Выбрать главу

«Giustissimo. Ma non esiste alcuna necessità di far questo.»

«Cosa?»

«Utilizziamola lì ove si trova. Serviamoci della Discovery come di un primo stadio per darci la spinta verso casa.»

Se non fosse stato Walter Curnow a proporre una cosa simile, Floyd ne avrebbe riso. Così stando le cose, egli rimase a bocca aperta, e trascorsero svariati secondi prima che riuscisse a formulare un commento adeguato. Infine esclamò: «Maledizione. Avrei dovuto pensarci.»

Sascia fu il primo che avvicinarono. Egli ascoltò con pazienza, increspò le labbra, poi batté un RALLENTANDO sulla tastiera del computer. Quando le risposte apparvero sullo schermo, annuì cogitabondo.

«Avete ragione. Ci darebbe la velocità in più che ci occorre per andarcene prima. Ma vi sono difficoltà pratiche…»

«Lo sappiamo. Bloccare saldamente insieme le due astronavi. La spinta fuori asse quando funzionano soltanto i propulsori della Discovery. La separazione delle due navi spaziali nel momento critico. Ma è possibile risolvere tutti e tre i problemi.»

«Vedo che vi siete dati da fare. Ma è stata una perdita di tempo. Non riuscirete mai a convincere Tanya.»

«Non mi aspetto di persuaderla… a questo punto» rispose Floyd. «Però mi piacerebbe farle sapere che la possibilità esiste. Ci darà il suo appoggio morale?»

«Non saprei. Comunque verrò ad assistere al colloquio; dovrebbe essere interessante.»

Tanya ascoltò più pazientemente di quanto Floyd si fosse aspettato, ma con una netta mancanza di entusiasmo. Tuttavia, prima che egli avesse concluso, lasciò intravvedere quella che poteva essere definita una riluttante ammirazione.

«Molto ingegnoso, Heywood…»

«Non si congratuli con me. Tutto il merito — o il biasimo — spetta a Walter.»

«Credo che non vi sarà un granché dell’uno e dell’altro; non potrà mai trattarsi di qualcosa di più di… com’è che Einstein definiva questo genere di cose?… di un «esperimento del pensiero». Oh, presumo che funzionerebbe… per lo meno in teoria. Ma i pericoli! Vi sono tante di quelle cose che possono andare storte! Sarei disposta a prendere in considerazione la proposta soltanto se avessimo prove assolute e positive del fatto che ci troviamo in pericolo. E, con tutto il rispetto, Heywood, non mi risulta il benché minimo indizio di questo.»

«Giusto. Però lei sa adesso, almeno, che disponiamo di un’altra scelta. Le dispiace se elaboro i particolari pratici… per ogni eventualità?»

«No di certo… purché non ostacolino i controlli prevolo. Non esito ad ammettere che l’idea mi affascina. Ma si tratta in realtà di una perdita di tempo; non esiste alcuna possibilità che io l’approvi. A meno che David Bowman non appaia a me personalmente.»

«Ma, anche in questo caso, approverebbe davvero, Tanya?» La comandante Orlova sorrise, non troppo divertita, però. «Sa, Heywood, non ne sono affatto certa. Bowman dovrebbe essere molto persuasivo.»

44. IL TRUCCO DELLA SPARIZIONE

Fu un gioco affascinante al quale parteciparono tutti — ma soltanto nelle ore libere dal servizio. Persino Tanya contribuì con alcune idee all’«esperimento del pensiero», come si ostinava a definirlo.

Floyd era perfettamente conscio del fatto che tutta quell’attività veniva generata non già dalla paura di un pericolo ignoto, preso sul serio soltanto da lui, ma dalla prospettiva deliziosa di tornare sulla Terra per lo meno un mese prima di quanto chiunque avesse immaginato. In ogni modo, quale che fosse il movente, era soddisfatto. Aveva fatto del suo meglio, e il resto dipendeva dal Fato.

