"Sexton negherebbe."
Era davvero quello il suo primo istinto riguardo al candidato che appoggiava?
"Sì. Mentirebbe… in modo estremamente convincente."
Se le foto fossero arrivate ai media senza che Gabrielle confessasse la relazione, il senatore avrebbe dichiarato con fermezza che erano un vergognoso falso. Nell'epoca del fotomontaggio digitale, basta navigare in rete per vedere dozzine di fotografie abilmente ritoccate di teste di personaggi celebri inserite sul corpo di altre persone, spesso divi della pornografia ripresi in atti osceni. Gabrielle aveva già visto di persona la capacità del senatore di fissare la telecamera e mentire con convinzione sul loro rapporto, e non dubitava che sarebbe riuscito a persuadere il mondo intero che quelle foto erano un vile tentativo per distruggergli la carriera. Sexton avrebbe reagito con stizzosa indignazione, forse arrivando al punto di insinuare che era stato il presidente in persona a ordinare la contraffazione.
"Non c'è da meravigliarsi che la Casa Bianca non le abbia rese pubbliche." Capì che quelle foto avrebbero potuto ritorcersi contro il presidente, proprio com'era successo con l'accusa iniziale. Per quanto apparissero autentiche, non costituivano una prova conclusiva.
D'un tratto, sentì crescere la speranza.
"La Casa Bianca non è in grado di dimostrare nulla!"
Il gioco della Tench era stato spietato quanto semplice: "Confessa la relazione se non vuoi che Sexton finisca in prigione". All'improvviso, il quadro si compose davanti ai suoi occhi. La Casa Bianca aveva bisogno che lei ammettesse la storia, perché altrimenti quelle foto non valevano nulla. Un barlume di ottimismo le migliorò l'umore.
Mentre il treno si fermava e si aprivano le porte, un'altra porta lontana si dischiuse nella sua mente, rivelando una possibilità nuova e rassicurante.
"Forse è falsa anche tutta la storia dei finanziamenti illeciti."
In fin dei conti, che cosa aveva visto? Anche in quel caso, nulla di definitivo: copie di estratti conto bancari, una foto sgranata di Sexton in un garage. Roba facilmente falsificabile. Forse la Tench, astutamente, nella stessa seduta le aveva mostrato una documentazione finanziaria fasulla insieme alle autentiche fotografie degli atti sessuali, nella speranza che lei avrebbe preso per buono l'intero pacchetto. Veniva definita "autenticazione per associazione", e i politici la usavano in continuazione per far passare concetti dubbi.
"Sexton è innocente" si disse Gabrielle. La Casa Bianca, in grande difficoltà, aveva deciso di giocare pesante costringendo lei a confessare in pubblico la relazione con il senatore. C'era bisogno che lei abbandonasse Sexton ufficialmente, e in seguito a uno scandalo. "Se ne vada finché può" le aveva raccomandato la Tench. "Ha tempo fino a stasera alle otto." La scadenza ultima dei saldi. "Tutto quadra" pensò.
"Tranne una cosa…"
Il solo elemento discordante del mosaico era rappresentato dalle e-mail anti-NASA inviatele dalla Tench. Facevano pensare che l'agenzia spaziale volesse costringere Sexton a consolidare la sua posizione anti-NASA per poterla poi usare contro di lui. Ma era proprio così? Gabrielle si rese conto che anche le e-mail potevano avere una spiegazione logica.
E se non fosse stata la Tench a scriverle?
La Tench poteva avere scoperto che un traditore dello staff aveva mandato quei dati a Gabrielle, l'aveva licenziato, poi si era inserita nel gioco inviando l'ultimo messaggio lei stessa e convocando Gabrielle per una riunione. "Può aver finto di essere stata lei a lasciar trapelare i dati sulla NASA per avere modo di incastrarmi."
Il sistema idraulico della metropolitana sibilò in L'Enfant Plaza.
Gabrielle fissò il marciapiede, la mente presa in un vortice di pensieri. Non sapeva se i suoi fossero sospetti fondati o soltanto pie illusioni ma, comunque stessero le cose, era certa di dover parlare con il senatore al più presto, fosse o non fosse una serata IP.
