Miles pensò che Bel doveva aver visto lo spettacolo almeno una dozzina di volte, tuttavia l’ermafrodita pareva in preda allo stesso incanto dei nuovi arrivati. Non era solo il sorriso dell’amore quello che illuminava i suoi occhi. Sì. Non la ameresti davvero se non amassi anche la sua grandezza, così generosa, sontuosa, improvvida, rifletté. Nessun amante geloso avrebbe mai potuto tenerla tutta per sé: lei doveva riversarsi sul mondo, o fare esplodere la sorgente. Guardò un’altra volta Ekaterin e pensò ai suoi splendidi giardini di Barrayar. Non ti terrò ancora a lungo lontana, amore, te lo prometto.
Ci fu una breve pausa, mentre degli attrezzisti sistemavano alcuni misteriosi paletti e sbarre che si incrociavano con angoli bizzarri all’interno della sfera.
Garnet Cinque, fluttuando alla destra di Miles, mormorò da dietro le sue spalle: — Questo è il pezzo che in genere danzo io. È tratto da un lavoro più lungo, un balletto classico, La Traversata di Alijean, che racconta la storia della migrazione del nostro popolo attraverso il Complesso Iperspaziale fino allo Spazio Quad. Si tratta del duetto amoroso fra Leo e Silver. Io danzo Silver. Spero che la mia sostituta non lo rovini… — Si allontanò mentre l’ouverture riempiva l’aula.
Due figure, un maschio terricolo e una quad bionda, arrivarono fluttuando dai lati opposti della sala, si diedero una spinta girando attorno ai pali, e si incontrarono nel mezzo dell’auditorium. Niente tamburi, questa volta, solo il dolce suono dell’orchestra. Le gambe del ballerino che interpretava Leo si trascinavano inerti, e a Miles ci volle un momento prima di rendersi conto che a interpretarlo era un quad con un paio di gambe posticce. L’uso che la donna faceva del proprio corpo, estendendo o ritraendo le braccia mentre roteava o piroettava, dimostrava un controllo brillante, e i suoi cambi di traiettoria attorno ai pali erano precisi. Solo qualche sospiro e qualche borbottio critico da parte di Garnet Cinque suggerivano a Miles che l’interpretazione fosse meno che perfetta. Il ballerino con le gambe posticce era goffo, e si guadagnò diverse risatine da parte del pubblico quad. Miles si agitò un poco, a disagio, rendendosi conto che stava assistendo quasi a una parodia di come i terricoli apparivano agli occhi dei quad. Ma la donna aiutava il suo compagno con gesti di tale grazia che lo spettacolo era tenero più che crudele. Bel, con un sogghigno, si chinò a mormorare nell’orecchio di Miles: — Va tutto bene. L’interprete di Leo Graf deve ballare come un ingegnere terricolo. Infatti lo era.
La storia d’amore era abbastanza chiara. A quanto pareva, le storie d’amore fra quad e terricoli avevano una lunga e onorevole tradizione. Miles si chiese se certi aspetti della sua infanzia non sarebbero stati migliori, se fosse esistito un repertorio di romantiche storie d’amore i cui eroi erano piccoli e zoppi, invece di essere solo dei mutanti malvagi. Se questo era un esempio rappresentativo, era evidente che Garnet Cinque era culturalmente più che pronta a fare da Giulietta al suo Romeo barrayarano.
L’incantevole brano giunse al culmine, e i due ballerini salutarono il pubblico che applaudiva letteralmente a quattro mani prima di ritirarsi. Le luci si accesero: intervallo. Qualunque forma d’arte rappresentata dal vivo aveva dei limiti imposti dalla biologia, che fosse quad o terricola.
Quando nel palco si accesero le luci, Garnet Cinque stava spiegando a Ekaterin le convenzioni che governavano l’assegnazione dei nomi dei quad.
— No, non è un cognome — spiegò Garnet Cinque. — Quando i quad sono stati creati dalla GalacTech, erano soltanto mille. A ciascuno fu dato un nome e un numero, e siccome erano così pochi, ognuno aveva solo un nome. Quando i nostri antenati sono fuggiti verso la libertà, hanno alterato il significato dei codici, ma hanno mantenuto il nome, che però è stato disciplinato da un registro. Per molto tempo il sistema ha funzionato senza problemi. Poi le liste d’attesa per i nomi particolarmente popolari hanno cominciato a diventare tanto lunghe che è stato deciso di permetterne la duplicazione, ma solo se il nome aveva un suffisso numerico, in modo da distinguere un ’Leo’ dall’altro. Quando un quad muore, il suo nome-numero ritorna libero nel registro, e può essere di nuovo assegnato.
