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— Ancora no, oggi non ho visto ancora nessuno. Il signor Crenshaw si arrabbierà con me — dico. — Farò tardi al lavoro.

— Non avrai che da riferirgli quel che è successo — mi tranquillizza lui.

Il signor Crenshaw si arrabbierà ugualmente, penso, ma taccio. Non bisogna contraddire un poliziotto.

— Chiamerò la polizia per te — dice. — Manderanno qualcuno…

— Ma io devo andare al lavoro — ribatto. Sento che sto sudando ancora di più. Non so cosa fare. Non conosco l'orario dei mezzi pubblici, anche se so dove si fermano. Dovrei trovare un orario. E dovrei anche chiamare l'ufficio, però non so se sarà già arrivato qualcuno.

— Devi davvero denunciare l'accaduto, sai — dice il signor Bryce molto serio. — E poi puoi chiamare il tuo capo e informarlo…

Non conosco il numero dell'ufficio del signor Crenshaw. Penso che se lo chiamo, lui non farà altro che prendersela con me. — Lo chiamerò dopo — decido.

Dopo solo sedici minuti arriva un'auto della polizia e Danny Bryce rimane con me, invece di andare al lavoro. Io mi sento meglio con lui, qui. Dall'auto esce un uomo in calzoni avana e giacca sportiva marrone. Non ha una targhetta col nome. Il signor Bryce gli va incontro e io sento l'altro uomo chiamarlo Dan.

I due mi si avvicinano. — Lou, questo è l'agente Stacy — fa le presentazioni il signor Bryce sorridendomi. Guardo l'altro uomo. È più basso del signor Bryce, e più magro; ha capelli neri e lisci che odorano di qualcosa di oleoso e profumato.

— Mi chiamo Lou Arrendale — dico. La mia voce suona strana, come succede quando sono spaventato.

— Quando ha visto per l'ultima volta la sua macchina? — chiede l'agente.

— Alle nove e quarantasette di ieri sera — rispondo. — Lo so per certo, perché ho guardato l'orologio.

Lui digita qualcosa sul suo palmare.

— Parcheggia sempre nello stesso posto?

— Di solito sì, ma non sempre — spiego. — Il parcheggio non ha posti numerati e certe volte qualcuno si è già messo qui quando ritorno dal lavoro.

— Lei è tornato dal lavoro alle nove e quarantasette di ieri sera?

— No, signore — dico. — Sono tornato dal lavoro alle cinque e cinquantadue e poi sono andato… — Non voglio dire "a lezione di scherma". Se lui pensasse che c'è qualcosa di male nella scherma? O in me che imparo la scherma? — Sono andato a casa di amici — dico invece.

— Questi amici li visita spesso?

— Sì, tutte le settimane.

— C'erano altre persone lì?

Naturale che c'erano altre persone. Perché dovrei andare a far visita a qualcuno se lì ci fossi soltanto io? — C'erano i miei amici che vivono in quella casa — dico. — E altre persone che non abitano in quella casa.

L'agente socchiude gli occhi e lancia un'occhiata al signor Bryce. Non capisco cosa significhi quell'occhiata. — Ah… e lei conosce queste altre persone? Quelle che non abitano nella casa? C'era un ricevimento?

Troppe domande, e non so a quale rispondere per prima. "Queste altre persone…" Lui si riferisce alle persone in casa di Tom e Lucia che non erano Tom e Lucia? "Quelle che non abitano nella casa…" Ma la maggior parte della gente non abita in quella casa. Tra i miliardi di persone che ci sono al mondo soltanto due vivono in quella casa e ciò rappresenta… meno di un milionesimo dell'uno per cento.

— Non c'era un ricevimento — rispondo, perché questa era la domanda più facile.

— Io so che tu esci ogni mercoledì sera — dice il signor Bryce. — Certe volte porti uno zaino… io pensavo che andassi in palestra.

Se i poliziotti parleranno con Tom e Lucia, verranno a sapere della scherma. Devo parlarne ora. — Vado… vado a lezione di scherma — dico. Odio quando mi viene da balbettare.

— Scherma? Non ti ho mai visto con i fioretti — commenta il signor Bryce con aria piuttosto sorpresa e interessata.

— Io… io tengo il mio equipaggiamento in casa dei miei amici — spiego. — Loro sono anche i miei istruttori. Non mi va di avere le mie cose nell'automobile o in casa.

