I corridoi cilindrici non erano ancora affollati di spettatori; d’altro canto loro erano arrivati in anticipo, per dare a Nicol il tempo di cambiarsi, ma quando entrarono nell’auditorio Miles rimase stupefatto dalla grandiosità dell’ambiente.
Era una sfera immensa. Circa un terzo della sua superficie interna formava una finestra convessa, aperta sull’universo, fitto di stelle che si trovavano sul lato in ombra della Stazione. Ekaterin, anch’essa impressionata dalla maestosità del posto, gli strinse la mano bruscamente, mentre Roic emetteva un singulto. A Miles parve di essere entrato a nuoto in un enorme alveare d’argento e pietre preziose, perché tutte le pareti della sfera erano rivestite di celle esagonali. Mentre fluttuavano verso il centro dell’auditorium, capì che le celle in realtà erano i palchi rivestiti di velluto. La loro dimensione variava da intime nicchie per una sola persona a spaziose unità per un pubblico numeroso. Miles cercò sulle prime di trovare una percezione di alto e basso, ma per quanto ammiccasse con gli occhi, non era mai sicuro se stesse guardando in su, in giù o di lato. Immaginare il basso era particolarmente inquietante, perché gli dava l’impressione di perdere l’equilibrio.
Dopo un congruo intervallo durante il quale erano rimasti a bocca aperta a osservare quello spettacolo grandioso, una maschera quad con una cintura a getti d’aria li prese in consegna e li accompagnò verso l’esagono che era stato loro assegnato. L’interno era rivestito di un materiale soffice, che assorbiva il rumore, e con comode maniglie; c’erano anche delle lampade, quelle che aveva scambiato per pietre preziose, vedendole da lontano.
Una sagoma scura e un movimento nell’ampio palco che li attendeva divenne, al loro avvicinarsi, una quad. Era snella, con lunghi arti, sottili capelli biondo-cenere che le si aprivano ad aureola attorno al capo. A Miles ricordò una sirena di quelle capaci di indurre gli uomini a battersi in duello, o a comporre poesie, o ad affogare nel vino il dispiacere di un rifiuto. O, peggio ancora, a disertare la loro brigata.
Indossava un elegante abito di velluto nero, con uno sbuffo di pizzo bianco sulla gola. La manica sull’avambraccio destro era slacciata, per lasciare spazio a un immobilizzatore medico ad aria che per Miles era dolorosamente familiare dai tempi della sua fanciullezza tormentata da ossa fragili. Era l’unica cosa in lei che appariva stonata.
Non era possibile confonderla con nessun’altra che non fosse Garnet Cinque. Miles aspettò comunque che Bel li presentasse come si doveva, cosa che l’ermafrodita fece subito. Si strinsero le mani; Garnet aveva una stretta forte, da atleta.
— Vorrei ringraziarla per avere trovato queste… — non si poteva certo parlare di poltrone — questi posti per noi, con così poco preavviso — disse Miles, lasciando andare la sottile mano superiore della donna. — Da quanto ho capito, avremo il privilegio di assistere a un lavoro di grande qualità. — Lavoro era una parola che evocava significati speciali nello Spazio Quad, un po’ come onore su Barrayar.
— Il piacere è mio, Lord Vorkosigan. — Aveva una voce melodiosa: la sua espressione sembrava controllata, quasi ironica, nei suoi occhi verdi c’era un pizzico di angoscia.
Miles indicò con una mano il suo braccio inferiore lesionato. — Mi permetta di porgerle di persona le mie scuse per il deplorevole comportamento di alcuni dei nostri uomini. Non appena ci saranno riconsegnati, verranno puniti severamente per quello che hanno fatto. La prego, non ci giudichi sulla base della peggiore gioventù di Barrayar. — Be’, non potrebbe: i peggiori non li mandiamo in giro sulle nostre astronavi, grazie a Gregor.
Garnet fece un breve sorriso. — Non lo farò, perché ho anche conosciuto la vostra migliore gioventù. — L’urgenza nei suoi occhi finì per insinuarsi anche nella voce. — Dmitri… che cosa gli succederà?
— Be’, dipende molto da lui. — Miles si rese conto che entrambi potevano intercedere l’uno con l’altro. — Si potrebbe andare da una annotazione sulla sua scheda, quando verrà rilasciato… perché non avrebbe dovuto togliersi il comunicatore da polso, proprio per le ragioni di cui avete purtroppo avuto una dimostrazione, a un’accusa molto seria di tentata diserzione, se non ritira la sua richiesta di asilo politico prima che venga rifiutata.