Esisteva un particolare fortunato, senza il quale l’intero progetto, nonostante tutto, sarebbe nato morto. La corta e tozza Leonov, progettata per attraversare senza pericoli l’atmosfera gioviana durante la manovra di frenaggio, non arrivava in lunghezza alla metà della Discovery e pertanto sarebbe potuta essere comodamente appoggiata all’astronave più grande. Inoltre, l’antenna situata al centro avrebbe offerto un eccellente punto di ancoraggio supponendo che fosse robusta abbastanza per sostenere la massa della Leonov durante la propulsione della Discovery.

Il Controllo Missione rimase timorosamente interdetto da alcune delle richieste trasmesse alla Terra nei primi giorni che seguirono. Analisi degli sforzi sostenibili da entrambe le astronavi, sotto carichi imprevisti; effetti delle spinte fuori asse; individuazione di punti insolitamente robusti o insolitamente deboli negli scafi — questi furono soltanto alcuni dei problemi più esoterici che ai perplessi ingegneri venne chiesto di risolvere. «È accaduto qualcosa?» domandarono ansiosamente.

«Niente affatto» rispose Tanya. «Ci stiamo limitando a studiare possibili scelte. Grazie per la collaborazione. Con questo la trasmissione ha termine.»

Nel frattempo i preparativi per la partenza continuarono come previsto. Tutti i sistemi vennero controllati accuratamente su entrambe le astronavi, e preparati per i separati viaggi di ritorno verso la Terra; Vasili provò simulazioni di traiettorie di ritorno e Chandra le caricò nella memoria di Hal dopo averle tradotte in linguaggio macchina… incaricando il computer di effettuare un ultimo controllo. Quanto a Tanya e a Floyd, collaborarono amichevolmente per orchestrare l’avvicinamento al Grande Fratello, come generali che pianificassero un’invasione.

Proprio per questo egli era venuto sin lì, eppure Floyd non lavorava più con passione. Aveva avuto un’esperienza che non poteva condividere con nessuno, nemmeno con coloro i quali gli credevano. Sebbene eseguisse il suo dovere con efficienza, la maggior parte delle volte i pensieri di lui vagavano altrove.

Tanya se ne rendeva conto perfettamente.

«Sta ancora sperando nel miracolo che possa persuadermi, non è così?»

«O che possa dissuadere me… la cosa sarebbe ugualmente accettabile. Quel che non riesco a sopportare è l’incertezza.»

«È così anche per me. Ma non dovremo aspettare ancora a lungo, ormai… in un modo o nell’altro.»

Sbirciò fuggevolmente il display della situazione, ove la cifra 20 stava lampeggiando adagio. Si trattava dell’informazione meno necessaria sull’astronave, in quanto tutti conoscevano a memoria il numero dei giorni che mancavano all’apertura della finestra di lancio.

E al previsto attacco a Zagadka.

* * *

Per la seconda volta, Heywood Floyd era voltato dall’altra parte quando la cosa accadde. Ma in ogni modo non avrebbe fatto alcuna differenza; persino la vigile telecamera del monitor mostrò soltanto una vaga chiazza offuscata tra un’immagine e quella successiva, completamente vuota.

Una volta di più egli era di servizio a bordo della Discovery, condividendo il turno cimiteriale con Sascia, sulla Leonov. Come al solito, la notte era stata totalmente priva di eventi; i sistemi automatici stavano svolgendo il loro lavoro con la consueta normale efficienza. Un anno prima, Floyd non avrebbe mai creduto che un giorno si sarebbe trovato in orbita intorno a Giove, alla distanza di poche centinaia di migliaia di chilometri dal pianeta, senza quasi degnarlo di uno sguardo cercando, senza molto successo, di leggere La sonata a Kreutzer nella lingua originale. Stando a Sascia, il romanzo era ancora il più bell’esempio di narrativa erotica della letteratura russa (rispettabile), ma i progressi di Floyd non erano ancora sufficienti per accertarlo. E ora non lo avrebbe accertato mai.

Alle ore 01.25 venne distratto da un’eruzione spettacolare, anche se non insolita, sul terminatore di Io. Una enorme nube a forma di ombrello si dilatò nello spazio e cominciò a far piovere detriti sul suolo ardente sotto ad essa. Floyd aveva assistito a decine di eruzioni analoghe, ma non finivano mai di affascinarlo. Sembrava incredibile che un mondo tanto piccolo potesse essere la sede di energie così titaniche.