Выбрать главу

Osborne eseguì.

«E ora?»

Venti paia di occhi, compresi quelli del ministro, si posarono su Fleming.

«Sappiamo di che si tratta.»

«Oh, bene,» esclamò Mrs. Tate-Allen.

«Di che si tratta?»

Fleming guardò, tranquillo, il ministro.

«Si tratta del programma di un calcolatore,» spiegò pacatamente.

«Il programma per un calcolatore, ne è ben sicuro?»

Fleming si limitò ad annuire. Tutti gli altri parlavano.

«Per piacere, signori,» gridò Osborne, lasciando cadere un pugno sulla tavola.

La confusione si placò. Mrs. Tate-Allen alzò una mano guantata di blu.

«Temo, Eccellenza, che alcuni di noi non sappiano cos’è il programma di un calcolatore.»

Mentre Fleming spiegava, Reinhart e Osborne si appoggiarono allo schienale della sedia e respirarono, sollevati. Il ragazzo si stava comportando bene.

«L’avete provato su un calcolatore?» chiese Mrs. Tate-Allen.

«Abbiamo usato dei calcolatori per decifrarlo. Non abbiamo nulla che possa comprenderlo tutto.» Si batté i fogli contro la fronte. «E questo non è molto ampio.»

«Se aveste la possibilità di usare un calcolatore più grande…» suggerì Osborne.

«Non è solo questione di dimensioni. Si tratta in realtà di qualcosa di più di un semplice programma.»

«Di che si tratta, allora?» chiese Vandenberg, sistemandosi più comodamente sulla sua sedia. Gli si prospettava una seduta piuttosto lunga.

«È in tre sezioni.» Fleming sistemò i suoi fogli come se questo rendesse la cosa più chiara. «La prima parte è una progettazione, o piuttosto è un’impostazione matematica che può essere interpretata come una progettazione. La seconda parte è il programma vero e proprio, il codice normale, come lo chiamano. La terza e ultima parte sono i dati, cioè le informazioni mandate affinché la macchina ci lavori su.»

«Sarei lieto di poter…» Vandenberg tese una mano e i fogli gli vennero passati. «Non dico che abbia torto. Ma vorrei che il nostro personale delle segnalazioni controllasse il vostro procedimento.»

«Faccia pure,» assentì Fleming. Appena i fogli cominciarono a girare attorno al tavolo, si fece un rispettoso silenzio, ma ovviamente Mrs. Tate-Allen sentiva che era necessario un qualche commento.

«Interessantissimo, devo dire.»

«Interessante?» Fleming pareva sul punto di esplodere. Reinhart gli strinse il braccio con forza. «È la cosa più importante che sia avvenuta dall’evoluzione del cervello in poi.»

«Bene, John,» mormorò Reinhart. Il ministro proseguì.

«Che conta di fare, ora?»

«Costruire un calcolatore che possa elaborarlo.»

«Sta davvero esponendo la possibilità,» Sua Eccellenza parlava lentamente, scegliendo con attenzione le parole, come se fossero dei cioccolatini, «che qualche altra creatura, in qualche lontana zona della galassia, qualche essere che non ha mai avuto prima alcun contatto con noi, ci abbia ora mandato, a tutto nostro vantaggio, il progetto e il programma per il tipo di macchina elettronica…»

«Sì,» confermò Fleming. Sua Eccellenza proseguì: «… che noi per caso possediamo sulla Terra?»

«Non la possediamo.»

«Possediamo il tipo, se non il modello. Le par probabile?»

«È così.»

Fleming faceva un’impressione piuttosto dubbia sull’uditorio. Tipi del genere li avevano visti altre volte. Giovani scienziati genialoidi, ostinati e irritabili, che non sopportavano i processi delle commissioni e che tuttavia andavano trattati con grande pazienza, perché forse avevano nella loro personalità qualcosa di valido. Questi ufficiali facilmente caricaturabili non erano pazzi: erano abituati a giudicare la gente e le situazioni. Molto dipendeva da quello che pensavano Reinhart, Vandenberg e Osborne. Ratcliff si rivolse interrogativamente al professore.

