«Qualche soldataccio che faceva esercitazioni di tiro a segno. Sono tutti dei tiratori schifosi.» Fleming si diresse al giradischi per spegnerlo. Nonostante il whisky era fermo sulle gambe e sobrio.
«Non c’era nessuno,» affermò Judy. «Assolutamente nessuno.»
«Allora non c’erano nemmeno i proiettili. Su, prenditi qualcosa da bere e mettiti calma.» Si mise a cercarle un bicchiere.
«Erano proiettili,» insistette Judy sedendosi sul letto. «Qualcuno con un mirino telescopico.»
«Sei un po’ agitata, vero?» Trovò un bicchiere, lo riempì a metà e glielo porse. «Perché mai qualcuno dovrebbe darti la caccia?»
«Potrebbero avere le loro buone ragioni.»
«Ad esempio?»
Judy guardava il fondo del bicchiere.
«Niente di particolare.»
«Cosa facevi sulla scogliera?»
«Guardavo il mare. Tutto qui.»
«E sul mare, che c’era?»
«La barca del dottor Bridger. Nient’altro.»
«Perché ti interessavi alla barca di Bridger?»
«Non me ne interessavo affatto.»
«Vuoi insinuare che sia stato lui a spararti?»
«No, non è stato lui.» Afferrò la spalliera del letto per impedire alle proprie mani di tremare.
«Posso restare qui un poco? Finché non mi è passata la tremarella.»
«Fai come ti pare. E beviti il whisky.»
Judy inghiottì un sorso di whisky puro e si sentì bruciare la bocca e la gola. Dal silenzio, fuori, giunse un grido lungo e basso, e sul tetto della villetta un pezzo di grondaia sbatté.
«Che è stato?»
«Il vento,» rispose Fleming fissandola.
Sentiva l’alcool scenderle bruciante nello stomaco. «Non mi piace questo posto.»
«Neanche a me,» rispose Fleming.
Bevevano: il silenzio era interrotto solo dal vento che gemeva tra gli edifici della base. Il cielo, fuori dalla finestra, era quasi nero: nuvole ancora più nere venivano spinte, a brandelli, dal mare. Judy abbassò il bicchiere e fissò Fleming negli occhi.
«Perché il dottor Bridger va all’isola?» Non riusciva mai a chiamare Bridger per nome.
«Va a studiare gli uccelli. Lo sai benissimo.»
«Tutte le sere?»
«Senti, quando io sono stanco morto, alla fine di una giornata di lavoro, me ne vado in barca a vela.» Era vero. La sola attività che Fleming svolgesse al di fuori della base era allontanarsi con un quattro e cinquanta. Non lo faceva molto spesso; ma lo faceva da solo. Non con il circolo nautico della base. «Salvo che quando sono veramente sfinito, come adesso.»
Prese la bottiglia e si interruppe corrucciato, pensando a Dennis Bridger. «Va a osservare gli uccelli marini.»
«Sempre sull’isola?»
«È là che si possono trovare,» spiegò lui in tono irritato. «Ce n’è un mucchio: sule, urie, procellarie… Bevine ancora un po’.»
Judy lasciò che lui versasse ancora un po’ di whisky nel bicchiere. La testa le ronzava un poco.
«Mi spiace di essermi precipitata qui dentro.»
«Non preoccuparti per me.» Le scompigliò i capelli ancora spettinati, in quel suo modo affettuoso, senza aggressività. «In questo eremo mi basta un po’ di comprensione. Specialmente se si tratta di una ragazza dolce come te.»
«Non sono affatto dolce, io.»
«Oh?»
«Non mi piaccio così come sono.» Judy distolse lo sguardo tornando a fissare il bicchiere. «E non mi piace quel che faccio.»
«Siamo in due, allora.» Gli occhi di Fleming guardarono oltre il capo di lei, fuori dalla finestra. «Neanche a me piace quel che faccio.»
«Mi pareva che fossi completamente assorbito nel tuo lavoro.»
«Lo ero, ma ora che è finito non so più. Ho cercato di sbronzarmi con questo, ma non ci riesco.» Abbassò lo sguardo e la fissò un po’ smarrito, in modo completamente diverso da come l’aveva guardata nel calcolatore. «Forse sei tu ciò di cui ho bisogno.»
