— Sarebbe il caso di provare — disse lei una volta — durante una bufera di neve, in modo che la neve nasconda le nostre impronte. Ma quanta strada potremmo fare a piedi in una tormenta? Tu hai la bussola; ma il freddo…
Gli abiti invernali di Falk gli erano stati confiscati, assieme a ogni altra sua cosa, anche l'anello d'oro che aveva sempre avuto al dito. Gli avevano lasciato soltanto una rivoltella; faceva parte integrante della sua dignità di Cacciatore, né poteva venirgli tolta. Ma gli abiti che aveva così a lungo indossato ricoprivano ora le scarne costole e le gambe del Vecchio Cacciatore Kessnokaty, e se gli rimaneva la bussola era solo grazie a Estrel, che l'aveva sottratta e tenuta nascosta prima che lo perquisissero. Entrambi indossavano tuniche e calzoni di pelle di daino, e stivali e giacche di pelle dipinta di rosso; ma nonostante fossero indumenti confortevoli, non offrivano una protezione sufficiente contro le tormente della pianura e i gelidi venti impetuosi. Con quei vestiti indosso, era necessario poter stare al riparo in una capanna, davanti al fuoco.
— Se riusciamo ad attraversare la pianura e ad arrivare in territorio Samsit, qualche miglio a ovest da qui, potremmo ficcarci in un Vecchio Riparo che conosco, e restare nascosti finché smettono di cercarci. Avevo già pensato di provare prima che venissi tu. Ma non avevo la bussola e avevo paura di perdermi nella tormenta. Con la bussola e con un'arma possiamo anche riuscire… o forse no.
— Se è l'unica possibilità che ci rimane — disse Falk — non ci resta che provare.
Non era più ingenuo, fiducioso e facilmente influenzabile come prima di essere catturato. Si era fatto più circospetto e risoluto. Benché avesse ricevuto del male dai Basnasska, non serbava alcun rancore contro di loro; gli avevano marchiato sulle braccia, in modo irreparabile, i fregi blu dei tatuaggi della consanguineità, marchiandolo sì come un barbaro, ma anche come un uomo. Nulla di strano. Ma loro agivano a modo loro, e lui a modo suo. La tenace volontà che si era rafforzata in lui con gli insegnamenti della Casa della Foresta richiedeva che cercasse la libertà, che continuasse il viaggio, che portasse a termine quel che Zove aveva definito un'opera virile. Questa gente non aveva né meta né origini, non aveva radici nel passato dell'umanità. L'impazienza di scappar via non dipendeva soltanto dall'estrema precarietà dell'esistenza che conduceva tra i Basnasska; era un senso di soffocamento, di limitatezza e immobilità ancor più insopportabile delle fasce che gli impedivano la vista.
Quella sera Estrel si fermò accanto alla sua tenda per dirgli che era cominciato a nevicare, e a bassa voce stavano facendo progetti per la fuga quando si sentì parlare all'entrata della tenda. Estrel tradusse con tono calmo: — Sta dicendo: "cacciatore cieco, vuoi la Donna Rossa questa notte?". — Non aggiunse una parola di spiegazione. Falk conosceva le regole e sapeva dell'abitudine di dividersi le donne passandosele; ma la sua mente era occupata dall'argomento della loro conversazione, per cui rispose con la più semplice delle poche parole Basnasska che conosceva: — Mieg! -. No.
La voce dell'uomo aggiunse qualcosa di più imperioso. — Se continua a nevicare forse è per domani sera — mormorò Estrel in Galaktika. Sempre pensoso, Falk non rispose. Subito dopo si accorse che lei s'era alzata ed era uscita lasciandolo solo nella tenda. Poi si rese conto che la Donna Rossa era lei, e che quell'uomo l'aveva chiamata per accoppiarsi con lei.
Sarebbe bastato che avesse detto Sì, invece di No; e quando pensò alla bravura di lei, alla gentilezza nei suoi riguardi, alla dolcezza del suo tocco e della sua voce, al contegnoso silenzio dietro a cui nascondeva l'orgoglio o la timidezza, rimase sgomento per non averla protetta, sentendosi umiliato come suo compagno, come uomo.
— È per questa sera — le disse l'indomani in un turbinio di neve vicino all'Alloggio delle Donne. — Vieni alla mia tenda. Fatti viva a notte inoltrata.
