Judy se ne stava sdraiata e lo guardava senza riuscire a metterlo a fuoco.
«Introdurremo gli ultimi dati domani,» proseguì Fleming. «Poi sa il cielo che cosa accadrà. Riceviamo un messaggio da duecento anni-luce di distanza; pensi che tutto quel che ci dà sia un prontuario tascabile di calcolo? Be’, io non la penso così. E neppure la gente che ha ucciso Harries e che ha sparato a te e che probabilmente tiene d’occhio me e Dennis.»
Judy fece per interromperlo ma ci ripensò.
«Ti ricordi,» le chiese, «che ti parlavo di una scoperta?»
«Ricordo benissimo.» Sorrideva.
«Il tipo di scoperta a cui si arriva una volta ogni mille anni. Ci scommetterei qualsiasi cosa…»
Si volse verso la finestra e guardò fuori, sperso in qualche inimmaginabile riflessione.
«Puoi sempre spegnerlo.»
Fuori era nero come la pece, con una pioggia sferzante e il vento continuava a fischiare.
«È buio,» disse lui. Fece scorrere la tenda e si volse di nuovo verso di lei: aveva negli occhi la stessa espressione tormentata che gli aveva visto prima.
«Siamo in due a essere spaventati,» mormorò Judy.
«Ti posso accompagnare al tuo alloggio, se vuoi.» Abbassò gli occhi su di lei e le sorrise. «Oppure potresti passare la notte qui.»
5
Atomi
Judy lo lasciò alle prime luci dell’alba e tornò al suo alloggio. Per mezzogiorno era arrivato da Londra il primo contingente, che venne ricevuto nella mensa. Judy si muoveva in quella folla di abiti grigioferro distribuendo degli opuscoli; si sentiva fresca, viva e felice. Fleming era nell’edificio del calcolatore con Bridger e Christine: stavano introducendo la sezione finale dei dati. Reinhart e Osborne erano a colloquio con Geers.
Vandenberg, Watling, Mrs. Tate-Allen e il fedele e muto Newby giunsero con il treno delle due, e due delle auto più belle vennero mandate a riceverli. Il ministro era atteso per le tre, in elicottero; era questo un tipico capriccio bizzarro ed esibizionista, sul quale il resto della compagnia sorvolò educatamente, senza alcun commento.
Per quell’ora la pioggia era cessata e una guardia d’onore venne schierata lungo la pista d’atterraggio.
Insieme alla guardia d’onore c’erano ad attendere Reinhart e il maggiore Quadring; quest’ultimo indossava la sua migliore uniforme di gala con tutte le medaglie lustre, Reinhart si stringeva invece in un impermeabile di plastica tutto inzaccherato.
Gli altri, ospiti e ospitanti, si affollavano sotto il portico dell’edificio del nuovo calcolatore e scrutavano il cielo con occhi speranzosi. Osborne manteneva la conversazione su un piano molto diplomatico, nitrendo.
«Non credo che lei sapesse, generale, che le Isole Britanniche si stendessero tanto a nord, vero?» Si rivolgeva a Vandenberg che dava segni di irrequietezza e di malcelata irritazione. «Eh, Geers?»
Geers indossava un vestito nuovo e se ne stava impettito di fronte agli altri sentendosi più che mai «il direttore.»
«Hanno covato un cigno o un brutto anatroccolo?» gli chiese Mrs. Tate-Allen.
«Non saprei. Abbiamo tempo soltanto per lavori pratici.»
«E questo non è pratico?» si informò Osborne.
Watling ricordò: «Volavo qui sopra, durante la guerra.»
«Davvero?» chiese Vandenberg, senza il minimo interesse.
«Voli di ricognizione sull’Atlantico settentrionale, quando ero nel Servizio costiero.»
Ma nessuno lo ascoltava. L’elicottero era arrivato. Sorvolò il terreno come un uccello agitato, poi si posò sulle sue gambe idrauliche. Per un minuto l’elica trinciò l’aria, poi si arrestò; lo sportello venne aperto e ne scese Sua Eccellenza James Ratcliff. La guardia d’onore presentò le armi, Quadring fece il saluto militare e Reinhart si diresse verso il ministro; gli strinse la mano e lo condusse verso la compagnia raccolta sotto il portico. Ratcliff aveva un aspetto molto disteso, come se avesse appena fatto un bagno. Strinse la mano a Geers e sorrise radioso e affettato agli altri.
