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— Dopo lo scontro con Minchenko, sono stufo di doverne discutere — disse Van Atta. — Ho pregato la dottoressa Yei di farlo. Può chiamarli nel proprio ufficio a piccoli gruppi, consegnando anche i piani di evacuazione individuale e dei dipartimenti. Molto più efficiente.

E così il bellissimo piano di Silver e Leo per disfarsi pacificamente dei terricoli, partorito dopo quattro riunioni segrete, scompariva in un soffio. Sprecate le adulazioni, i suggerimenti indiretti con i quali avevano convinto Van Atta dell’idea di riunire l’intero personale terricolo dell’Habitat, per dare l’annuncio con un discorso che li avrebbe persuasi a non sentirsi condannati… ma lodati…

Le cariche destinate a staccare il modulo dell’aula magna dall’Habitat semplicemente sfiorando un bottone erano già state piazzate. I respiratori di emergenza per fornire ossigeno ai quasi trecento corpi per le poche ore necessarie a spingere il modulo verso la Stazione di Trasferimento erano state accuratamente nascoste all’interno dell’aula. I due equipaggi dei rimorchiatori erano in stato di all’erta e i loro mezzi erano riforniti e pronti a entrare in azione.

Che sciocco era stato a predisporre dei piani che dipendevano dall’adesione di Van Atta… all’improvviso, Leo si sentì male.

Non restava altro che il piano di ripiego, quello di emergenza che avevano discusso e scartato come troppo pericoloso, con risultati potenzialmente incontrollabili. Con dita rigide, staccò le cinghie e l’imbracatura, e le riagganciò ai sostegni posti sul nastro scorrevole.

— Non ha fatto neppure un’ora — disse Van Atta.

— Credo di essermi fatto male al ginocchio — mentì Leo.

— Non mi sorprende. Crede che non sappia che ha saltato le sedute di ginnastica? Solo non cerchi di fare causa alla GalacTech, perché saremo in grado di provare che si tratta di negligenza personale. — Van Atta fece un sorrisetto e continuò a marciare.

Leo si fermò. — A proposito, sa che i Depositi di Rodeo hanno inviato per sbaglio un carico di cento tonnellate di benzina sull’habitat? E lo metteranno in conto a noi.

— Che cosa?

E mentre si voltava, Leo ebbe la piccola soddisfazione personale di sentire il nastro di Van Atta che si fermava e lo schiocco delle cinghie staccate troppo in fretta che frustavano l’uomo che le indossava. — Ehi! — esclamò Van Atta.

Leo non si voltò.

Il dottor Curry andò incontro a Claire quando arrivò all’appuntamento in infermeria. — Oh, bene, sei in orario.

Claire guardò lungo il corridoio e i suoi occhi scrutarono la stanza in cui il dottor Curry l’aveva fatta entrare. — Dov’è il dottor Minchenko? Pensavo che fosse qui.

Il dottor Curry arrossì leggermente. — Il dottor Minchenko è nel suo alloggio. Non prenderà servizio.

— Ma io volevo parlargli…

Curry si schiarì la gola. — Ti hanno spiegato le ragioni di questo appuntamento?

— No… ho pensato che si trattasse di altre medicine per il seno.

— Ah, capisco.

Claire attese, ma lui non aggiunse altro. Invece si diede da fare con un vassoio di strumenti, posandolo sulle strisce di velcro e infilando i ferri nello sterilizzatore, senza incontrare lo sguardo di Claire. — Be’, è una cosa assolutamente non dolorosa.

Una volta, lei non avrebbe fatto domande, ma si sarebbe sottomessa docilmente: aveva subito innumerevoli test medici a lei ignoti, che erano cominciati ancor prima che la estraessero dal simulatore uterino, il grembo artificiale nel quale era avvenuta la sua gestazione, in una sezione ormai chiusa di quella stessa infermeria. Una volta, lei era stata una persona diversa, prima del disastro sul pianeta con Tony. E dopo di allora per un po’ era stata sul punto di non essere più nulla. Ora si sentiva stranamente eccitata, come se si trovasse sull’orlo di una rinascita. La sua prima nascita era stata meccanica e indolore, e forse per questa ragione non era profondamente radicata nella sua mente…

— Che cosa… — cominciò con voce stridula… una voce troppo sommessa. Alzò il tono, che risultò troppo forte alle sue orecchie. — Qual è la ragione di questo appuntamento?

