Prima di lasciare l’Idris, Roic insistette perché Bel chiamasse Venn e chiedesse se c’erano novità nella ricerca del sicario quad dell’albergo. Venn, chiaramente imbarazzato, recitò una serie di rapporti che chiarivano una frenetica attività investigativa… ma senza nessun risultato positivo. Roic rimase nervoso per tutto il breve tragitto dall’accesso all’Idra al portello della Kestrel, tenendo d’occhio la scorta armata quad, quasi con lo stesso sospetto con cui scrutava ogni ombra e ogni incrocio di corridoi. Finalmente giunsero a destinazione senza ulteriori incidenti.
— Sarebbe difficile ottenere da Greenlaw il permesso di sottoporre Dubauer a penta-rapido? — chiese Miles a Bel, mentre entravano nel portello della Kestrel.
— Be’, ci vuole un ordine del tribunale. E per averlo dovremmo convincere un giudice quad.
— Hm. Mi viene in mente un’alternativa più semplice: tendere un agguato a Dubauer, addormentarlo e portarcelo a bordo dell’Idris.
— Sì, tipico di te — sospirò Bel. — Ma mi costerebbe il posto, se Watts scoprisse che ti ho aiutato. Se Dubauer è innocente, certamente si lamenterebbe con le autorità quad.
— Dubauer non è innocente. Come minimo, ha mentito sul suo carico.
— Non necessariamente. Il suo documento di carico dice soltanto: Mammiferi, geneticamente modificati, assortiti. Non puoi dire che non siano mammiferi.
— Allora diciamo che è colpevole di traffico di minori per scopi immorali. Traffico di schiavi. Diavolo, a qualcosa penserò. — Miles fece cenno a Roic e Bel di aspettare, poi si sedette nel quadrato della Kestrel.
Aggiustò il cono di sicurezza e respirò a fondo, tentando di mettere un po’ in ordine i suoi pensieri tumultuosi. Non c’era un modo più rapido di far arrivare un messaggio a fascia stretta, per quanto in codice, dallo Spazio Quad a Barrayar che attraverso il sistema di collegamento commerciale. I fasci contenenti i messaggi erano inviati alla velocità della luce attraverso lo spazio locale fra le stazioni di salto iperspaziale. I messaggi arrivati durante l’ora o il giorno precedente erano raccolti dalla Stazione e caricati o su navi appositamente dedicate allo scopo, navi comunicazione che saltavano avanti e indietro a orari regolari per rilasciare il fascio di messaggi verso la postazione successiva, o, su rotte meno trafficate, sulla prima nave che effettuava il balzo. Per andare e tornare dallo Spazio Quad a Barrayar un messaggio avrebbe impiegato diversi giorni, se tutto andava bene.
Indirizzò il messaggio all’Imperatore Gregor, al capo di ImpSec Allegre, e al Quartier Generale delle operazioni galattiche di ImpSec su Komarr. Dopo avere fatto un breve riassunto della situazione, comprese ampie rassicurazioni sulla sua salute dopo l’attentato, descrisse Dubauer quanto più dettagliatamente possibile, e il sorprendente carico che aveva trovato a bordo dell’Idris. Chiese poi un rapporto particolareggiato delle nuove tensioni con i cetagandani cui Gregor aveva alluso, e allegò la richiesta urgente di sapere se e quali agenti i cetagandani ci fossero nello Spazio Quad. Fece passare il tutto attraverso il codificatore della Kestrel e lo inviò.
E adesso doveva aspettare una risposta che poteva anche essere del tutto inconcludente? No…
Fece un salto sulla sedia sentendo pulsare il suo comunicatore da polso. Deglutì e lo attivò. — Vorkosigan.
— Ciao, Miles. — Era la voce di Ekaterin; il suo battito cardiaco rallentò. — Hai un momento?
— Non solo: ho la comconsolle della Kestrel tutta per noi, per quanto sia difficile da credere.
— Oh! Solo un secondo, allora… — Il canale sul comunicatore da polso venne chiuso. Subito dopo, il volto e il busto di Ekaterin comparvero sul video. Indossava di nuovo quell’abito blu ardesia che le stava tanto bene. — Eccoti. Così è molto meglio. — Sospirò la moglie.