— Kokteky mi ha detto di andare nella sua tenda questa sera.
— Non puoi sgattaiolare via?
— Può darsi.
— Qual è la tenda di Kokteky?
— Dietro alla Sede della Comunità Mzurra, sulla sinistra. Sul lembo dell'apertura c'è una pezza rimessa.
— Se non vieni tu, vengo io a prenderti.
— Un'altra sera sarebbe meno pericoloso…
— Ma ci sarebbe meno neve. L'inverno è ormai avanzato; questa può essere l'ultima nevicata buona. Andiamo questa sera.
— Vengo io nella tua tenda — disse con tono accomodante e sottomesso, ma fermo.
Nella fascia aveva una fessura attraverso la quale poteva intravedere vagamente dove metteva i piedi, e adesso cercava di scrutarla; ma in quella luce opaca lei gli appariva come una forma vaga nel grigiore del giorno.
A sera inoltrata ella lo raggiunse, calma come la neve che il vento aveva deposto sulla tenda. Avevano entrambi preparato ciò che dovevano portare con sé. Nessuno dei due parlò. Falk si allacciò il cappotto di pelle, si tirò su il cappuccio, annodò i legacci, poi si chinò per slegare il lembo dell'apertura. Ma subito si scostò per far passare un uomo che entrava irruente, piegato in due, attraverso il piccolo varco dell'entrata: Kokteky, un vigoroso Cacciatore, completamente calvo, geloso del suo rango e della sua virilità. — Horressins! La Donna Rossa… — cominciò, poi la scorse nell'ombra, al di là del fuoco ormai morente. Nello stesso istante, vedendo come erano vestiti lei e Falk, si rese conto delle loro intenzioni. Indietreggiò per ostruire il passaggio o per sfuggire all'attacco di Falk, spalancando la bocca per urlare. Senza nemmeno pensarci, con un veloce riflesso e sicuro nel gesto Falk gli sparò a bruciapelo col laser e il lampo fulmineo della luce mortale spense l'urlo nella bocca del Basnasska, bruciandogli bocca cervello e vita in un solo attimo, in un perfetto silenzio.
Falk balzò al di sopra delle ceneri, afferrando la mano della donna, e la fece passare sopra il corpo dell'uomo che aveva ucciso nell'oscurità.
Una neve sottile quasi uno spolverio, turbinava in un vento leggero, mentre il respiro gli si condensava in una nuvoletta fredda. Quello di Estrel usciva mischiato a singhiozzi. Falk, tenendole il polso con la sinistra e reggendo la pistola nella destra, si diresse verso ovest tra le tende sparse, a malapena visibili, punti e macchie di un pallido arancio. In un paio di minuti anch'esse erano scomparse e non rimaneva nient'altro che notte e neve.
Le pistole laser della Foresta Orientale avevano parecchi congegni e funzioni: l'impugnatura poteva servire come accendino mentre dalla canna potevano uscire lampi luminosi non molto potenti. Falk fece partire dalla pistola un bagliore per leggere la bussola e cercare la direzione giusta, poi avanzarono, guidati dalla luce mortale.
Sull'ampia altura dove i Basnasska avevano fissato l'accampamento invernale, il vento aveva quasi spazzato il manto di neve. Ma poco dopo, non sapevano più dove andare; si basavano unicamente sulla bussola rivolta a ovest mentre la tormenta confondeva terra e cielo in un indistinguibile turbinio. Infine arrivarono su un terreno meno elevato. Per qualche metro vi furono mulinelli attraverso i quali Estrel si trovò ad arrancare annaspando come un nuotatore esausto in alto mare. Falk si tirò via dal cappuccio la fettuccia di pelle, se la legò attorno al braccio, e le fece afferrare l'altra estremità, procedendo poi davanti a lei per aprirle il cammino. Una volta lei cadde e diede al legaccio uno strattone che per poco non tirò giù anche lui; si girò e dovette cercarla per un po' con la luce prima di scorgerla, accovacciata dietro di lui, quasi a terra. Si inginocchiò e nella pallida sfera di luce fluttuante di neve le vide il viso distintamente per la prima volta. Disse lei in un mormorio: — È peggio di quel che mi aspettavo…
— Tira un po' il fiato. In questa conca siamo al riparo dal vento.