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«Jacko non tornerà.» Fleming lo guardò, un tantino sorpreso, e Judy aggrottò la fronte come se le fosse sfuggita una notizia.

«Chi?» domandò al professore.

«Jackson, il suo predecessore.» Si rivolse a Fleming. «Miss Adamson è il nostro nuovo press-agent.»

Fleming la osservò senza particolare piacere. «Bene, vanno e vengono, vero? Si prepara a ereditare le sfere di Jacko?»

«Di che si tratta?»

«Cara signorina, lo scoprirà presto.»

«Sto illustrandole l’organizzazione per giovedì,» spiegò il professore. «L’inaugurazione ufficiale. La signorina si occuperà della stampa.»

Fleming aveva un viso scuro e pensoso, più preoccupato che imbronciato; ma sembrava stanco e amareggiato. Borbottò con un forte accento del Midland:

«Oh, sì, l’inaugurazione ufficiale. Tutte le luci colorate saranno in azione. Le stelle canteranno Rule Britannia tra angelici cori o io me ne andrò al pub.»

«Spero che sarai qui, John.» Il professore sembrava leggermente irritato. «Nel frattempo potresti far fare una visita a Miss Adamson.»

«Ma se ha da fare, no,» intervenne Judy a voce bassa e ostile. Fleming la guardò con interesse per la prima volta.

«Che cosa ne sa di questo posto?»

«Molto poco, per ora.» Sventolò i suoi fogli. «Mi baso su questi.»

Fleming si girò stancamente verso il centro della stanza con un ampio cenno del braccio.

«Questo, signore e signori, è il più grande e il più moderno radiotelescopio del mondo, per non dire che è il più caro. Ha una potenza da quindici a venti volte maggiore di ogni altro apparecchio esistente e, manco a dirlo, è un miracolo della scienza britannica. Per non parlare dell’ingegneria. Gli elementi ricevitori,» accennò fuori dalla finestra, «sono dirigibili, così che possono seguire la corsa di un corpo celeste attraverso i cieli. Ora lei potrà raccontare tutto, vero?»

«Grazie,» rispose Judy, freddamente. Guardò il professore, ma questi sembrava appena appena imbarazzato.

«Mi spiace averti disturbato, John,» disse.

«La prego, è un piacere. Sempre a sua disposizione.»

Il professore rivolse a Judy la sua attenzione da medico di famiglia.

«Le farò fare io una visita.»

«Lei vuole che sia in funzione per giovedì, vero?» chiese Fleming. «Per Sua Eccellenza il ministro?»

«Sì, John. Sarà tutto in ordine?»

«Sembrerà tutto in ordine. Sua Signoria non capirà se funziona o no. E neppure quei ficcanaso dei giornalisti.»

«Preferirei che funzionasse.»

«Già.»

Fleming si volse per tornare al banco di controllo. Judy si attendeva un’esplosione o almeno qualche manifestazione di dignità offesa da parte del professore, ma questi si limitò a scuotere il capo come di fronte a una diagnosi difficile.

«Non si possono fare imposizioni a un ragazzo come John. Si possono aspettare dei mesi per un’idea. Anni. Ne vale la pena, se l’idea è buona, e con lui di solito è così.» Guardò pensosamente il dorso di Fleming che si allontanava: trasandato, trascurato, i capelli e gli abiti in disordine. «Dipendiamo dai giovani, sa: Ha fatto lui tutto il progetto dell’apparecchio a bassa temperatura; lui e Bridger. I ricevitori sono basati su attrezzature a bassa temperatura, e questo non è il mio campo. C’è un paragrafo a questo proposito da qualche parte.» Accennò distrattamente al fascio di fogli di lei. «L’abbiamo un po’ spremuto, temo.»

Sospirò e la condusse a visitare l’edificio. Le mostrò le fotografie murali del cielo di notte dicendole il nome e le caratteristiche delle grandi radiostelle, le principali fonti dei suoni che sentiamo dall’universo. «Questa,» spiegò, indicando le fotografie, «non è affatto una stella, ma due intere galassie in collisione; e questa è una stella che sta esplodendo.»

«E questo?»

«La Grande Nebulosa di Andromeda. M. 31, la chiamiamo, tanto per confonderla con l’autostrada.»

«Si trova nella costellazione di Andromeda?»