— Be’, non proprio. — Miles portò la mano alle labbra e trasferì un bacio all’immagine di lei. — Dove sei? — chiese.
— Nella mia cabina sulla Prince Xav. L’ammiraglio Vorpatril me ne ha data una molto carina. Temo che abbia sloggiato un ufficiale, poveretto. Tu stai bene? Hai cenato?
— Cenato?
— Oh, santo cielo, conosco quello sguardo. Prima di ricominciare a lavorare, fatti portare un vassoio di razioni.
— Sì, amore — le rispose sorridendo. — E tu stai studiando il modo migliore di fare la madre?
— In realtà, fare la madre credo che sia più che altro una specie di servizio pubblico. E tu hai scoperto qualcosa di interessante e utile?
— Interessante è dir poco… Be’, non ne sono sicuro. — Descrisse la sua scoperta a bordo dell’Idris, in termini solo leggermente più coloriti di quelli che aveva utilizzato nel messaggio inviato a Gregor.
Ekaterin spalancò gli occhi. — Santo cielo! E io ero tutta eccitata perché pensavo di avere trovato un indizio per te! Temo che il mio sia solo un pettegolezzo, in confronto.
— Spettegola pure senza problemi.
— È solo una cosa che ho sentito a cena con gli ufficiali di Vorpatril. Mi sembrano delle persone gradevoli, devo dire.
Scommetto che hanno fatto i salti mortali per sembrarti gradevoli. Lei era una bella donna, colta, aveva l’aria di casa, ed era la prima donna cui la maggior parte di loro avesse parlato da settimane. Ed era sposata all’Ispettore Imperiale. Eh. Mangiatevi le unghie, ragazzi.
— Ho cercato di farli parlare del tenente Solian, ma quasi nessuno di loro lo conosceva. A parte uno: si ricordava che Solian si era dovuto assentare da una riunione settimanale degli ufficiali della Sicurezza perché aveva cominciato a sanguinargli il naso. Da quel che ho capito Solian era più imbarazzato e irritato che allarmato. Ma ho pensato che potrebbe essersi trattato di un problema passeggero. Nikki ha avuto lo stesso problema per un po’, e anch’io quando ero bambina, per un paio d’anni, ma poi la cosa è scomparsa. Però se Solian è andato a farsi curare dall’infermiere della sua nave, questa potrebbe essere stata l’occasione per qualcuno di impossessarsi di un campione del suo sangue per duplicarlo. — Fece una pausa. — In realtà, ora che ci penso, non sono sicura che questa notizia possa esserti di qualche aiuto. Chiunque potrebbe avere recuperato un fazzoletto sporco di sangue da un cestino della carta straccia. Però, se gli sanguinava il naso, almeno doveva essere ancora vivo. Mi sembrava un buon segno. — Si incupì. — O forse no.
— Grazie — disse Miles sinceramente. — Ancora non so se sia un buon segno, ma mi ha dato un’altra ragione per andare a parlare con gli infermieri. Bene! — Lei lo ricompensò con un sorriso. Poi aggiunse: — E se ti vengono delle idee sul carico di Dubauer, non farti problemi a parlarmene. Anche se solo con me, per il momento.
— Capisco. — Il suo sguardo si incupì. — È molto strano. Non strano che quel carico esista… voglio dire, se tutti i bambini haut vengono concepiti e geneticamente modificati in un unico centro, come mi ha descritto la huat Pel tua amica al matrimonio di Gregor, le genetiste haut devono esportare in continuazione migliaia di embrioni dal Nido Celeste ai mondi periferici.
— Non in continuazione — ribatté Miles. — Una volta all’anno. Le navi con gli embrioni haut partono contemporaneamente per le loro colonie. Questo dà alle consorti planetarie come Pel, che devono accompagnarle, l’occasione di incontrarsi e consultarsi.
Ekaterin annuì. — Ma portare il carico fin qui… e con un unico addetto alla loro sorveglianza… se il tuo Dubauer, o chiunque sia, si porta davvero dietro mille feti, non importa se umani, o ghem, o huat, o quello che vuoi, ci dovranno essere diverse centinaia di nutrici pronte ad aspettarli da qualche parte.