Afferrò la cartella delle foto e si scaraventò giù dal treno, proprio mentre le porte si chiudevano. Aveva una nuova destinazione.
Westbrooke Place Apartments.
51
Combatti o fuggi.
Come biologo, Tolland conosceva le trasformazioni fisiologiche che intervengono quando un organismo percepisce il pericolo. L'adrenalina invade la corteccia cerebrale, aumentando il ritmo cardiaco e ordinando al cervello di fare la scelta più antica e intuitiva: combattere o fuggire.
L'istinto gli suggeriva di fuggire, ma la ragione gli diceva che era ancora legato a Norah Mangor, e che, comunque, non c'era nessun posto in cui rifugiarsi. L'unico riparo era costituito dall'habisfera, ma gli aggressori, chi diavolo mai fossero, si erano posizionati in alto sul ghiacciaio, escludendo quella possibilità. Alle sue spalle, la landa di ghiaccio si apriva in un pianoro lungo tre chilometri per terminare con una scarpata a picco sul mare gelido. Fuggire in quella direzione significava soccombere alla furia degli elementi. A parte le barriere concrete, sapeva di non poter abbandonare gli altri. Norah e Corky erano ancora allo scoperto, anche se legati a loro.
Tolland rimase vicino a Rachel mentre i proiettili di ghiaccio continuavano a colpire il fianco della slitta capovolta. Frugò tra l'attrezzatura sparsa, in cerca di un'arma, una pistola lanciarazzi, una radio… qualsiasi cosa.
«Corri!» gli gridò Rachel, ancora ansimante.
Poi, inaspettatamente, la gragnola di proiettili cessò. Malgrado il vento impetuoso, la serata parve tornare tranquilla… come se la tempesta si fosse allontanata.
Fu allora che, guardando con cautela intorno alla slitta, Tolland scorse una delle immagini più raggelanti che avesse mai visto.
Scivolando senza sforzo fuori dal perimetro scuro verso la luce, emersero tre figure spettrali che si avvicinavano sugli sci. Indossavano tute bianche per climi estremi. Non avevano racchette, ma fucili piuttosto grandi, che Tolland non aveva mai visto. Anche gli sci erano strani, futuristici e corti, più simili a Rollerblade.
Con calma, quasi sapessero di avere già vinto la battaglia, le figure si fermarono a fianco della vittima più vicina a loro, Norah Mangor, che giaceva in stato di incoscienza. Tolland, terrorizzato, si mise in ginocchio e sbirciò oltre la slitta, verso gli aggressori, che gli restituirono lo sguardo attraverso strani occhialini elettronici. Non si dimostravano interessati a lui.
Almeno per il momento.
Delta-Uno non provò alcun rimorso nel guardare la donna che giaceva priva di conoscenza davanti a lui. Era stato addestrato a eseguire gli ordini, senza chiederne ragione.
La donna indossava una spessa tuta termica nera. Aveva una ferita su un lato del viso e il respiro corto e stentato. Uno dei fucili da ghiaccio IM aveva colpito il bersaglio, facendole perdere i sensi.
A quel punto, occorreva terminare il lavoro.
Mentre Delta-Uno si inginocchiava accanto alla donna, i compagni puntavano i fucili sugli altri bersagli: uno sul piccoletto svenuto, disteso lì accanto, e l'altro sulla slitta rovesciata, dietro cui stavano nascoste le altre due vittime. I suoi uomini avrebbero potuto tranquillamente proseguire per concludere l'operazione, ma le altre tre persone non erano armate e non potevano scappare. Era imprudente affrettarsi a farle fuori subito. "Non distogliere mai l'attenzione a meno che non sia strettamente necessario. Concentrarsi su un avversario alla volta." Gli uomini della Delta Force si sarebbero attenuti alle istruzioni, uccidendo quelle persone una alla volta. Le avrebbero fatte fuori senza lasciare alcuna traccia, come per magia.
Accovacciandosi vicino alla donna svenuta, Delta-Uno sfilò i guanti termici e raccolse una manciata di neve. La premette bene, poi, spalancata la bocca alla sua vittima, gliela spinse in gola. Le riempì la bocca, calcandogliela fin nella trachea. Sarebbe morta nel giro di tre minuti.