente continua a far parte di me.»
Betty si fece il segno della croce — era un gesto che aveva imparato da José — e bisbigliò: «Vuoi farmi credere… che sei uno spirito?»
«Non conosco una parola migliore.»
«Perché sei tornato?»
Ah! Betty… perché, infatti? Vorrei che potessi dirmelo tu…
Eppure una risposta la conosceva, poiché stava apparendo sullo schermo della TV. La separazione tra corpo e mente era ancora tutt’altro che completa, e neppure la più accomodante delle reti via cavo avrebbe trasmesso le immagini clamorosamente sessuali che si stavano formando adesso.
Betty le contemplò per breve tempo, talora sorridente, talora scandalizzata. Poi voltò le spalle, non per pudore, ma per tristezza… rammaricandosi a causa delle perdute delizie.
«Sicché non è vero» osservò «quello che ci hanno sempre detto degli angeli.»
Sono forse un angelo? egli si domandò. Ma capì, infine, che cosa stava facendo lì, trascinato indietro dalle maree della sofferenza e del desiderio, fino ad un appuntamento con il proprio passato. Il sentimento più formidabile che avesse mai conosciuto era stato la passione per Betty; gli elementi di sofferenza e di colpa che conteneva lo avevano soltanto reso più forte.
Betty non gli aveva mai detto se fosse un amante più abile di Bobby; né lui le aveva mai posto questa domanda, poiché avrebbe spezzato l’incantesimo. Si erano avvinghiati alla stessa illusione, cercando l’una nelle braccia dell’altro (e quanto era stato giovane lui… appena diciassettenne quando la cosa era cominciata, solamente due anni dopo il funerale!) un balsamo per guarire la stessa ferita.
Naturalmente quella tresca non avrebbe potuto durare, ma l’esperienza lo aveva cambiato irrevocabilmente. Per oltre un decennio, tutte le sue fantasticherie autoerotiche si erano accentrate su Betty; non aveva mai trovato un’altra donna paragonabile a lei, e, molto tempo prima, si era reso conto che non sarebbe mai riuscito a trovarla.
Le immagini del desiderio si dileguarono dallo schermo; per un momento riaffiorò il normale programma, con una incongruente immagine della Leonov sospesa sopra Io. Poi il volto di Dave Bowman ricomparve. Egli parve perdere il dominio di se stesso, poiché i lineamenti erano pazzamente instabili. Talora sembrava un bambino di appena dieci anni… in altri momenti un uomo ventenne o trentenne poi, incredibilmente, una mummia raggrinzita le cui incartapecorite fattezze erano una parodia dell’uomo da lei conosciuto un tempo.
«Ho ancora una domanda da porre prima di andarmene. Carlos… hai sempre detto che era figlio di José, ed io ne ho sempre dubitato. Qual era la verità?»
Betty Fernandez fissò per una lunga, ultima volta gli occhi del ragazzo che aveva un tempo amato (aveva di nuovo diciotto anni, adesso, e, per un momento, ella si augurò di poterne vedere tutto il corpo e non soltanto il viso.)
«Era tuo figlio, David» bisbigliò.
L’immagine svanì; il programma normale tornò sullo schermo. Quando, quasi un’ora dopo, José Fernandez entrò nella stanza, Betty continuava a fissare le immagini luminose.
Non si voltò quando lui la baciò sulla nuca.
«Non crederai mai a quello che sto per dirti, José.»
«Sentiamo.»
«Ho appena mentito a un fantasma.»
34. COMMIATO
Quando l’American Institute of Aeronautics and Astronautics pubblicò il controverso compendio Cinquant’anni di UFO, nel 1997, molti critici fecero rilevare che oggetti volanti non identificati erano stati osservati per secoli, e che l’avvistamento di un «disco volante» da parte di Kenneth Arnold, nel 1947, aveva innumerevoli precedenti. La gente aveva veduto cose strane nel cielo sin dagli albori della storia; ma, fino alla metà del secolo ventesimo, gli UFO avevano costituito un fenomeno casuale che non destava l’interesse generale. Dopo tale data erano divenuti una questione che destava la curiosità sia del pubblico, sia degli ambienti scientifici, nonché il fondamento di quelle che potevano essere definite soltanto credenze religiose.
Non è difficile individuare il motivo: l’avvento dei razzi giganteschi e l’inizio dell’era spaziale avevano orientato la mente degli uomini verso altri mondi. La consapevolezza del fatto che il genere umano sarebbe stato presto in grado di abbandonare il suo pianeta di origine, poneva interrogativi inevitabili: dove si trovano tutti gli altri esseri, e quando possiamo aspettarci visitatori? Esisteva inoltre la speranza, anche se di rado la si esprimeva apertamente, che benevole creature di altri mondi potessero aiutare l’umanità a guarire dalle tante ferite che si era autoinflitta e ad evitare futuri disastri.