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In una delle molte mattine in riva al fiume, colpì una gallinella, uccello molto comune in quei luoghi, che a stormi lanciavano grida rauche volando basso, fonte principale del suo cibo. Aveva colpito la gallinella solo alle ali, ed era ancora viva quando la raccolse. Batté le ali e gridò con la sua penetrante voce di uccello: — Toglier-vita-toglier-vita-toglier. — Allora le torse il collo.

Le parole gli risuonavano nella mente e non poteva farle tacere. L'ultima volta che una bestia gli aveva parlato, si trovava alla soglia della Casa della Paura. Anche qui, da qualche parte tra quelle desolate colline grigie, c'erano o c'erano stati gli uomini: un gruppo che si teneva nascosto, come quello della casa di Argerd, o barbari Vagabondi, che l'avrebbero ucciso appena scoperti i suoi occhi da alieno, o uomini-programmati, che lo avrebbero portato ai loro Signori, come un prigioniero o schiavo. Sebbene, prima o poi, egli dovesse incontrare quei Signori, voleva arrivarci per la sua via, al momento scelto da lui, e solo. Fidarsi di nessuno, evitare gli uomini! Ora aveva imparato la lezione. Quel giorno avanzò con molta cautela, all'erta, tanto silenzioso che spesso gli uccelli acquatici, che abitavano la riva del fiume, si levavano spaventati quasi da sotto i suoi piedi.

Non incontrò sentieri, non vide nessun indizio che un essere umano abitasse o fosse mai passato vicino al fiume. Ma verso la fine del breve pomeriggio uno stormo di gallinelle selvatiche verde bronzo si alzò proprio sopra di lui e volò sull'acqua, chiocciando e lanciando richiami con un fitto intrico di parole umane.

Un poco più avanti si arrestò, con l'impressione di aver sentito nel vento l'odore di un fuoco di legna.

Il vento gli arrivava contrario alla corrente del fiume, da nordovest. Raddoppiò le precauzioni. Poi, mentre la notte scendeva tra i tronchi degli alberi e confondeva le sinuosità scure del fiume, lontano davanti a lui, lungo la riva stepposa, brillò una luce, e svanì, e tornò a brillare.

Non era la paura e nemmeno la cautela a tenerlo fermo, ora, piantato sulle sue orme, a fissare il luccichio lontano. A eccezione del suo solitario fuoco da campo, quella era la prima luce che vedeva nel bosco, da quando aveva lasciato la Radura. Lo commosse in modo incredibile vederla brillare in lontananza, oltre le ombre del crepuscolo.

Affascinato ma paziente, come ogni animale di bosco, aspettò finché si fece notte, procedendo adagio e senza rumore lungo la riva, tenendosi nel fitto dei salici, finché fu abbastanza vicino da vedere il quadro di una finestra gialla per il fuoco acceso, e più in alto, la cima di un tetto bordato di neve, protetto da una coltre di pini. Enorme, sopra la nera foresta e il fiume, brillava Orione. Il vento notturno era gelato e silenzioso. Ogni tanto un fiocco di neve secca si staccava da un ramo, e cadendo rifletteva lo scintillio del fuoco.

Falk rimase a guardare incantato l'interno della capanna. Si portò un poco più vicino, poi rimase immobile per lungo tempo.

All'improvviso la porta della capanna si spalancò; un ventaglio d'oro si aprì sul terreno in ombra sollevando una nuvola di neve a fiocchi e a grumi.

— Vieni avanti alla luce — disse un uomo fermo in posizione vulnerabile, nel bagliore oblungo della soglia.

Falk, nel buio della macchia, mise la mano sul laser e non fece altra mossa.

— Io ti sento con la mente. Sono un Ricettivo. Entra. Niente da temere qui. Parli questa lingua?

Silenzio.

— Spero di sì, perché non userò la telepatia. Non c'è nessuno qui, oltre a me e te — disse la voce con calma. — Sento senza volerlo, come fai tu con le orecchie, e io ti sento lì fuori nel buio. Vieni se vuoi fermarti sotto un tetto per un poco.