«No. La nebulosa è molto, molto oltre Andromeda. Rappresenta da sola un’intera galassia. Non è una cosa da nulla, vero?»

La ragazza fissò la bianca spirale di stelle e annuì.

«Ne ricevete un segnale?»

«Un sibilo, come quello che ha sentito.»

Vicino al muro c’era una grande sfera di plastica trasparente con una palla piccola e scura al centro e altre palle bianche disposte attorno a essa, come gli elettroni nel modello di un atomo.

«Le sfere di Jacko!» Il professore ammiccò. «O la follia di Jacko, come la chiamano. È la rappresentazione di quanto gira in orbita attorno alla Terra. Tutte queste unità bianche rappresentano dei satelliti, dei missili, e via dicendo. Ferraglia. E qui, in mezzo, c’è la Terra.»

Il professore la fece oscillare dolcemente.

«Forse a lei sembra solo un giocattolo. Jacko pensava che poteva interessare la gente del governo che verrà qui a curiosare. Val certo la pena di registrare quel che accade attorno alla Terra, ma tenere un macchinario di questo genere è tempo e denaro sprecato. Eppure l’esercito ce lo chiede e noi, se non possiamo spillare quattrini dal bilancio della Difesa, non otteniamo il denaro di cui abbiamo bisogno.» Pareva che si divertisse a dire malignità. Ebbe un piccolo gesto aggraziato, indicando la stanza e l’enorme struttura di fuori. «Venticinque milioni di sterline, anzi, di più, ecco quanto è costato.»

«Dunque, c’è un interesse militare?»

«Sì, ma è cosa mia, o meglio del Ministero della Scienza. Non del suo Ministero.»

«Faccio parte del suo personale, ora.»

«Non per mio desiderio.» Il suo modo di fare si fece più duro, cosa che non era accaduta quando Fleming era stato un po’ scortese con lui; Fleming, dopotutto, era uno dei suoi.

«Qualcun altro sa la ragione per cui mi trovo qui?» domandò Judy.

«Non l’ho detto a nessuno.»

Lasciò cadere l’argomento e la condusse in un’altra stanza dove si avvicinò, con precauzione, agli apparecchi ricevitori e alle attrezzature di comunicazione.

«Noi rappresentiamo solo un anello della catena di osservatori posti tutt’intorno al mondo, anche se non siamo l’anello più piccolo.» Con una sorta di pura soddisfazione volse lo sguardo attorno ai quadri di comando, ai fili, ai sostegni dell’apparecchio. «Non mi sentivo vecchio quando cominciammo a mettere insieme quest’attrezzatura, ma ora sì. Ti viene un’idea e pensi: ‘Ecco ciò che dobbiamo fare,’ e ti sembra il primo passo da compiere. Un passo molto breve, forse. Poi si comincia: progetto, ricerca, commissioni, costruzione, diplomazia. Un’ora della tua vita qui, un mese là. Speriamo che funzioni. Oh, ecco Whelan! È l’esperto di questa parte dell’osservatorio.»

Judy venne presentata a un giovane dal viso pallido e dall’accento australiano che si precipitò sulla sua mano come su qualcosa che avesse perduto.

«Non ci siamo già conosciuti?»

«Non credo.» La ragazza lo fissò con aria ingenua, gli occhi azzurri spalancati, ma l’altro non si lasciò scoraggiare.

«Ne sono sicuro.»

Judy esitò e si guardò attorno in cerca di aiuto. Harries, l’uomo delle pulizie, era in piedi in mezzo alla stanza e, quando lei lo guardò, scosse impercettibilmente il capo. La ragazza si volse di nuovo a Whelan.

«Mi spiace, non ricordo.»

«Forse a Woomera…»

Il professore la condusse nuovamente nella sala principale di controllo.

«Come si chiama?»

«Whelan.»

Prese un appunto sul suo taccuino. Il gruppo al banco di controllo si era diviso, restava soltanto un giovane, al posto del tecnico di turno, seduto a controllare i quadri. Il professore la condusse direttamente da lui.

«Salve, Harvey.»

Il giovane volse il capo e fece per alzarsi.

«Buona sera, professor Reinhart.» Era educato, almeno. Judy guardava l’enorme apparecchiatura fuori dalla finestra, la brughiera deserta e il cielo che andava ora prendendo un cupo color porpora.