Gli astrofisici, che si occupano degli oggetti più grandi e vistosi dell’universo, tendono a guardare con sufficienza i semplici geologi, che dedicano la vita a studiare cosucce fangose quali i pianeti. Ma là alla frontiera aiutarsi l’un l’altro era indispensabile, e il dottor Wilkins si mostrò comprensivo e sollecito.
L’Osservatorio Tiamat era stato costruito per un unico scopo, quello stesso in vista del quale si era stabilita una base su Ganimede. Lo studio di Lucifero era importantissimo non solo per la scienza pura, ma anche per gli ingegneri nucleari, i meteorologi, gli oceanografi e, non ultimi, i filosofi e gli statisti. Che esistessero entità in grado di trasformare un pianeta in sole era un pensiero che faceva vacillare la mente, e che aveva tolto il sonno a molti. Era consigliabile che l’umanità imparasse tutto il possibile su questa trasformazione; un giorno avrebbe forse avuto bisogno di imitarla o di impedirla…
E così per più di un decennio l’Osservatorio Tiamat aveva tenuto Lucifero sotto controllo con ogni strumento possibile, registrandone in continuazione lo spettro per tutta la banda elettromagnetica e anche sondandolo con impulsi radar inviati da una modesta antenna di cento metri di diametro costruita sopra un piccolo cratere meteoritico.
«Sì» disse il dottor Wilkins «abbiamo spesso osservato Europa e Io. Ma il nostro radar è fisso su Lucifero, e così possiamo solo scorgerli quando transitano, per pochi minuti. E il Monte Zeus è sulla faccia diurna… che da qui non si vede». «Me ne rendo perfettamente conto» disse van der Berg con una certa impazienza. «Ma non potreste spostare il raggio solo di poco, così da poter dare un’occhiata a Europa prima che sia allineata con Lucifero? Dieci o venti gradi basterebbero per vedere una parte della faccia diurna.»
«Un solo grado basterebbe per far uscire completamente Lucifero dal campo di osservazione e captare tutta quanta la faccia diurna di Europa all’altra estremità dell’orbita. Però sarebbe tre volte più lontana, e quindi capteremmo solo un centesimo dei raggi radar riflessi dalla superficie. Ma potrebbe valer la pena di fare un tentativo. Mi faccia avere le frequenze, le forme d’onda, i dati di polarizzazione: insomma, tutto quanto lei pensa possa esserci d’aiuto. Non ci vorrà molto a mettere insieme qualcosa per deviare il raggio di un paio di gradi. Di più non saprei… è un problema che non abbiamo mai preso in considerazione. Comunque, che cosa si aspetta di trovare su Europa tranne ghiaccio e acqua?»
«Se lo sapessi» rispose cordialmente van der Berg «non sarei qui a chiederle una mano, non le pare?»
«E io non le chiederei di veder riconosciuti i miei meriti nel saggio che scriverà sull’argomento. Purtroppo il mio nome comincia per W, e quindi dovrà seguire il suo.»
Questo era accaduto un anno prima: le osservazioni a lunga distanza avevano dato risultati non soddisfacenti, e spostare il raggio in modo da poter osservare la faccia diurna di Europa poco prima della congiunzione si era rivelato più difficile del previsto. Ma se non altro qualche dato era arrivato; i computer li elaborarono e van der Berg fu il primo essere umano a poter dare un’occhiata alla mappa mineralogica di Europa dopo la nascita di Lucifero.
Era un mondo, come aveva supposto il dottor Wilkins, fatto di acqua e di ghiaccio, con qualche affioramento di basalto intervallato a depositi di zolfo. Ma c’erano due anomalie.
Una era probabilmente dovuta al processo di elaborazione dell’immagine; si vedeva una linea perfettamente retta lunga due chilometri che non rimandava nessuna eco radar. Van der Berg lasciò che vi si arrovellasse il dottor Wilkins: a lui interessava soltanto il Monte Zeus.
Gli ci volle parecchio per arrivare alla conclusione, perché solo un pazzo — o uno scienziato spinto dalla disperazione — avrebbe mai pensato che una cosa del genere fosse possibile. Anche ora, con tutti i parametri controllati e ricontrollati più volte, stentava a crederci. E non aveva neppure cercato di immaginare quale potesse essere il passo successivo.