«L’aritmetica è universale,» mormorò il professore, «e così può essere per il calcolo elettronico.»

«Può essere l’unica forma di calcolo, in ultima analisi…» interferì Fleming. Vandenberg alzò lo sguardo dai fogli.

«Mi chiedo…»

«Guardi.» Fleming lo interruppe. «Il messaggio continua a essere ripetuto. Se ha un’idea migliore, vada a lavorarci su.»

Reinhart, a disagio, lanciò un’occhiata di sottecchi a Osborne che stava sorvegliando l’andamento della partita come l’arbitro di un incontro di cricket.

«Non si può usare una macchina già esistente?» chiese Osborne.

«Ho già detto di no.»

«Sembra una domanda abbastanza ragionevole,» osservò mitemente Sua Eccellenza. Fleming gli si rivolse appassionatamente.

«Questo programma è davvero enorme. Non mi pare che lei comprenda il problema fino in fondo.»

«Allora spiega, John,» esortò Reinhart.

Fleming prese fiato e continuò con più calma. «Se volete che un calcolatore vi dia dei risultati decenti, deve essere in grado di accogliere un programma di circa cinquemila gruppi di istruzioni. Se volete che giochi a scacchi, e potete farlo giocare a scacchi — io ho giocato a scacchi con dei calcolatori, — dovete riempirlo con circa quindicimila istruzioni. Per manipolare questo materiale,» accennò ai fogli davanti a Vandenberg, «avete bisogno di un calcolatore che possa contenere un miliardo, o, più precisamente, decine di miliardi di cifre, prima ancora che possa cominciare a lavorare sui dati.»

Finalmente l’uditorio gli aveva concesso la sua piena attenzione: questa era l’apparizione fugace di un cervello che potevano rispettare.

«È certo questione di mettere insieme abbastanza unità,» disse Osborne.

Fleming scosse il capo.

«Non è questione di dimensioni. È necessaria una nuova concezione. Non c’è nessun apparecchio sulla Terra…» Cercò un esempio, e gli altri attesero che ne trovasse uno. «Il nostro calcolatore più recente lavora ancora in microsecondi. Questa è una macchina che deve lavorare in micromillisecondi, altrimenti saremo tutti dei vecchietti prima che abbia finito di esaminare questa enorme quantità di dati. E ci vorrebbe una memoria, probabilmente una memoria a bassa temperatura, che avesse al minimo la capacità del cervello umano, ma con un controllo molto più efficiente.»

«È provato?» chiese Ratcliff.

«Ma cosa crede? Dobbiamo prima trovare i mezzi per dimostrarlo. Quale che sia l’intelligenza che ci ha mandato questo messaggio, è molto avanti rispetto a noi. Non sappiamo perché abbiano mandato questo messaggio e a chi, ma è qualcosa che noi non saremmo stati in grado di fare mai. Noi siamo soltanto degli homo sapiens che percorrono faticosamente il loro cammino. Se vogliamo interpretarlo…» Fece una pausa. «Se…»

«Questa è una teoria, no?»

«È un’analisi.»

Sua Eccellenza fece ancora una volta appello a Reinhart.

«Pensa che possa venir dimostrato?»

«Posso dimostrarlo,» disse Fleming.

«Chiedevo al professore.»

«Posso dimostrarlo, costruendo un calcolatore in grado di elaborare questi dati,» insisté Fleming, per nulla scoraggiato. «Ecco quel che si deve fare.»

«Le pare realistico?»

«È quanto chiede il messaggio.»

Sua Eccellenza cominciava a perdere la pazienza. Tamburellava le dita quadrate sul tavolo.

«Professore?»

Reinhart prese in considerazione non tanto quel che credeva, ma ciò che doveva dire.

«Ci vorrebbe molto tempo.»

«Ma è veramente necessario farlo?»

«Forse.»

«Avrei bisogno, per lavorarci, del miglior calcolatore disponibile,» disse Fleming, come se tutto fosse già stato stabilito. «E della mia squadra attuale, al completo.»

Osborne pareva preoccupatissimo. La soluzione era ancora molto confusa, per chiunque sapesse come vanno di solito queste cose, e il ministro cominciava a dimostrare che si stava irritando.