«Lieto di conoscerla, dottore. Molto gentile da parte sua ospitare da voi il nostro apparecchio.»
Geers era trasformato.
«Siamo onorati, signore, di vedere svolgere qui opere del genere,» rispose con il suo miglior sorriso. «La pura ricerca in mezzo a noi, rudi meccanici.»
Osborne scambiò un’occhiata con Reinhart.
«Entriamo?» propose Osborne.
«Sì certo.» Il ministro sorrideva a tutti. «Salve, Vandenberg, simpatico da parte sua essere venuto.»
Geers li precedette e afferrò la maniglia della porta.
«Faccio strada io?» Lanciò un’occhiata di sfida a Reinhart.
«La prego,» rispose questi.
«Da questa parte, Eccellenza.» E Geers li guidò all’interno.
Adesso nella sala del calcolatore le luci erano tutte in funzione e Geers svolse con un certo orgoglio il suo compito di cicerone. Reinhart e Osborne gli lasciarono questa incombenza; Fleming gli lanciò un’occhiata amara dal banco di controllo. Geers presentò Bridger e Christine e, con aria indifferente, Fleming.
«Conosce il dottor Fleming, Eccellenza? Il progettista.»
«I progettisti sono nella costellazione di Andromeda,» ribatté Fleming. Ratcliff scoppiò a ridere come se fosse una battuta molto spiritosa.
«Bene, avete fatto proprio un bel lavoretto. Ora capisco perché volevate tanto denaro.»
Il gruppo proseguì nella visita. Mrs. Tate-Allen era molto colpita dalle lampade al neon; i signori in grigio studiavano, perplessi e interessati, gli scomparti verniciati di blu, e Fleming fu costretto a schierarsi con Osborne nella retroguardia.
«Non c’è niente di più bello che sfoggiare il proprio lavoro.»
«È un complimento, a dire la verità,» ribatté Osborne. «Affidato tutto a lei: la conoscenza, l’investimento, la capacità.»
«Poveri pazzi.»
Ma Osborne non era d’accordo. Dopo aver girato attorno al gruppo della memoria, l’intera comitiva si radunò davanti al banco di controllo.
«Ebbene?» chiese Ratcliff.
Fleming raccolse un foglio coperto di cifre.
«Questi,» mormorò, a voce così bassa che quasi nessuno lo udì, «sono gli ultimi gruppi dei dati trovati nel messaggio.»
Reinhart ripeté a voce più alta, prese il foglio e spiegò: «Ci prepariamo a inserire questi dati attraverso l’imboccatura d’ingresso e a mettere in funzione tutto il meccanismo.»
Passò il foglio a Christine che sedette alla telescrivente e cominciò a battere sui tasti. Aveva un aspetto molto capace e attraente, tutti l’ammiravano. Quando ebbe finito Fleming e Bridger girarono degli interruttori e premettero dei pulsanti sul banco di controllo e attesero. Il ministro attendeva. Un ronzio continuo proveniva dal retro del calcolatore, peraltro il silenzio era completo. Qualcuno tossicchiò.
«Tutto a posto, Dennis?» domandò Fleming. Poi le lampade di controllo cominciarono a lampeggiare.
Dapprima la cosa fece un grande effetto. Vennero date delle spiegazioni; in tal modo si poteva osservare il procedere dei dati attraverso la macchina; non appena i calcoli fossero stati completati, i risultati sarebbero stati stampati su quel rotolo di carta…
Ma non accadde nulla; un’ora dopo stavano ancora aspettando. Alle cinque il ministro risalì senza un sorriso sul suo elicottero che si alzò e si allontanò verso sud. Alle sei i visitatori che rimanevano andarono alla stazione per prendere l’ultimo treno per Aberdeen, accompagnati da un Reinhart mortificato e dalle labbra ermeticamente chiuse. Alle otto Bridger e Christine finirono il turno.
Fleming rimase nella sala di controllo deserta, ascoltando il ronzio dell’apparecchio e osservando il pannello che lampeggiava senza interruzione. Judy lo raggiunse non appena poté e sedette accanto a lui al banco di controllo. Fleming non parlava, neppure per imprecare o recriminare, e Judy non trovava nulla di appropriato da dire.