Guardò al di là della propria immagine, verso la zona di atterraggio che si stendeva sotto di lui. All’estremità più lontana della pista, nel punto di arrivo della monorotaia, si stavano ammucchiando le capsule di carico. Ah, sì, anche i maledetti quad erano un anello di quella catena. Un anello debole, un anello spezzato, che presto sarebbe stato sostituito.
Arrivò al centro comunicazioni contemporanemente all’Amministratore del Porto Tre, Chalopin, che era seguita dal capitano della Sicurezza, quel… come si chiamava? Oh, sì, quell’idiota di Bannerji.
— Che cosa diavolo sta succedendo, qui? — sbottò Chalopin senza preamboli. — Un incidente? Perché mai avete richiesto assistenza? Ci hanno detto di sospendere tutti i voli… e abbiamo un enorme carico che si sta ammassando fino alla raffineria.
— Allora continuate a bloccarli. O chiamate la Stazione di Trasferimento. Il movimento delle vostre navi mercantili non rientra nel mio dipartimento.
— Oh, sì che rientra! Da anni l’assemblamento orbitale dei carichi è sotto l’egida del Progetto Cay.
— In via sperimentale — e si accigliò, indispettito. — Potrà anche far parte del mio dipartimento, ma in questo momento non è certo la mia maggiore preoccupazione. Senta, signora, ho tra le mani una crisi in piena regola. — Si rivolse a uno degli addetti alle comunicazioni. — Può in qualche modo collegarmi con l’Habitat Cay?
— Non rispondono alle nostre chiamate — osservò dubbioso il controllore. — Tutta la normale telemetria è stata interrotta.
— In un modo qualsiasi. Con un rilevamento telescopico, qualunque cosa.
— Forse riesco ad ottenere un’immagine da uno dei satelliti di comunicazione — disse l’addetto, e borbottando concentrò di nuovo la propria attenzione sul pannello. Dopo alcuni minuti, lo schermo inquadrò un’immagine piatta e lontana dell’Habitat Cay, come veniva osservata da un’orbita sincrona. L’operatore la ingrandì.
Van Atta la fissò a bocca aperta. Che folle vandalismo era mai quello? L’Habitat sembrava un complesso puzzle tridimensionale smembrato per gioco da un bambino. Moduli staccati galleggiavano sparsi ovunque nello spazio e minuscole figure argentee sfrecciavano dall’uno all’altro. I pannelli solari erano ridotti a un quarto dell’estensione normale. Graf si era forse imbarcato in qualche folle piano per fortificare l’Habitat in caso di un contrattacco? Be’, giurò tra sé Van Atta, non gli sarebbe servito a nulla.
— Stanno… stanno forse preparandosi a un assedio o a qualcosa di simile? — domandò la dottoressa Yei, che aveva evidentemente seguito lo stesso ragionamento. — Si rendono certamente conto di quanto sia futile…
— Chi lo sa che cosa pensa quel maledetto imbecille di Graf? — ruggì Van Atta. — Quell’uomo è uscito di senno. Ci sono una dozzina di modi in cui, mantenendoci a distanza, possiamo fare a pezzi quell’installazione anche senza aiuto militare. O possiamo semplicemente aspettare che muoiano di fame. Si sono messi in trappola da soli. Non è solo pazzo, è anche stupido.
— Forse — disse la dottoressa in tono dubbioso, — intendono solo continuare a vivere tranquilli lassù, in orbita. Perché no?
— Al diavolo! Li stanerò di lì, e immediatamente, anche. A qualunque costo… nessun branco di miserabili mutanti potrà passarla liscia con un sabotaggio di queste dimensioni. Sabotaggio, furto, terrorismo…
— Non sono mutanti — soggiunse Yei, — sono bambini, il prodotto di ingegneria genet…
— Signor Van Atta? — si intromise un altro operatore, — ho un messaggio urgente per lei registrato su tutti i canali. Lo vuole ricevere qui? — La dottoressa, interrotta a metà, allargò le mani in un gesto di frustrazione.
— Che c’è, adesso? — mormorò Van Atta sedendosi davanti al pannello di comunicazioni.
— È un messaggio registrato del direttore della stazione assemblaggio capsule al Punto di Balzo. Glielo trasmetto — disse l’operatore.
