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Non so cosa sono in grado di capire e cosa non capisco nell'illusione di capirlo. Consulto il più elementare testo di neurobiologia che riesco a trovare sulla rete, esaminando prima il glossario. Non mi piace sprecare tempo a trovare definizioni se posso impararle prima. Il glossario è pieno di termini mai visti prima… ce ne sono centinaia. E non capisco neppure le definizioni.

Devo cominciare da un livello ancora più basso.

Un testo di biologia per studenti di liceo: questo dovrebbe essere al mio livello. Esamino il glossario: i termini li conosco, benché molti non li abbia più incontrati da anni. Solo un decimo circa sono nuovi per me.

Comincio il primo capitolo e non incontro difficoltà, anche se molte cose sono diverse da come le ricordavo. Me lo aspettavo, del resto, e la cosa non mi disturba. Finisco il testo prima di mezzanotte.

La sera dopo non guardo il mio spettacolo abituale ma cerco un testo universitario. È troppo semplice, dev'essere stato scritto per studenti che non hanno studiato biologia al liceo. Cerco qualcosa di livello più alto, buttandomi a indovinare. I testi di biochimica mi confondono: devo imparare la chimica organica. Ne cerco un testo su Internet e ne scarico i primi capitoli. Leggo di nuovo fino a tardi, e leggo venerdì dopo il lavoro e mentre faccio il bucato.

Sabato abbiamo la riunione al campus. Non mi aspettavo di trovarlo affollato nel fine settimana quasi come in una giornata lavorativa normale.

Trovo le macchine di Cameron e di Bailey già lì quando arrivo; gli altri non ci sono ancora. Trovo la sala della riunione. Ha pareti tappezzate in finto legno e moquette verde. Contiene due file di sedie con sedili e schienali imbottiti di stoffa rosa fronteggianti una parete della sala. Sulla porta c'è una persona che non conosco, una donna giovane: porta in mano una scatola di cartone contenente targhette con nomi. Ha una lista con piccole fotografie. Mi guarda e dice il mio nome. — Ecco, questa è la sua — dice tendendomi una targhetta fornita di clip. La tengo in mano. — La metta — mi invita lei. Non mi piacciono queste clip, mi tirano la camicia; comunque metto la targhetta ed entro.

Gli altri stanno seduti sulle sedie. Su ognuna di quelle vuote c'è una cartella con un nome sopra. Trovo la mia. Non ne sono contento: mi hanno piazzato in prima fila a destra. Potrebbe essere maleducato da parte mia cambiare posto. Do un'occhiata alla fila e vedo che ci hanno disposti in ordine alfabetico dal punto di vista di chi ci parlerà stando di fronte a noi.

Quando siamo arrivati tutti sediamo in silenzio per due minuti e quaranta secondi. Poi sento la voce del signor Aldrin. — Sono tutti qui? — chiede alla donna sulla porta. Lei risponde di sì.

Lui entra. Ha l'aria stanca ma sembra normale. Porta una camicia di maglia e calzoni e scarpe avana. Ci sorride, ma il suo è solo un mezzo sorriso.

— Sono contento di vedervi tutti qui — dice. — Tra pochi minuti il dottor Ransome vi spiegherà su cosa si basa questa ricerca. Nelle vostre cartelle ci sono questionari sulla vostra storia sanitaria: per favore, riempiteli mentre aspettate. E firmate anche la clausola di riservatezza.

I questionali sono semplici, a multipla scelta piuttosto che con spazi vuoti da riempire. Ho quasi finito il mio quando la porta si apre ed entra un uomo in camice bianco, col nome DR RANSOME ricamato in rosso sul taschino. Ha capelli grigi ricciuti e occhi azzurri luccicanti. Il suo viso sembra troppo giovane per quei capelli grigi. Anche lui ci sorride.

— Benvenuti — dice. — Sono contento di conoscervi. Ho saputo che siete tutti interessati a questo test clinico, eh? — Non aspetta una nostra risposta. — Sarò breve — continua. — Oggi del resto parleremo solo di quanto riguarda il protocollo, degli appuntamenti per gli esami e così via. Prima di tutto lasciate che vi esponga in breve la storia di questa ricerca.