«John…»
«Dimmi…»
«Non fidarti troppo di me.»
Fleming sogghignò. «Hai a che fare con qualche faccenda equivoca?»
«Non per quello che ti riguarda.»
«Sono lieto di saperlo.» Sorrise, sollevandole il mento con la mano.
«Hai un viso perbene.»
Le baciò lievemente la fronte, senza far molto sul serio.
«No.» Judy volse il capo. Fleming lasciò ricadere la mano e si allontanò da lei come se la sua attenzione si fosse rivolta a qualche altra cosa. Il vento continuava a ululare.
«Che intendi fare per questa sparatoria?» le chiese dopo una breve pausa.
Judy si sentì rabbrividire a dispetto del calore che sentiva dentro di sé, e Fleming le mise una mano sulla spalla.
«Qualche volta, di notte,» cominciò, «me ne rimango sdraiato, ascolto il vento e penso a quel tipo laggiù.»
«Quale tipo?»
John accennò in direzione del calcolatore, il nuovo calcolatore che lui aveva costruito.
«Non ha un corpo, un corpo organico che possa respirare e avere sensazioni come il nostro, ma ha un cervello migliore.»
«Non è una persona.» Judy fece sedere Fleming sul letto: ora erano fianco a fianco. Si sentì, una volta tanto, molto più adulta di lui.
«Non sappiamo che cosa sia in realtà, no?» mormorò Fleming. «Chiunque ci abbia mandato quel maledetto messaggio non avrà certo trasmesso un progetto come quello tanto per divertirsi. Vogliono che diamo inizio a qualcosa.»
«Credi che ci conoscano?»
«Sanno che devono esserci altre intelligenze nell’universo. Il destino ha voluto che tali intelligenze fossimo proprio noi.»
Judy gli afferrò una mano.
«Non hai bisogno di andare avanti con questo lavoro, se non vuoi.»
«Spero proprio di no.»
«Tu stai semplicemente costruendo un calcolatore.»
«Con un potere intellettuale molto, molto superiore al nostro.»
«È davvero così?»
«L’uomo è una macchina pensante molto inefficiente.»
«Non tu.»
«Tutti noi. E tutti i calcolatori basati sul sistema biologico sono inefficienti.»
«Il sistema biologico per me va bene.»
Cominciava a parlare e a vederci in modo confuso. Fleming le diede un fugace abbraccio, un po’ goffo.
«Sei soltanto una ragazza affascinante.»
Si alzò, sbadigliò, si stiracchiò e spense la luce. Judy avvertì all’improvviso che la tensione si allentava e si sdraiò pigramente sul letto.
«Hai bisogno di una vacanza,» mormorò confusamente.
«Forse.»
«Ti sei occupato di questa faccenda per mesi senza un attimo di riposo. Quell’affare…» Accennò fuori dalla finestra.
«Doveva essere pronto per Sua Eccellenza.»
«Se sfuggisse al controllo, potresti sempre fermarlo.»
«Credi? Era in grado di funzionare già più di un mese fa. Lo sapevi?»
«No.»
«Abbiamo continuato a inserirvi tutto il codice normale così che anche i dati possano essere introdotti tutti prima che arrivi quella gente.»
«Non è successo niente?»
«Niente, in principio, ma c’era una piccola parte del codice normale che ho trascurato di introdurre. Questa parte mette le cose in modo che quando si inserisce la corrente, il primo flusso di elettricità mette automaticamente in funzione il programma: a un punto di partenza che il calcolatore stesso si è scelto. L’avevo deliberatamente tralasciata dal progetto perché non volevo che andasse tutto a modo suo, e quello era furibondo.»
Judy lo guardò scettica.
«È una sciocchezza.»
«D’accordo, lo sai che ha registrato delle perturbazioni? Senza preavviso, ancor prima che avessimo cominciato a introdurvi i dati si è messo a stampare: la parte mancante del codice. E non la smetteva di dirmi che dovevo introdurla. Era molto seccato.» Guardò serio il viso incredulo di lei. «Lo spensi per un po’ e poi cominciai a riempirlo di dati. In seguito se n’è stato calmo, ma lo hanno progettato perché potesse registrare gli squilibri. Dio sa per che cos’altro è stato progettato.»