— Allora, com’è andata la tua visita nello Spazio Quad con Bel? — chiese quando ebbe di nuovo abbastanza fiato per poter parlare.
— Benissimo. Se a Bel venisse voglia di cambiare lavoro, credo che dovrebbe dedicarsi alle pubbliche relazioni. Credo di avere visto tutte le meraviglie della Stazione Graf che potevano essere visitate nel poco tempo che avevamo. Viste spettacolari, ottimo cibo, storia… Mi ha portato giù in fondo al settore a gravità zero a vedere le parti rimaste della vecchia astronave iperspaziale. Ne hanno fatto un museo, e quando siamo arrivati era pieno di scolaretti quad che rimbalzavano sulle pareti. Letteralmente. Erano incredibilmente carini. Mi ha ricordato il santuario degli antenati barrayarani. — Si voltò e indicò una grossa scatola decorata con schemi e vivaci illustrazioni a colori che occupava metà della cuccetta. — Nel negozio del museo ho trovato questa, per Nikki. È un modello in scala del D-620 Superjumper, modificato con la configurazione ad habitat orbitale, quello con cui fuggirono gli antenati dei quad.
— Oh, gli piacerà da impazzire. — Nikki, a undici anni, non aveva ancora perso la passione per ogni tipo di nave spaziale, ma soprattutto per quelle iperspaziali. Era ancora troppo presto per capire se questo entusiasmo si sarebbe trasformato in vocazione o si sarebbe sbiadito e sarebbe stato dimenticato con la fine dell’infanzia. Miles osservò il disegno sulla scatola. L’antica D-620 era stata un’enorme e goffa nave, e l’illustratore non aveva potuto fare di meglio che mostrarla come una specie di piovra spaziale che stringeva una serie di barattoli. — Questo modellino non è un po’ grosso?
Ekaterin guardò la scatola, dubbiosa. — Non particolarmente. Era una nave enorme. Forse sarebbe stato meglio prendere la versione più piccola? Ma non si apriva come questa. Adesso che l’ho portata qui non so proprio dove metterla.
Ekaterin, lasciata ai suoi slanci di madre, per amore di Nikki sarebbe stata capacissima di dividere la cuccetta con quell’oggetto per tutto il viaggio di ritorno.
— Il tenente Smolyani le troverà un posto.
— Davvero?
— Te lo garantisco. — Le fece un mezzo inchino, una mano sul cuore. Si chiese, visto che erano ancora lì, se non sarebbe stato il caso di comprarne un altro paio per i piccoli Aral Alexander ed Helen Natalia, ma probabilmente non era il caso di far ripetere un’altra volta a Ekaterin la sua teoria sui giocattoli appropriati per ogni età. — Di che cosa avete parlato, tu e Bel?
Ekaterin fece un sorrisetto. — Di te, soprattutto.
La risposta di Miles si manifestò sotto forma di un innocuo e allegro: — Oh?
— Bel voleva sapere come ci siamo incontrati, ed era abbastanza evidente che stava cercando disperatamente un modo di chiederlo in modo educato. Mi ha fatto pena, e così gli ho detto qualcosa del nostro incontro su Komarr, e su quello che è successo dopo. Tacendo su tutte le parti segrete, il nostro corteggiamento gli sarebbe apparso strano, non ti pare?
Miles concordò con una malinconica scrollatina di spalle.
— È vero che la prima volta che vi siete incontrati, hai sparato a Bel con uno storditore?
— Be’, sì. È una lunga storia. Una vecchia storia.
Gli occhi azzurri della moglie brillarono divertiti. — Certo, l’ho capito. Dicono tutti che da giovane eri un pazzo furioso. Mi chiedo che effetto mi avrebbe fatto incontrarti allora, se mi avresti affascinato o riempito di orrore.
Miles ci pensò sopra. — Non lo so nemmeno io.
Gli occhi di Ekaterin brillarono come se celassero una sorpresa. Miles la seguì mentre apriva una borsa dalla quale tirò fuori un vestito nuovo di pesante stoffa di un azzurro che si accompagnava meravigliosamente ai suoi occhi: era una tuta confezionata con un materiale vellutato molto arricciato ai polsi e alle caviglie, tanto che i pantaloni sembravano delle maniche. Se la tenne contro il corpo.
— Ti piace? — chiese con una certa apprensione.
— Questa sì che è nuova — disse Miles con approvazione.