Parla molto in fretta, consultando un taccuino. Ci spiega delle ricerche sull'autismo, a cominciare dall'inizio del secolo, con la scoperta di due geni associati con disturbi di tipo autistico. Poi passa alla ricerca odierna, sempre cominciando dall'inizio, col lavoro del primo ricercatore sull'organizzazione sociale e la comunicazione tra primati che ha portato alla fine a questo possibile trattamento.

— Questo non è che un breve inquadramento della materia — dice. — Probabilmente è anche troppo per voi, ma dovete scusare il mio entusiasmo. Ne troverete una versione semplificata nelle vostre cartelle, diagrammi inclusi. Essenzialmente ciò che ci proponiamo di fare è normalizzare il cervello autistico e poi rieducarlo in una versione potenziata e più rapida dell'integrazione sensoriale infantile, in modo che la nuova architettura funzioni come si deve. — Fa una pausa, beve qualche sorso d'acqua e continua. — Tanto basta per questa prima riunione. Riceverete gli appuntamenti per gli esami… anche questi dati li troverete nelle cartelle… In seguito ci saranno altri incontri con il personale medico. Consegnate i questionali e gli altri documenti alla signorina alla porta. Se verrete accettati nel protocollo ne sarete informati. — Si volta e se ne va prima che io o qualunque altro possiamo pensare a qualcosa da dire.

Il signor Aldrin si alza e si rivolge a noi. — Consegnate a me i questionari riempiti e firmate la clausola di riservatezza… e non vi preoccupate: nel protocollo sarete accettati tutti.

Non è questo che mi preoccupa. Finisco il questionario, firmo la clausola, consegno tutto al signor Aldrin e me ne vado senza parlare con gli altri. Ho sprecato quasi tutta la mattinata di sabato e voglio tornare alle mie letture.

Ritorno a casa con tutta la rapidità permessa dai limiti di velocità e ricomincio a leggere appena rientrato nell'appartamento. Non mi fermo per fare le pulizie generali in casa e alla macchina, la domenica non vado in chiesa. Faccio stampate di due capitoli da portare con me al lavoro lunedì e martedì, in modo da poterli leggere durante la pausa pranzo. Assimilo le informazioni in forma chiara e organica, i vari schemi disposti ordinatamente in paragrafi, capitoli e sezioni. Nella mia mente c'è posto per tutto.

Per il mercoledì seguente mi sento pronto per chiedere a Lucia cosa dovrei leggere allo scopo di capire come lavora il cervello. Ho fatto i test on-line in biologia prima e seconda, biochimica prima e seconda e chimica organica teorica prima. Ho dato di nuovo un'occhiata al testo di neurologia, del quale adesso capisco molto di più, ma non sono sicuro che sia quello più adatto a me. Non so quanto tempo mi rimanga e non voglio sprecarlo con il testo sbagliato.

Mi sorprende il fatto che io non mi sia dedicato prima a questo lavoro. Quando ho cominciato a tirare di scherma, ho letto tutti i libri sulla scherma che Tom mi aveva raccomandato e ho guardato tutti i video che potevano essermi d'aiuto. Quando faccio qualche gioco al computer, leggo tutto quel che posso sull'argomento.

Eppure prima di adesso non mi ero mai proposto d'imparare quanto potevo circa il modo di lavorare del mio cervello: non so perché. So che all'inizio tutto mi sembrava molto strano, ed ero quasi sicuro che non sarei stato in grado di assimilare quello che dicevano i testi. Invece mi è stato facile. Credo che avrei potuto prendere una laurea in questo argomento se ci avessi provato; ma i miei consiglieri mi dissero tutti di scegliere matematica applicata e io seguii il loro consiglio. Loro mi dicevano di cosa ero capace e io gli credevo. Non pensavano che io avessi il tipo d'intelligenza necessaria per dedicarmi a un lavoro scientifico. Forse si sbagliavano.

Mostro a Lucia la lista che ho stampato di tutti i testi che ho letto e i risultati conseguiti nei test di valutazione. — Adesso ho bisogno di sapere quale altro testo leggere — dico.

— Lou… mi vergogno di dire che sono sbalordita. — Lucia scuote la testa. — Tom, viene a vedere! In una settimana Lou ha fatto tutto il lavoro necessario per prendere un diploma in biologia.

— Non proprio — lo correggo io. — Io ho studiato una cosa sola, mentre per il diploma in biologia bisogna studiare botanica e altre cose…