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Sexton si accorse che gli occhi di Gabrielle, dalla cabina di regia, lo sollecitavano a lasciar perdere, ma lui già assaporava il gusto del sangue. «Sono curioso di sapere quanto lei influisca sulle decisioni del presidente di continuare a finanziare questa agenzia chiaramente allo sbando.»

La Tench scosse la testa. «Anche il presidente ha grande fiducia nella NASA. E decide autonomamente.»

Sexton stentava a credere alle sue orecchie. Aveva appena offerto a Marjorie Tench la possibilità di esonerare in parte il presidente addossando su di sé la colpa dei finanziamenti alla NASA ma lei, invece di coglierla al volo, ributtava ogni responsabilità su Herney. "Il presidente decide autonomamente." A quanto pareva, la Tench stava già cercando di prendere le distanze da quella disastrosa campagna elettorale. Non c'era da sorprendersi. Dopotutto, quando si fosse placato il polverone, Marjorie Tench avrebbe dovuto cercarsi un nuovo lavoro.

Nei minuti successivi, i due si limitarono a schivare i colpi dell'avversario. La Tench fece qualche debole tentativo di cambiare argomento, ma Sexton continuò a torchiarla sul bilancio della NASA.

«Senatore» disse a un certo punto il consigliere del presidente «lei vuole tagliare i fondi alla NASA, ma ha idea di quanti posti di lavoro ad alta specializzazione andrebbero perduti?»

Per poco Sexton non le rise in faccia. "E questa passa per una delle menti più brillanti di Washington?" Era evidente che la Tench aveva molto da imparare sui dati economici del paese. I lavori ad alta specializzazione non avevano alcun peso in confronto all'enorme numero di tute blu americane.

Sexton insistette. «Qui si sta parlando di miliardi di risparmio, Marjorie, e se il risultato è che un pugno di scienziati della NASA dovranno salire sulla loro BMW e mettersi sul mercato, sia pure. Io mi impegno a essere molto attento alla spesa.»

Marjorie Tench rimase in silenzio, come se stesse cercando di riprendersi da quel colpo.

Il conduttore della CNN la pungolò. «Signora Tench? La sua reazione?»

La donna si schiarì la voce prima di parlare. «Direi che mi sorprende sentire che il signor Sexton vuole ergersi a paladino della lotta contro la NASA.»

Sexton strinse gli occhi. "Bel colpo, signora." «Io non sono anti-NASA, e l'accusa mi offende. Sto semplicemente dicendo che il bilancio dell'agenzia è un esempio della disattenzione dimostrata dal presidente nei confronti della spesa pubblica. La NASA diceva di poter costruire lo shuttle con cinque miliardi di dollari, e ne è costato dodici. Diceva di poter costruire la stazione spaziale con otto miliardi, e siamo arrivati a cento.»

«L'America è il leader mondiale perché si pone obiettivi ambiziosi e li persegue anche in tempi difficili» controbatté la Tench.

«Questi discorsi sull'orgoglio nazionale non attaccano con me, Marge. Negli ultimi due anni, la NASA ha speso il triplo dei fondi che le sono stati assegnati, e poi è strisciata dal presidente con la coda tra le gambe per chiedere altri soldi per riparare agli errori. Sarebbe questo l'orgoglio nazionale? Se vuole parlare di orgoglio nazionale, parli di una scuola che funziona, dell'assistenza gratuita per tutti, di bambini intelligenti che crescono in un paese ricco di opportunità. Questo è l'orgoglio nazionale!»

La Tench parve furibonda. «Posso rivolgerle una domanda secca, senatore?»

Sexton non rispose. Si limitò ad aspettare.

La donna scandì bene le parole, malgrado l'interruzione di qualche colpo di tosse. «Senatore, se le dicessi che non siamo in grado di esplorare lo spazio spendendo meno di quanto facciamo, lei sosterrebbe la necessità di chiudere una volta per tutte la NASA?»

La domanda atterrò come un macigno sul grembo di Sexton. Forse la Tench non era poi tanto stupida, in fin dei conti. Aveva appena distratto Sexton con una bordata angolata, una mossa accuratamente studiata per costringere l'avversario a buttarsi da una parte o dall'altra della rete, e quindi a ribattere un secco "sì" oppure "no".