— Grazie, e così posso essere all’ultima moda in un campo gravitazionale e opportunamente vestita in caduta libera. — Appoggiò il vestito sulla cuccetta, accarezzando delicatamente la stoffa serica.
— Devo arguire che Bel abbia evitato qualunque contrattempo sgradevole riguardo al fatto che sei barrayarana, mentre eravate fuori assieme?
Ekaterin si raddrizzò. — Be’, io non ho avuto alcun problema. Bel è stato avvicinato da un tipo dall’aspetto molto strano… aveva le mani e i piedi più lunghi che abbia mai visto. C’era qualcosa di strano anche nel suo torace, come se fosse sproporzionatamente grande. Mi sono chiesta se fosse una modifica genetica o chirurgica. Suppongo che qui, alla periferia del Complesso Iperspaziale, si veda gente di tutti i tipi. Questo ha insistito con Bel per sapere quando sarebbe stato permesso ai passeggeri di tornare a bordo, riferendogli che girava la voce che ad alcuni di loro era stato concesso di sbarcare la merce. Bel gli ha risposto con molta fermezza che nessuno era stata autorizzato a tornare sulle navi da quando erano state messe sotto sequestro. Credo che fosse uno dei passeggeri della Rudra, preoccupato per la sua merce. Ha insinuato che temeva che i portuali quad frugassero o anche rubassero della merce, e la cosa ha irritato Bel.
— Lo immagino. — Fu d’accordo Miles.
— Poi quel tizio ha chiesto che provvedimenti avrebbero preso i barrayarani, e Bel gli ha risposto che avrebbe fatto meglio a fissare un appuntamento con te, tramite la Sigillatrice Greenlaw. Il tizio non è parso molto soddisfatto e stava per incalzarlo con altre domande, quando lui, infastidito, lo ha minacciato di farlo scortare al suo albergo dalla Sicurezza della Stazione e di metterlo agli arresti domiciliari se non la smetteva di insistere. E così lo ha liquidato.
— Buon per Bel. — Miles sospirò. — Credo che anch’io dovrò andare a parlare con Greenlaw, adesso.
— No, neanche per sogno — sbottò Ekaterin, con tono deciso. — Per tutto il giorno non hai fatto altro che stare con loro. Ti sei mai fermato, da questa mattina, per mangiare o riposarti un po’?
— Ehm… be’, no.
Ekaterin si limitò a sorridere. — Allora il suo prossimo impegno, mio caro Lord Ispettore, è una simpatica cena in compagnia di sua moglie e dei suoi amici. Bel e Nicol ci portano a mangiare fuori. E poi, andremo al balletto quad.
— Ah sì?
— Sì.
— Sì, forse hai ragione, suppongo che dovrò mangiare prima o poi, ma assentarmi nel bel mezzo di un caso, per, ehm, andare a divertirmi, non farà certo piacere a tutti quelli che si aspettano che risolva questo inghippo. A cominciare dall’ammiraglio Vorpatril e dal suo staff.
— Però farà piacere ai quad. Sono orgogliosissimi del corpo di ballo Minchenko, e non può che giovare alle tue relazioni se vedono che mostri interesse per la loro cultura. La troupe si esibisce solo un paio di volte la settimana, a seconda della stagione… ma hanno stagioni qui? Be’, diciamo del momento dell’anno… e quindi potremmo non avere una seconda occasione. — Sorrise con aria da cospiratrice. — In realtà i biglietti per lo spettacolo di questa sera erano esauriti, ma Bel ha chiesto a Garnet Cinque di muovere qualche sua conoscenza, e lei è riuscita a ottenere un palco. Naturalmente sarà con noi.
Miles sbatté le palpebre. — Lei vuole che io interceda per Corbeau, vero?
— È quello che penso. — Di fronte al naso arricciato di Miles, aggiunse: — Oggi ho scoperto qualcosa su di lei. È una persona famosa sulla Stazione Graf, una celebrità. L’aggressione della pattuglia barrayarana nel suo appartamento ha indignato la gente. Lei è un’artista, e rompendole il braccio le hanno impedito di lavorare per un bel po’. Oltre a essere stata un’azione demenziale, per i quad si è trattato di un insulto particolarmente offensivo.
— Oh, ma che meraviglia! — Miles si massaggiò le tempie: gli era venuto un forte mal di testa.
— Sì — continuò la moglie, — perciò ho pensato che se la gente vede Garnet Cinque che chiacchiera amichevolmente con l’inviato barrayarano, potrebbe giovare al tuo lavoro.