Quando gli telefonò il dottor Wilkins, ansioso di vedere il suo nome e la sua reputazione diffondersi attraverso le banche dati, van der Berg borbottò che stava ancora analizzando i risultati. Ma alla fine non poté più rimandare ancora.
«Niente di particolarmente esaltante» disse al collega. «Solo una forma rara di quarzo… sto ancora cercando di confrontarla con i vari tipi di quarzo terrestri.»
Era la prima volta che aveva mentito a un altro scienziato, a un suo collega, e la coscienza gli rimordeva moltissimo.
Ma che alternativa aveva?
12. OOM PAUL
Rolf van der Berg non vedeva suo zio Paul da dieci anni, e molto probabilmente non l’avrebbe rivisto mai più di persona. Però il vecchio scienziato gli era molto caro — essendo l’ultimo della sua generazione, era l’ultimo che ancora ricordasse (quando ne aveva voglia, il che avveniva di rado) i tempi andati.
Il dottor Paul Kreuger — «Oom Paul», come lo chiamavano i familiari e gli amici era sempre a disposizione ogni volta che c’era bisogno di lui, pronto a fornire informazioni e consigli, di persona o all’altra estremità di un ponte radio lungo mezzo miliardo di chilometri. Correva voce che solo pressioni politiche estremamente energiche avevano persuaso il Comitato del Nobel a trascurare il contributo che il dottor Kreuger aveva dato alla fisica delle particelle, ancora una volta in disperato disordine dopo la pulizia generale compiuta verso la fine del XX secolo.
Forse era vero, ma comunque il dottor Kreuger non portava rancore a nessuno. Modesto, alla mano, non aveva nemici personali nemmeno tra le iraconde fazioni dei suoi compagni d’esilio. Era anzi così universalmente rispettato che aveva ricevuto più volte l’invito a ritornare in visita negli Stati Uniti del Sudafrica (USSA). Egli aveva sempre declinato questi inviti, non perché, si affrettava a spiegare, temesse di correre dei rischi rimettendovi piede, ma perché aveva paura di provare una nostalgia intollerabile.
Anche con il vantaggio di poter usare una lingua ora compresa da meno di un milione di individui, van der Berg era stato molto discreto e aveva impiegato circonlocuzioni e riferimenti comprensibili solo a un parente stretto. Paul non ebbe difficoltà a capire il messaggio del nipote, anche se in un primo momento non riuscì a prenderlo sul serio. Temendo che il giovane Rolf si fosse grossolanamente ingannato, si ripromise di chiarire la cosa al più presto possibile. Meno male che non si era precipitato a rendere pubblica la sua cosiddetta scoperta, e che aveva avuto il buon senso di starsene zitto…
Ma se — se — non si fosse ingannato? Il solo pensiero bastava a fargli rizzare i pochi capelli che gli erano rimasti in testa. Un’infinita gamma di possibilità — scientifiche, economiche, politiche — si apriva sotto i suoi occhi; e più ci pensava, più la cosa gli appariva stupefacente.
A differenza dei suoi antenati, gente devota, il dottor Kreuger non aveva un Dio cui ricorrere nei momenti di crisi. Ora quasi quasi avrebbe voluto averlo: ma anche se fosse stato capace di pregare, non sarebbe servito a niente. Sedendosi al computer per accedere alle banche dati, non sapeva se sperare che suo nipote avesse fatto una scoperta incredibile, o che stesse dicendo incredibili sciocchezze. Poteva davvero il Vecchio giocare uno scherzo simile all’umanità? A Paul tornò alla mente quanto diceva Einstein, e cioè che Egli poteva essere sottile, ma mai malizioso.
Basta con le fantasie, si disse il dottor Kreuger. Quello che a te piace o dispiace, le tue speranze e i tuoi timori, non hanno nulla a che fare con la questione…
Dall’altro capo del sistema solare gli era stata gettata una sfida; non si sarebbe dato pace finché non avesse scoperto la verità.