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Si rigirò nella branda, conscio di quanto si sentisse solo nel silenzio della cabina senza il rassicurante respiro di Ekaterin accanto a sé. Gradualmente si era abituato a quella presenza notturna, un’abitudine tra le più belle della sua vita. Toccò il crono che aveva al polso e sospirò: a quell’ora lei probabilmente dormiva e non voleva svegliarla. Allora ricalcolò il conto dei giorni che mancavano all’apertura dei contenitori di Aral Alexander ed Helen Natalia. Ogni giorno che perdeva lì, il margine di tempo si faceva più stretto.

Il suo cervello stava componendo un motivetto di una vecchia ninna nanna, quando pietosamente si addormentò.

— Milord?

Miles si svegliò immediatamente nell’udire la voce di Roic all’interfonico della cabina. — Sì?

— C’è il medico di bordo della Prince Xav stilla comconsolle protetta. Gli ho detto di attendere. Sapevo che se avesse chiamato, lei voleva essere svegliato.

— Sì. — Miles guardò i numeri luminosi del crono da muro: aveva dormito circa quattro ore. Più che a sufficienza. Tese una mano verso la sua casacca. — Sto arrivando.

Roic, ancora in uniforme, attendeva nel piccolo quadrato, che stava diventando sempre più familiare a Miles.

— Mi sembrava di averti detto di dormire un po’ — disse Miles. — Domani, voglio dire oggi, potrebbe essere una giornata lunga.

— Ho controllato le registrazioni video della Rudra, Milord. E penso di avere trovato qualcosa.

— D’accordo. Me la mostrerai dopo. — Scivolò nella sedia, accese il cono di sicurezza e attivò l’immagine.

Il medico capo della flotta, che aveva il grado di capitano a giudicare dalle mostrine sul colletto della sua uniforme verde, sembrava uno dei giovani Uomini Nuovi del regno progressista dell’Imperatore Gregor. — Signore Ispettore, sono il capitano Chris Clogston. Ho i risultati dei suoi campioni di sangue.

— Eccellente. Che cosa ha trovato?

Il medico si chinò in avanti. — La più interessante era la macchia sul suo fazzoletto. Direi che si tratta di sangue haut cetagandano, senza dubbio, ma i cromosomi sessuali sono molto strani: invece del solito paio di cromosomi extra, dove in genere assemblano le loro modificazioni genetiche, ce ne sono due.

Miles sorrise. — Esatto. Si tratta di un modello sperimentale. Haut cetagandano, certo, ma questo è un ba, privo di genere, e quasi certamente proveniente dal Nido Celeste stesso. Congeli una porzione di quel campione, lo classifichi top secret, e lo spedisca a casa, ai laboratori di ImpSec con il primo corriere disponibile, e con i miei complimenti. Sono sicuro che lo vorranno per i loro archivi.

— Sì, Milord.

Nessuna meraviglia che Dubauer avesse cercato a tutti i costi di recuperare quel fazzoletto insanguinato. Anche lasciando da parte il fatto che avrebbe potuto svelare la sua copertura, il risultato del lavoro sui geni, effettuato a quel livello nel Nido Celeste, non era una cosa che le dame haut avessero piacere di rendere noto. Certo, le dame haut riservavano la maggiore vigilanza ai geni che immettevano nel loro ben vigilato genoma, un’opera d’arte che poteva contare sulle esperienze del lavoro di molte generazioni. Miles si chiese quanto gli avrebbe fruttato fare delle copie pirata di quelle cellule che aveva raccolto inavvertitamente. Ma forse no… quel ba non era il loro lavoro più recente. In effetti, era vecchio di quasi un secolo, ormai. Il loro lavoro più recente si trovava nella stiva dell’Idra!

— L’altro campione — continuò il medico — era Solian II, intendo dire, il sangue sintetizzato del tenente Solian. Identico al campione precedente… prodotto nello stesso momento, direi.

— Bene! Finalmente stiamo arrivando a qualcosa. — A cosa, per Dio? — Grazie, capitano. Il suo aiuto è stato prezioso. Adesso vada a dormire, se lo è guadagnato.

Il medico, un po’ deluso per quello sbrigativo congedo, fatto senza ulteriori spiegazioni, chiuse la comunicazione.

