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Dubauer, ancora molto scosso, rifiutò l’assistenza dei medici, dicendo di potersi prendere cura da solo della ferita che ormai aveva smesso di sanguinare e, ripetendo di non avere nulla da aggiungere alle testimonianze, chiese di poter andare sull’Idris per prendersi cura delle sue bestie.

Bel, che improvvisamente si ricordò di dove stavano andando prima dell’incidente, gli disse: — Mi dispiace. Probabilmente sarò bloccato qui ancora per un bel po’. Incaricherò il Capo Watts di mandare un altro supervisore per scortarla a bordo dell’Idris.

— Grazie, portomastro. Prima faccio un salto in camera mia, ma attendo una sua chiamata. Si tratta davvero di una cosa molto urgente. — Quindi si allontanò in tutta fretta.

Miles non poteva biasimarlo, perché stavano arrivando due zelanti giornalisti quad, su flottanti marchiati con il logo della loro testata. Dietro di loro veniva un gruppo di telecamere, che sfrecciarono di qua e di là, raccogliendo immagini. Arrivò anche la Sigillatrice Greenlaw, che insinuò con determinazione e una certa fretta il suo flottante fra la folla, ormai fitta intorno a Miles. Era a sua volta scortata da due guardie del corpo quad nell’uniforme della Milizia dell’Unione, armate e corazzate di tutto punto. Potevano anche essere inutili contro gli assassini, ma ebbero l’effetto salutare di disperdere la folla e il suo mormorio.

— Lord Ispettore Vorkosigan, siete ferito? — domandò appena giunta.

Miles ripeté le rassicurazioni che aveva già fatto a Venn. Teneva d’occhio le videocamere che gli si avvicinarono per registrare quello che diceva, e non solo per assicurarsi che riprendessero il suo lato migliore. Ma nessuna di loro sembrava essere una micropiattaforma armata mascherata da telecamera. Comunque, ripeté con entusiasmo il racconto delle gesta eroiche di Bel, con l’utile risultato che i giornalisti si precipitarono all’inseguimento del portomastro betano, che si trovava dall’altra parte dell’atrio, sottoposto a intenso interrogatorio da parte degli uomini di Venn.

Greenlaw, quasi come se pronunciasse un discorso preparato, disse: — Lord Ispettore Vorkosigan, mi permetta di esprimerle le mie più profonde scuse personali per questo disdicevole incidente. Le assicuro che tutte le risorse dell’Unione verranno impegnate a rintracciare quello squilibrato che rappresenta una minaccia per tutti noi.

Una minaccia per tutti noi, davvero. — Io non so che cosa stia succedendo qui — rispose Miles. E, lasciando che la sua voce si facesse più dura. — E chiaramente non lo sa nemmeno lei. Qui non si tratta più di una partita sulla scacchiera della diplomazia. Qui qualcuno sta cercando di innescare una guerra. E ci sono quasi riusciti.

Greenlaw fece un profondo respiro. — Sono sicura che quell’individuo agiva da solo.

Miles si accigliò, pensando: le teste calde ci sono da per tutto, questo è vero. Abbassò la voce. — Ma con che scopo? Vendetta? Per caso qualcuno dei quad feriti dalla squadra di Vorpatril è morto improvvisamente? — Gli era sembrato che tutti fossero in via di guarigione. Era difficile immaginare un parente o un amico o un amante pronto a vendicarsi per qualcosa di meno di una morte, ma…

— No — rispose Greenlaw, ma dalla sua espressione si capiva che stata vagliando l’ipotesi. Poi, con un certo rimpianto, rispose con voce ferma: — No. Ne sarei stata informata.

Era chiaro che anche lei avrebbe desiderato una spiegazione semplice. Ma era abbastanza onesta da non voler prendere in giro se stessa.

Il comunicatore di Miles emise il segnale di alta priorità:

— Sì?

— Milord Vorkosigan? — Era la voce dell’ammiraglio Vorpatril, aveva un tono teso.

Dunque non si trattava né di Ekaterin, né di Roic. Cercò di non lasciare che l’irritazione trasparisse dalla voce. — Sì, ammiraglio?

— Oh, Dio sia ringraziato. Ci è stato riferito che lei è stato attaccato.

— È tutto finito. Mi hanno mancato. Qui ora c’è la Sicurezza della Stazione.