Il viso vagamente familiare del direttore della stazione del Punto di Balzo tremolò e poi si stabilizzò sullo schermo di fronte a lui. Van Atta lo aveva incontrato una volta, all’inizio del suo incarico. La piccola stazione del Punto di Balzo era gestita da personale di Orient IV e rientrava nella divisione operativa di quella base, non di Rodeo. Gli impiegati erano terrestri iscritti al sindacato e, normalmente, non avevano contatti con Rodeo o con i quad che una volta erano stati destinati a rimpiazzarli.
Il direttore della stazione appariva sconvolto. Farfugliò le procedure di identificazione e passò senza mezzi termini al nocciolo della faccenda. — Che cosa diavolo sta succendendo alla sua gente? Un equipaggio composto da quegli scherzi di natura… insomma, da quei mutanti, è spuntato dal nulla, ha rapito un pilota, ha sparato a un altro, e infine si è impadronito di una supernave mercantile della GalacTech. Ma invece di compiere un balzo all’esterno, sono ritornati con la nave verso Rodeo. Quando abbiamo avvertito la Sicurezza di Rodeo, quelli ci hanno risposto che probabilmente i mutanti appartenevano a lei. Sono per caso impazziti, o cosa? Voglio delle spiegazioni, maledizione! Ho un pilota in infermeria, un tecnico terrorizzato e tutto il personale sull’orlo del panico. — Dall’espressione del viso del direttore della stazione, il panico non aveva risparmiato neppure lui. — Stazione Punto di Balzo, chiudo!
— A quando risale questo messaggio? — chiese Van Atta in tono neutro.
— A circa… — il tecnico controllò il proprio monitor, — circa dodici ore fa, signore.
— Lui pensa che i pirati siano quad? Perché non sono stato informato? — Il suo sguardo si posò su Bannerji, in piedi sugli attenti accanto a Chalopin: — Perché la Sicurezza non mi ha informato immediatamente?
— Quando abbiamo ricevuto il primo rapporto dell’incidente lei non era reperibile — rispose il capitano con voce priva di espressione. — Da quel momento abbiamo localizzato il D-620, che continuava a dirigersi dritto verso Rodeo, senza rispondere alle nostre chiamate.
— E che cosa state facendo in proposito?
— Stiamo tenendo sotto controllo la situazione. Non ho ancora ricevuto ordini di intraprendere qualche azione.
— Perché no? Dov’è Norris? — Norris era il Direttore delle Operazioni per tutta l’area dello spazio locale di Rodeo: avrebbe dovuto essere presente. In effetti, il Progetto Cay non rientrava direttamente sotto il suo comando, in quanto Van Atta doveva rispondere direttamente alla Compagnia.
— Il dottor Norris — disse Chalopin, — sta partecipando ad un convegno sullo sviluppo dei materiali, sulla Terra. In sua assenza, ho assunto personalmente le funzioni di Direttore delle Operazioni. Il capitano Bannerji ed io abbiamo discusso la possibilità che egli prendesse i suoi uomini e la navetta di salvataggio della Sicurezza del Porto Tre per tentare di salire a bordo della nave rubata. Non sappiamo ancora con certezza chi siano e che cosa vogliano quelle persone, ma sembra che abbiano preso un ostaggio e questo ci obbliga ad essere cauti. Così abbiamo lasciato che continuassero ad avvicinarsi, e nel frattempo tentiamo di ottenere altre informazioni. E questo — Chalopin lo trapassò con lo sguardo, — ci porta a lei, signor Van Atta. Questo incidente è in qualche modo collegato alla sua crisi sull’Habitat Cay?
— Non vedo come… — cominciò Van Atta e poi si interruppe di colpo, perché improvvisamente aveva capito «come». — Figlio di puttana… — bisbigliò.
— Per Krishna — esclamò la dottoressa Yei e si voltò a guardare l’immagine dell’Habitat smembrato che orbitava sopra di loro. — Non può essere…
— Graf è pazzo. È un pazzo megalomane. Non può fare questo… — Inesorabilmente, i parametri tecnici sfilarono nella mente di Van Atta. Massa, energia, distanza… sì, un Habitat ridotto, una volta abbandonata una parte delle componenti non essenziali, avrebbe potuto essere lanciato da una supernave attraverso lo spazio del corridoio, se fossero riusciti a portarlo in posizione verso il lontano punto di balzo. Tutto l’intero maledetto Habitat… — Si stanno portando via tutto quel maledetto Habitat! — esclamò Van Atta ad alta voce.