— Ho un Leo Novantanove nella mia squadra di lavoro — annuì Bel. — È il numero più alto che mi sia capitato di trovare. La gente sembra preferire i numeri bassi.
— Io invece non ho mai incontrato nessun’altra Garnet — disse Garnet Cinque. — L’ultima volta che ho controllato, ne ho trovate solo otto, in tutta l’Unione.
— Scommetto che adesso ce ne saranno di più — scherzò Bel. — Ed è per merito della tua celebrità.
Garnet Cinque rise.
La seconda parte dello spettacolo fu impressionante come la prima. Durante uno degli interludi musicali, Nicol si esibì in una meravigliosa parte come solista. Ci furono altri due balletti corali, uno astratto e matematico, l’altro narrativo, incentrato su un tragico incidente di pressurizzazione avvenuto in una generazione precedente. Il finale riportò tutti gli artisti al centro dell’auditorium, per un ultimo vigoroso turbine, con tamburi, nacchere e orchestra che si combinavano in una colonna sonora che si poteva solo descrivere come colossale.
A Miles sembrò che la rappresentazione fosse finita troppo in fretta, ma quando controllò, il suo crono gli disse che quel sogno era durato ben quattro ore. Salutò grato, ma senza prendere impegni, Garnet Cinque, e mentre Bel e Nicol accompagnavano i tre barrayarani alla Kestrel, rifletté su come le culture scelgono di raccontare le proprie storie, e come le celebrano. Infatti, il balletto esaltava il corpo quad. Dopo quello spettacolo nessun terricolo avrebbe pensato ai quad come specie di mutanti storpi, degli scherzi di natura svantaggiati o inferiori. Si poteva perfino allontanarsene innamorati.
Non che tutti i danni e le menomazioni fossero visibili a occhio nudo. Tutta quella atletica esuberanza gli ricordò che doveva controllare la sua chimica cerebrale prima di andare a letto, per vedere quanto a lungo avrebbe dovuto attendere per il suo nuovo attacco epilettico.
CAPITOLO SETTIMO
Udendo bussare alla porta della cabina, Miles si svegliò da un sonno profondo.
— Milord? — chiamò Roic a bassa voce. — L’ammiraglio Vorpatril vuole parlarle. È sulla comconsolle di sicurezza in quadrato.
Qualunque ispirazione la sua coscienza stesse per far arrivare al suo cervello in quel momento di dormiveglia, svanì senza più alcuna speranza di emergere. Miles grugnì e saltò giù dalla cuccetta. La mano di Ekaterin si tese verso di lui da quella superiore e subito dopo apparve il suo viso che lo guardò con occhi ancora assonnati. Miles le toccò la mano e sussurrò: — Torna a dormire, amore. — Ekaterin borbottò qualcosa in segno di assenso e si voltò dall’altra parte.
Miles afferrò la giacca grigia, se la infilò e uscì in corridoio a piedi scalzi. Mentre la porta stagna si chiudeva dietro di lui, controllò il crono. Siccome lo Spazio Quad non aveva a che fare con scomode rotazioni planetarie, avevano un unico fuso orario che valeva per tutto l’habitat, e al quale, in teoria, Miles ed Ekaterin si erano abituati durante il viaggio verso la Stazione Graf. Non era notte fonda, solo mattina molto presto.
Miles si sedette al tavolo del quadrato ufficiali, si allacciò la giacca, poi toccò il pulsante sul bracciolo della poltrona. Il volto dell’ammiraglio Vorpatril comparve sulla piastra video. Era già vestito, sbarbato, e teneva una tazza di caffè nella mano destra.
Appena lo vide, Vorpatril sbottò: — Come diavolo faceva a saperlo? — chiese in tono imperioso.
Miles strinse gli occhi. — Mi scusi?
— Ho appena ricevuto dal mio ufficiale medico il rapporto sul campione di sangue di Solian. Ebbene sì, era artificiale, prodotto probabilmente nelle ventiquattr’ore precedenti il momento in cui è stato rovesciato sul ponte.
— Oh. — Fiamme dell’inferno. — Che… che brutta notizia.