Seguì una breve pausa. Quando tornò, la voce di Vorpatril aveva assunto una intonazione decisa: — Milord, la flotta è in allerta e pronta al suo comando.

Oh, merda. — La ringrazio, ammiraglio. Però dia l’ordine di riposo. È tutto sotto controllo. Sarò da lei fra qualche minuto. Non faccia nulla senza un mio ordine personale!

— Benissimo, Milord — disse Vorpatril con voce sostenuta, ma con un tono sospettoso. Miles chiuse la comunicazione.

Greenlaw lo stava fissando. Miles spiegò: — Io sono la Voce di Gregor. Per i barrayarani, è come se un quad avesse appena sparato all’Imperatore, o quasi. Quando ho detto che qualcuno voleva la guerra, non era retorica, Sigillatrice Greenlaw. A questo punto, se fossimo in patria, questo posto brulicherebbe dei migliori agenti di ImpSec.

Greenlaw scosse la testa e il suo volto s’incupì. — E un attacco a un comune cittadino barrayarano come sarebbe trattato? Con più indifferenza, devo presumere?

— Non con più indifferenza, ma a un livello organizzativo inferiore. Sarebbe di competenza delle guardie del Conte del Distretto.

— E quindi su Barrayar, il tipo di giustizia che si riceve dipende da chi si è? Interessante. La informo, senza dolermene, Lord Vorkosigan, che sulla Stazione Graf lei verrà trattato come qualunque altra persona: né meglio né peggio. E, per quanto le possa sembrare strano, questo per lei non sarà una perdita.

— Molto interessante — fece Miles seccamente. — E mentre lei si prodiga per dimostrarmi quanta poca impressione le fa la mia autorità imperiale, un pericoloso sicario rimane in libertà. Che ne sarà della meravigliosa e ugualitaria Stazione Graf se la prossima volta sceglie un metodo meno individuale per farmi fuori, come una bomba, per esempio? Mi dia retta… anche su Barrayar la gente muore nello stesso modo. Le dispiacerebbe se continuassimo questa discussione in privato? — Le videocamere, che evidentemente avevano esaurito il soggetto Bel, stavano tornando velocemente verso di lui.

— Miles! — Anche Ekaterin stava correndo verso di lui, con Roic al suo fianco. Nicol e Garnet Cinque la seguivano a bordo di flottanti. Pallida in volto, Ekaterin superò i detriti nell’atrio, e lo abbracciò forte. Ben conscio delle telecamere che avidamente li riprendevano, Miles restituì l’abbraccio. Nessun giornalista, con qualunque numero di braccia o gambe, poteva resistere alla tentazione di presentare quell’inquadratura in tutti i servizi di apertura. Interesse umano!

Roic si scusò: — Ho cercato di fermarla, signore, ma ha voluto venire a tutti i costi.

— Va tutto bene, Roic — lo rassicurò Miles.

Ekaterin gli mormorò all’orecchio: — Pensavo che fosse un posto sicuro, questo. E che i quad fossero pacifici.

— La maggior parte di loro lo sono senz’altro — disse Miles. La lasciò andare con riluttanza, tenendole comunque una mano, e si guardarono preoccupati.

Poco più in là, Nicol corse verso Bel con un’espressione simile a quella di Ekaterin, e le telecamere si voltarono subito verso di lei.

Miles ne approfittò per chiedere a Roic, sottovoce: — Hai scoperto qualcosa su Solian?

— Non ho avuto il tempo di andare molto lontano, Milord. Avevo deciso di cominciare con l’Idris, e ho ottenuto tutti i codici di accesso da Brun e Molino, ma i quad non mi hanno permesso di salire a bordo. Stavo per chiamarla.

Miles fece un ampio sorriso. — Scommetto che adesso riuscirò a risolvere il problema.

Greenlaw li invitò a seguirla nella sala riunioni dell’albergo, per continuare il colloquio in privato.

Miles e Ekaterin la seguirono, mentre un giornalista che voleva intervistarli fu fermato da una guardia della Milizia dell’Unione.

Deluso, il giornalista quad ripiegò su Garnet Cinque, la quale, con i riflessi di una donna di spettacolo, lo accolse con un fulgido sorriso.

— Com’è andato il tuo giro? — chiese allegramente Miles alla moglie mentre scavalcavano i calcinacci disseminati sul pavimento.