La porta si chiuse.

Falk restò fermo ancora qualche attimo. Poi oltrepassò quei pochi metri di oscurità fino alla porta della capanna, e bussò.

— Avanti!

Aprì la porta ed entrò al caldo e alla luce.

Un vecchio dai capelli grigi raccolti in una treccia lunga fino alla schiena, era inginocchiato vicino al camino e ravvivava il fuoco. Non si voltò a guardare lo straniero; sistemava la legna sul fuoco metodicamente. Dopo un istante disse forte, con una lenta cantilena:

Io solo sono confusoconfusodesolatoOh, come il marealla derivaOh, senza portodove gettare l'ancora.

La testa grigia si voltò, infine. Il vecchio sorrideva; i suoi occhi stretti e brillanti guardavano Falk obliquamente.

Con una voce che era fioca e stentata perché non aveva pronunciato parola per molto tempo, Falk replicò con i versi successivi del Vecchio Canone:

Ognuno è utileio solo sono inettoestraneo
Io solo son diverso dagli altrima io cerco
il latte della Madrela Via…

— Ah, ah, ah! — disse il vecchio. — Come va, Occhi Gialli? Entra, siediti qui, vicino al camino. Straniero, sì, sì, certo. Tu sei straniero. Quanto lontano dal paese? … Chi lo sa? Quanto tempo è che non ti lavi in acqua calda? Chi lo sa? Dov'è quella dannata pentola? Freddo stanotte nel mondo selvaggio, vero?… freddo come un bacio traditore. Ecco, ci siamo; riempila con il secchio che c'è vicino alla porta, vuoi?, poi la metto sul fuoco, così. Io sono Thurro-dowista, sai che significa, vedo di sì, quindi non troverai molte comodità qui. Ma un bagno caldo è caldo, sia che la pentola bolla per fusione di idrogeno o per fuoco di ceppi, eh? Sì, sei davvero uno straniero, ragazzo, e anche i tuoi vestiti guadagnerebbero qualcosa da una lavata, per impermeabili che siano. Quello cos'è? coniglio? Bene. Domani lo facciamo in stufato, con un paio di verdure. Le verdure sono una cosa impossibile da prendere con una pistola laser. E non si può portarsi in uno zaino una provvista di cavoli. Io vivo da solo, qui, ragazzo mio, tutto solo soletto. Poiché sono un grande, grandissimo, il più grande Ricettivo, io vivo solo e parlo troppo. Non sono nato qui come un fungo sugli alberi; ma vivendo tra gli uomini non riuscivo mai a tener lontane le menti degli altri, tutto il ronzio e la pena e le chiacchiere, e le preoccupazioni, e tutti gli altri modi in cui si manifestano, era come se dovessi farmi strada attraverso quaranta foreste diverse, tutto in una volta. Così son venuto a vivere da solo in una foresta vera dove attorno a me ci sono solo bestie, che hanno menti semplici e calme. Nei loro pensieri non c'è morte. E nessuna bugia sta nascosta in quei pensieri. Siediti; ci hai messo molto tempo per arrivare qui e hai le gambe stanche.

Falk andò a sedersi sulla panca di legno del focolare. — Ti ringrazio per l'ospitalità — disse, e stava per dire il suo nome quando il vecchio replicò: — Lascia perdere. Ti posso dare una quantità di buoni nomi, buoni a sufficienza per l'angolo di mondo dove stiamo. Occhi Gialli, Straniero, Ospite, vanno bene tutti. Ricordati che sono un Ricettivo, non un parolaio. Non ricevo parole e nomi. Non li voglio. Che un'anima solitaria stava lì fuori nel buio, l'ho saputo, e so come la mia finestra illuminata splendeva nei tuoi occhi. Non è abbastanza, più che abbastanza? Non ho bisogno di nomi. E il mio nome è Tuttosolo. Bene? Ora accostati al fuoco e scaldati.