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— Non posso, non posso davvero… oh, al diavolo, prendilo! — Era la prima volta che Claire udiva Mamma Nilla imprecare. Ella sganciò il guinzaglio e il fianco sinistro ormai libero venne immediatamente occupato dagli altri bambini.

Gli strilli di Andy si ridussero subito a un pianto soffocato, quando le sue manine si strinsero con forza a lei. Claire lo abbracciò con tutte e quattro le braccia, con uguale forza. Andy afferrò con le manine la maglietta di lei… inutilmente, constatò Claire. Il solo fatto di tenerlo fra le braccia poteva bastarle, ma il contrario non era necessariamente vero. Strofinò il naso in quei capelli morbidi e fini, deliziata dal profumo che sapeva di pulito, dalle sue orecchie finemente cesellate, dalla sua pelle traslucida, dalle ciglia sottili, insomma da ogni più piccola parte di quel corpicino che si agitava convulsamente. Felice, gli asciugò il naso con un angolo della maglietta azzurra che lei aveva indosso.

— È Claire — sentì che spiegava una bimba di cinque anni rivolta ad un’altra. — Lei è una mamma vera — Sollevò lo sguardo e vide che la stava scrutando con aria seria: le bimbe ridacchiarono e lei sorrise. Un bambino di sette anni aveva recuperato il biberon e galleggiava lì vicino, osservando incuriosito Andy.

Il taglio sulla fronte del piccolo quad aveva smesso di sanguinare e Mamma Nilla fu finalmente in grado di portare avanti la conversazione. — Per caso sai dove sia il signor Van Atta? — chiese preoccupata a Claire.

— Se n’è andato — disse Claire in tono gioioso, — andato per sempre. — Stiamo prendendo noi il comando.

Mamma Nilla spalancò gli occhi. — Claire, non vi lasceranno…

— Abbiamo chi ci aiuta. — Fece un cenno rivolta all’altra parte della palestra, dove Leo, con la sua tuta rossa, aveva attratto la sua attenzione… doveva essere appena arrivato. Insieme a lui c’era un’altra figura munita di gambe con una tuta bianca. Che cosa faceva ancora da queste parti il dottor Minchenko? Non poté reprimere una sensazione di paura. Non erano riusciti a liberare l’Habitat dai terricoli? Per la prima volta si domandò perché Mamma Nilla fosse rimasta. — Perché non sei andata alla tua zona di sicurezza? — le chiese.

— Non essere sciocca, cara. Oh, dottor Minchenko! — Mamma Nilla agitò una mano verso di lui. — Da questa parte!

I due terricoli, privi dell’agilità di volo dei quad attraversarono la stanza aggrappandosi a una rete di cavi che percorreva un arco più ampio e raggiunsero il gruppo di Mamma Nilla.

— C’è qui qualcuno che ha bisogno di una medicazione — disse Mamma Nilla al dottor Minchenko, appena questi fu abbastanza vicino da udirla, indicando il piccolo. — Che cosa sta succedendo? Possiamo riportarli senza pericolo al nido?

— Non c’è più pericolo — rispose Leo, — ma lei deve venire con me, signora Villanova.

— Non lascio i miei bambini finché non arriva il cambio — fu l’aspra replica di Mamma Nilla, — e i nove decimi del dipartimento sembrano svaniti, compreso il loro capo.

Leo aggrottò la fronte. — Non ha ancora avuto un colloquio informativo con la dottoressa Yei?

— No…

— Serbavano il meglio per ultimo — disse il dottor Minchenko con aria truce, — per ovvie ragioni. — Si rivolse alla madre del nido. — La GalacTech ha appena dichiarato terminato il Progetto Cay, Liz. Senza nemmeno consultarmi! — E senza mezzi termini, le descrisse il progetto finale. — Stavo inviando una protesta scritta, ma Graf mi ha battuto. E con molta più efficacia, direi. I ricoverati si appropriano dell’ospedale. Graf pensa di riuscire a convertire l’Habitat in una nave colonia. Io credo… ho scelto di credergli.