— Così… lei è andato in casa di amici a lezione di scherma — dice l'altro poliziotto. — Da quanto tempo prende queste lezioni?

— Da cinque anni.

— Così chiunque volesse danneggiare la sua macchina lo saprebbe? Saprebbe dove lei va il mercoledì sera?

— Forse sì… — Ma in realtà non lo credo. Penso che se qualcuno voleva danneggiare la mia auto, doveva sapere dove abito e non dove vado quando esco.

— Lei va d'accordo con quelle persone?

— Sì. — Questa mi pare davvero una domanda sciocca. Non avrei continuato ad andare da Tom e Lucia per cinque anni se loro non fossero persone simpatiche.

— Avrei bisogno dei loro nomi e numeri di telefono.

Glieli fornisco, benché non capisca a cosa gli servono. La mia auto è stata danneggiata qui e non a casa di Tom e Lucia.

— Probabilmente si tratta di un vandalo — dice l'agente. — Questo è un quartiere abbastanza calmo, ma dall'altra parte del fiume cose del genere succedono in continuazione. Qualche ragazzino avrà pensato di spingersi fin qui, tanto per cambiare. E magari qualcosa lo avrà spaventato prima che si desse da fare anche con altre macchine. — Si volge al signor Bryce. — Se ci saranno altri danni fammelo sapere, d'accordo?

— Certo.

Il palmare dell'agente fischia ed emette una striscia di carta. — Ecco, per lei: rapporto, numero del caso, agente investigatore, tutto ciò che le serve per la denuncia all'assicurazione. — Mi porge il foglietto. Mi sento sciocco: non ho idea di cosa farne. Poi l'agente se ne va.

Il signor Bryce mi guarda. — Lou, sai chi chiamare per le gomme?

— No… — Sono più preoccupato per il lavoro che per le gomme. Se non posso usare la macchina ci sono sempre i mezzi pubblici, ma se perdo il lavoro a causa dei ritardi non mi rimane più nulla.

— Devi metterti in contatto con l'assicurazione e trovare qualcuno che rimpiazzi le gomme.

Cambiare le gomme sarà una bella spesa. Ma come farò ad andare in un'officina con le ruote tutte sgonfie?

— Vuoi aiuto?

Non so cosa dire e non so nemmeno cosa fare. Certo ho bisogno di aiuto.

— Se non hai mai fatto una denuncia all'assicurazione, la cosa potrebbe sembrarti complicata. Ma non voglio essere indiscreto se non hai bisogno di me.

— Non ho mai fatto una denuncia — dico. — Ho bisogno d'imparare come si fa.

— Allora andiamo a casa tua e colleghiamoci con l'assicurazione — decide lui. — Ti farò vedere come si fa.

Per un istante non posso né parlare né muovermi. Portare qualcuno nel mio appartamento? Nel mio spazio privato? Ma ho davvero bisogno che qualcuno mi mostri come si fa una denuncia. Il signor Bryce sta cercando di aiutarmi: non mi aspettavo che lo facesse.

M'incammino in silenzio, ma dopo qualche passo ricordo che avrei dovuto dire qualcosa. Il signor Bryce è ancora ritto vicino alla mia macchina. — È gentile da parte sua — dico.

Le mie mani tremano mentre apro la porta di casa, e l'ambiente dove avevo creato tanta serenità mi sembra adesso colmo di tensione e di paura. Accendo il computer e mi collego con la compagnia di assicurazioni. Il sistema sonoro comincia a trasmettere Mozart. Lo spengo. Avrei bisogno della musica, ma non so cosa ne penserebbe il signor Bryce.

— Bel posticino — dice lui alle mie spalle. Ho un leggero sobbalzo, benché sappia che lui è lì. Adesso si muove di fianco, dove posso vederlo: così è meglio. — Ora ciò che devi fare è…

— Dire al mio capo che farò tardi — lo interrompo. — Devo far questo prima di tutto.

Devo trovare l'indirizzo elettronico del signor Aldrin nel sito Web della compagnia per cui lavoro. Gli espongo la situazione semplicemente.

"Farò tardi perché sono state tagliate le gomme della mia auto ed è venuta la polizia. Arriverò appena potrò."

Il signor Bryce non guarda lo schermo mentre digito il messaggio. Mi riporto alla rete pubblica e dico: — Fatto.