Miles si girò verso Roic in tempo per vedergli soffocare uno sbadiglio. L’armiere assunse un’aria imbarazzata, e si raddrizzò sulla sedia.

— Allora, che cos’hai scoperto? — lo sollecitò Miles.

Roic si schiarì la gola. — Il passeggero Firka si è imbarcato sulla Rudra dopo la data di partenza programmata, approfittando del ritardo causato per le riparazioni.

— Uhm, e questo vuol dire che non avesse progettato da tempo il suo viaggio. Vai avanti.

— Ho filtrato un buon numero di registrazioni del tizio che esce ed entra nella nave prima che venisse sequestrata. A quanto sembra usava la sua cabina come albergo, ma la cosa non sorprende perché lo fanno in molti per risparmiare. Tuttavia, due delle sue uscite si sovrappongono ai momenti in cui il tenente Solian era fuori dall’Idris… la prima, durante quell’ultima ispezione di routine del carico, l’altra, proprio nei quaranta minuti in cui Solian non ha lasciato tracce.

— Oh, meraviglioso. E che aspetto ha quel Firka?

Roic trafficò per un attimo sulla consolle e fece apparire un’inquadratura a figura intera ottenuta dalle telecamere della Rudra.

L’uomo era alto, di un pallore malsano, capelli scuri rasati quasi a zero, con il risultato di sembrare dei licheni su un masso. Naso grande, orecchie piccole, un’espressione lugubre su un volto che sembrava di gomma… in effetti, appariva molto teso, con gli occhi circondati da occhiaie scure. Braccia e gambe lunghe e magre: una casacca informe o un poncho nascondevano i dettagli del suo corpo. Le mani e i piedi erano particolarmente grandi, e Miles ingrandì l’immagine per poterli osservare meglio. Una mano era coperta da un guanto con le punte delle dita tagliate, ma l’altra era nuda e mezza sollevata, e si distinguevano chiaramente le membrane interdigitali fra le lunghissime dita. Ai piedi portava dei flosci stivali legati alle caviglie, ma si vedeva che erano lunghi il doppio di un piede normale, e quindi era possibile che in acqua potesse allargare le dita dei piedi, formando una specie di pinna per nuotare velocemente.

Gli tornò in mente la descrizione che gli aveva fatto Ekaterin dello strano passeggero che aveva fermato lei e Bel il primo giorno che erano usciti: Aveva delle mani e dei piedi lunghissimi e molto stretti. Avrebbe dovuto far vedere a Bel quell’immagine prima possibile.

Miles lasciò che il video proseguisse. Il tizio camminava in modo strano, sollevando e riappoggiando quei piedoni un po’ come un clown.

— Da dove viene? — chiese Miles a Roic.

— I suoi documenti, sempre che siano autentici, dimostrano che è un cittadino di Aslund. — Roic lo disse con un’espressione d’incredulità.

Aslund era un pianeta vicino a Barrayar, un mondo agricolo, molto povero, in un vicolo cieco spaziale che si diramava dal Mozzo di Hegen.

— Uhm, quasi a casa nostra.

— Non lo so, Milord. Alla Stazione Graf è sbarcato da una nave proveniente da Tau Ceti, che è arrivata qui il giorno prima di quello in cui la nostra flotta avrebbe dovuto partire. Ma chissà se il suo viaggio è cominciato proprio da Tau Ceti.

— Scommetto di no. — Miles cercò di ricordare se ci fosse un mondo acquatico da qualche parte, ai margini del complesso iperspaziale, dove i coloni avevano scelto di modificare e adattare all’ambiente i propri corpi invece che piegarlo alle loro esigenze, ma non gliene venne in mente nessuno. Poteva anche darsi che Firka fosse un esperimento, o un prototipo di qualche tipo. Ma nessuna delle due ipotesi era compatibile con l’origine su Aslund. Anche se poteva essere un immigrato… Miles prese mentalmente nota di chiedere a ImpSec un controllo sulla provenienza di quell’individuo in occasione del primo contatto, anche se la risposta sarebbe arrivata troppo tardi per essergli di aiuto. O, almeno, sperava di avere risolto quel pasticcio e di essere partito prima del ritorno del rapporto.