— Vuol dire che è lei il responsabile di questo pasticcio? — Mamma Nilla guardò infuriata Leo e poi si guardò intorno, chiaramente, sconvolta. — Pensavo che Claire stesse farneticando… — Le altre due madri terrestri del nido si erano unite al gruppo durante la spiegazione ed ora erano sospese in aria, con la stessa espressione sconvolta. — La GalacTech non le ha affidato l’Habitat, vero? — chiese Mamma Nilla con voce flebile.

— No, signora Villanova — spiegò paziente Leo. — Lo stiamo rubando. Ora, siccome non le chiederei mai di lasciarsi coinvolgere in qualcosa di illegale, se vuole seguirmi alle capsule di salvataggio…

Mamma Nilla fece vagare lo sguardo per la palestra. Qualche gruppo di piccoli veniva già condotto via dai quad più grandi. — Ma questi bambini non sono in grado di occuparsi di altri bambini!

— Dovranno farlo — disse Leo.

— No, no… lei non ha idea di quanto sia faticoso e intenso il lavoro di questo dipartimento!

— Non ce l’ha — confermò il dottor Minchenko, sfregandosi pensoso le labbra con un dito.

— Non c’è altra scelta - concluse Leo a denti stretti. — Adesso, bambini, lasciate la signora Villanova: deve andare via — disse, rivolto ai quad che si aggrappavano a lei.

— No! — esclamò quello abbarbicato al suo ginocchio sinistro. — Deve leggerci le storie dopo cena, lo ha promesso! — Il bimbo con il taglio in fronte ricominciò a piangere. Un altro le tirò la manica sinistra e implorò a voce alta: — Mamma Nilla, devo andare al bagno!

Leo si passò le mani tra i capelli, poi si trattenne con uno sforzo visibile. — Deve vestirsi e andare fuori subito, non ho tempo di discutere, signora. Tutte voi — e il suo sguardo furente incluse anche le altre due madri, — muovetevi!

Una luce brillò negli occhi di Mamma Nilla. Distese il braccio a cui era ancora aggrappato il quad che, con occhi azzurri e spaventati, fissava Leo dietro il robusto bicipite di Mamma Nilla. — Allora la porta lei questa piccola al bagno?

La bimba e Leo si guardarono ugualmente terrorizzati. — No di certo — balbettò l’ingegnere, e si guardò intorno. — Lo farà un altro quad. Claire…?

Dopo un’attenta ricerca, Andy scelse proprio quel momento per cominciare il lamento di protesta per la mancanza di latte nel seno della madre, Claire cercò di calmarlo, accarezzandogli la schiena, ma aveva voglia di piangere per la delusione provata dal bambino.

— Immagino — si intromise il dottor Minchenko in tono blando, — che non te la senta di venire con noi, Liz. Naturalmente non si potrebbe più tornare indietro.

— Noi? — Mamma Nilla lo gratificò di uno sguardo tagliente. — Anche lei ha intenzione di continuare con questa follia?

— Penso proprio di sì.

— Allora va bene — accennò di sì con la testa.

— Ma lei non può… — cominciò Leo.

— Graf — lo interruppe il dottor Minchenko, — quel piccolo dramma da depressurizzazione da lei inscenato poco fa, ha indotto per caso queste signore a credere che avrebbero ancora avuto aria da respirare restando con i loro quad?

— Non aveva questo scopo — disse Leo.

— Io non ci ho nemmeno pensato — disse una delle madri, con espressione improvvisamente sconvolta.

— Io sì — disse l’altra, guardando imbronciata l’ingegnere.

— Sapevo che c’erano scorte d’aria di emergenza nel modulo della palestra — disse Mamma Nilla, — fa parte delle esercitazioni regolari, dopo tutto. L’intero dipartimento avrebbe dovuto confluire qui.

— Io li ho dirottati — fu la concisa replica di Leo.

— L’intero dipartimento avrebbe dovuto mandarla al diavolo — aggiunse Mamma Nilla in tono calmo. — Mi permetta di parlare a nome degli assenti — e rivolse all’ingegnere un sorriso gelido.

Una delle altre madri si rivolse agitata a Mamma Nilla. — Ma io non posso venire con voi! Mio marito lavora sul pianeta!

— Ma a chi pensa che interessi! — ruggì Leo.