— Solo un semplice intervento locale a livello addominale — disse vago il dottor Curry. — Non ci metterò molto. Non devi neppure spogliarti, tira su la maglietta e cala un poco i calzoncini. Adesso ti preparo. Ti immobilizzerò sotto lo schermo di aria sterile, nel caso che scappasse qualche goccia di sangue.

Tu non mi immobilizzerai… - Di che intervento si tratta?

— Non sentirai nulla e non ti farà assolutamente male. Vieni, adesso. — Sorrise, schiacciando il pulsante dello schermo che apparve sulla parete.

— Che cos’è? — ripeté Claire senza muoversi.

— Non posso discuterne. È… un’informazione riservata. Mi spiace. Dovrai chiederlo… al signor Van Atta o alla dottoressa Yei o a qualcun altro. Facciamo così, subito dopo ti manderò dalla dottoressa Yei, così potrai parlarle, va bene? — Si umettò le labbra, mentre il suo sorriso si faceva sempre più nervoso.

— Non chiederei… — Claire annaspò in cerca di un’espressione che aveva udito una volta da un terricolo, — non chiederei nemmeno l’ora a Bruce Van Atta.

Il dottor Curry rimase letteralmente esterrefatto. — Oh — mormorò non proprio a bassa voce, — mi chiedevo perché tu fossi la seconda della lista.

— Chi era la prima? — chiese Claire.

— Silver, ma quell’ingegnere istruttore le ha affidato non so quale incarico. È un’amica tua, vero? Così potrai dirle che non fa male.

— Non mi importa… non me ne frega niente se fa male, voglio sapere che cos’è. — Socchiuse gli occhi, mentre finalmente i pezzi combaciavano. — Le sterilizzazioni! — ansimò. — Avete cominciato le sterilizzazioni!

— Come fai… tu non dovresti… voglio dire, cosa ti fa pensare una cosa simile? — balbettò il dottor Curry.

Claire indietreggiò verso la porta, ma il medico era più vicino e fu più rapido a chiuderla sotto il suo naso. Lei rimbalzò contro il pannello.

— Avanti, Claire, calmati! — ansimò Curry, zigzagando dietro di lei. — Ti farai male senza necessità. Potrei farti un’anestesia generale, ma è meglio per te se ci limitiamo ad una locale mentre te ne stai sdraiata tranquilla. Devo farlo, in un modo o nell’altro…

— Perché deve farlo? — esclamò Claire. — Il dottor Minchenko ha forse dovuto farlo… o è appunto per questa ragione che non è qui? Chi la sta obbligando e come, perché lei debba farlo?

— Se Minchenko fosse qui, non dovrei farlo — sbottò Curry infuriato. — Lui se n’è lavato le mani e ha lasciato a me la patata bollente. Adesso vieni qui, mettiti in posizione sotto lo schermo sterile e lascia che prepari le sonde, o sarò costretto ad essere… ad essere molto duro con te. — Trasse un profondo respiro, per infondersi coraggio.

— Devo — lo schernì Claire, — devo, devo! È sconvolgente pensare ad alcune delle cose che i terricoli pensano di dover fare. Ma quasi mai sono le stesse cose che essi pensano debbano fare i quad. Perché, secondo lei?

Curry sbuffò e strinse le labbra infuriato. Afferrò una siringa ipodermica dal vassoio degli strumenti.

Aveva preparato tutto in anticipo, pensò Claire. L’ha provata nella sua mente… ha deciso ancor prima che arrivassi…

Egli si slanciò contro di lei e le afferrò il braccio superiore sinistro, facendo compiere un rapido arco alla siringa. Claire gli afferrò il braccio destro, rallentando la mossa e bloccandolo; rimasero allacciati per un attimo, con i muscoli che tremavano, roteando lentamente in aria.

Poi lei alzò le mani inferiori, unendole alle superiori. Curry boccheggiò per la sorpresa e per la mancanza d’aria quando lei gli allargò le braccia, vincendo la resistenza dei suoi muscoli di uomo giovane e aitante. Il medico scalciò, colpendola con le ginocchia, ma non avendo un punto a cui appoggiarsi, i colpi non avevano la forza sufficiente per essere efficaci.