D'istinto, Sexton cercò di schivare il colpo. «Non dubito che, con una gestione oculata, la NASA possa esplorare lo spazio spendendo molto meno di quello che attualmente…»

«Senatore Sexton, risponda alla mia domanda. L'esplorazione dello spazio è un'impresa che comporta rischi e alti costi. Assomiglia molto alla costruzione di un aereo passeggeri. O lo si fa bene, o è meglio evitare. I rischi sono troppo grandi. La mia domanda resta: se lei diventasse presidente e dovesse affrontare la decisione di continuare a finanziare la NASA all'attuale livello o cancellare completamente il programma spaziale statunitense, che cosa sceglierebbe?»

"Merda." Sexton guardò Gabrielle oltre il vetro. I suoi occhi riflettevano ciò che Sexton già sapeva. "Hai preso un impegno. Sii diretto. Niente tentennamenti." Sexton sollevò il mento. «Sì, trasferirei l'attuale budget della NASA al nostro sistema scolastico, se mi trovassi ad affrontare tale decisione. Voterei per i nostri bambini anziché per lo spazio.»

Sul viso di Marjorie Tench si dipinse un'espressione di assoluto sconcerto. «Sono sbalordita. Ho sentito bene? Se lei diventasse presidente deciderebbe di abolire il programma spaziale di questa nazione?»

Sexton si sentì ribollire di rabbia. La Tench stava mettendogli in bocca parole che non aveva pronunciato. Cercò di controbattere, ma la donna aveva già ripreso il discorso.

«Quindi lei sta dicendo, tanto per chiarire, che farebbe a meno dell'agenzia che ha mandato l'uomo sulla Luna?»

«Sto dicendo che la corsa alla conquista dello spazio è finita! I tempi sono cambiati. La NASA non svolge più un ruolo fondamentale nella vita quotidiana degli americani, eppure continuiamo a finanziarla come prima.»

«Dunque lei non crede che lo spazio possa rappresentare il futuro?»

«Certo che lo spazio rappresenta il futuro, ma la NASA è un dinosauro! Lasdamo che sia il settore privato a esplorare lo spazio. Non si può chiedere ai contribuenti americani di aprire il portafoglio ogni volta che a un ingegnere di Washington salta in mente di scattare una fotografia da un miliardo di dollari a Giove. Gli americani sono stufi di sacrificare il futuro dei loro figli per un'agenzia antiquata che dà tanto poco in cambio di finanziamenti colossali!»

Marjorie Tench sospirò con fare teatrale. «Poco, dice? A eccezione forse del programma SETI, la NASA ha avuto ritorni straordinari.»

Sexton era sbalordito che dalle labbra della Tench fosse sfuggito quel richiamo a SETI. "Grazie per avermelo ricordato." Il Search for Extraterrestrial Intelligence, un progetto di ricerca di forme di vita extraterrestri intelligenti, era stato il più abissale pozzo mangiasoldi della NASA. Anche se l'agenzia aveva cercato di dare nuovo lustro al progetto rinominandolo "Origins" e modificandone in parte gli obiettivi, rimaneva comunque lo stesso gioco d'azzardo senza possibilità di vincita.

«Marjorie» disse Sexton, cogliendo l'occasione al volo «parlo di SETI soltanto perché l'ha tirato fuori lei.»

Stranamente, la Tench si mostrò curiosa di sentire le sue argomentazioni.

Sexton si schiarì la voce. «Molti dimenticano che la NASA cerca ormai da trentacinque anni forme di vita extraterrestre. È una caccia al tesoro estremamente costosa: parabole satellitari, enormi radiotelescopi, stipendi milionari a scienziati che se ne stanno seduti al buio ad ascoltare nastri che non hanno registrato niente. Uno spreco di risorse a dir poco scandaloso.»

«Dunque, lei sostiene che non c'è nulla lassù?»

«Sostengo che se un'altra agenzia governativa avesse speso quarantacinque milioni di dollari in trentacinque anni senza aver prodotto un solo risultato, sarebbe stata soppressa molto tempo fa.» Fece una pausa per enfatizzare la sua dichiarazione. «Dopo trentacinque anni, mi pare assolutamente ovvio che non troveremo tracce di vita extraterrestre.»