Garnet sporse leggermente la mascella. — Potrebbe non essere rifiutata?
— Anche se venisse accolta, le conseguenze a lungo termine porrebbero essere più complesse di quanto forse entrambi possiate comprendere in questo momento. A quel punto sarebbe colpevole di diserzione, pura e semplice. Verrebbe esiliato per sempre dalla sua casa, e non potrebbe tornare mai più a trovare la sua famiglia. Barrayar può sembrargli in questo momento una ben misera perdita, nell’impeto dell’emozione, ma credo, anzi, ne sono sicuro, che in futuro se ne pentirebbe amaramente. — Pensò alla malinconia di Baz Jesek, esiliato per anni per un piccolo conflitto gestito ancora peggio di quello in cui si trovava il guardiamarina. — Ci sono altri modi, anche se meno rapidi, con cui il tenente Corbeau potrebbe tornare qui, se è davvero un suo desiderio autentico e non un capriccio momentaneo. Ci vorrebbe più tempo, ma si farebbero molti meno danni… dopo tutto, in questo momento sta giocando con la sua vita.
Garnet si accigliò. — Ma l’esercito barrayarano non lo fucilerà, o lo farà assassinare?
— Non siamo in guerra con l’Unione. — Non ancora, perlomeno. Ci voleva una dose di goffaggine di proporzioni assai più eroiche di quella impiegata fino a quel momento per far arrivare le cose a quel punto. D’altra parte, forse non doveva sottovalutare i suoi compatrioti. E poi non pensava che Corbeau fosse politicamente abbastanza importante da venire assassinato. Cerchiamo di non farlo diventare tale, eh? — Non verrebbe giustiziato. Ma, dal vostro punto di vista, anni di galera sarebbero la stessa cosa. Non sta facendo un favore a lui e nemmeno a se stessa incoraggiandolo a disertare. Lo lasci tornare al suo posto, finire il suo contratto di ferma, e poi tornare qui. Se allora la penserete ancora allo stesso modo, potrete continuare la vostra relazione senza che il suo stato legale avveleni il vostro futuro.
L’espressione della donna si era fatta sempre più cocciuta. A Miles parve per un momento di essere un genitore all’antica che faceva la predica a un’adolescente in crisi esistenziale, ma Garnet non era una bambina. Avrebbe dovuto chiedere a Bel quanti anni aveva. Tutta quell’aria di autorevolezza con cui si muoveva poteva provenire solo dalla disciplina della danza. Si ricordò che doveva apparire cordiale, allora tentò di addolcire le sue parole con un sorriso.
La donna disse: — Desideriamo restare insieme. In modo definitivo.
E dopo esservi conosciuti per due settimane, siete già così sicuri? Il commento gli si strangolò in gola all’occhiata obliqua di Ekaterin, che gli ricordò esattamente quanti giorni, o erano state ore?, gli erano bastati per innamorarsi di lei. Certo, il definitivo aveva richiesto un po’ più di tempo.
— Non ho alcuna difficoltà a comprendere perché Corbeau lo desideri. — Era più difficile comprendere come mai l’attrazione fosse reciproca. Corbeau non gli aveva ispirato una gran simpatia: l’emozione più forte che aveva provato in sua presenza era un desiderio disperato di dargli un ceffone. Ma era chiaro che quella donna non la vedeva così.
— Definitivo? — disse Ekaterin in tono dubbioso. — Non pensa di poter desiderare dei figli un giorno? O che li possa desiderare lui?
L’espressione di Garnet Cinque si fece speranzosa. — Abbiamo già parlato di questa possibilità. Siamo entrambi interessati.
— Uhm, ehm — fece Miles. — E i quad possono concepire figli con i terricoli?
— Be’, bisogna compiere delle scelte, prima di arrivare allo stadio del replicatore, proprio come un ermafrodita che voglia incrociarsi con un monosessuale deve decidere se predisporre i geni per avere un bambino, una bambina o un ermafrodita. Alcune coppie miste quad-terricoli hanno bambini quad, altri hanno figli terricoli, e qualcuno ha un po’ di questo e un po’ di quello… Bel, fai vedere a Lord Vorkosigan come saranno i nostri bambini!