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Le lancette dell’orologio a muro stavano avvicinandosi alle dieci quando le lampade del quadro smisero di lampeggiare. Fleming sospirò e fece per avvicinarsi all’apparecchio. Judy gli sfiorò un braccio con la punta delle dita come per confortarlo. Lui si volse per baciarla, e mentre la baciava la stampatrice entrò in azione.

Reinhart si fermò per la notte ad Aberdeen, dove si svolgeva un seminario di università scozzesi. Il seminario era una scusa; non voleva fare il resto del viaggio faccia a faccia con la comitiva educatamente condiscendente di Londra. La sua sola consolazione fu di incontrare una vecchia amica, Madeleine Dawnay, professoressa di chimica a Edimburgo. Era probabilmente la miglior biochimica del paese, meravigliosamente abile, rassicurante e con il fascino, dicevano i suoi allievi, di una provetta piena di pelle secca. Chiacchierarono a lungo, poi lui si ritirò nella sua stanza d’albergo e rimase lì a rodersi.

Il mattino seguente ricevette un telegramma da Thorness: SCALA REALE ALL’ASSO. TORNI SUBITO. FLEMING. Disdisse la prenotazione sull’aereo per Londra, prese il biglietto del treno e ripartì di nuovo verso nord-ovest portando la Dawnay con sé.

«Che significa?» gli chiese quest’ultima.

«Spero proprio che significhi che è accaduto qualcosa. Quell’accidente di apparecchio costa parecchi milioni di sterline e ieri pensavo che saremmo diventati lo zimbello di Whitehall.»

Non sapeva davvero perché portasse con sé la professoressa. Forse per averne un appoggio morale.

Quando telefonò alla base da Thorness per chiedere un’auto e un secondo lasciapassare, la sua chiamata fu passata direttamente nell’ufficio di Quadring.

«Maledetti scienziati,» brontolò Quadring con il suo attendente. «Vanno e vengono come se questa fosse una fiera.»

Prese il lasciapassare che l’attendente aveva compilato e percorse il corridoio fino all’ufficio di Geers. Solitamente era una persona abbastanza cordiale, ma Judy era appena stata da lui per fare rapporto sulla sparatoria e si sentiva irritato e con i nervi a fior di pelle.

«Le dispiacerebbe firmarlo, signore?» Posò il lasciapassare sulla scrivania di Geers.

«Di chi si tratta?»

«È una persona che il professor Reinhart sta portando qui.»

«Ha già controllato chi è questo signore?»

«È una signora, a dire il vero.»

«Come si chiama?» Geers lanciò un’occhiata al documento attraverso le lenti bifocali.

«È la professoressa Dawnay.»

«Dawnay? Madeleine Dawnay?» Lo guardava con rinnovato interesse. «Non c’è da preoccuparsi per lei. Eravamo insieme a Manchester, prima che lei se ne andasse.»

Sorrise, ricordando, mentre firmava la tessera. Quadring si mosse a disagio.

«Non è facile tener d’occhio tutta questa gente del Ministero della Scienza.»

«Finché se ne stanno nei loro alloggi?» Geers gli restituì il lasciapassare.

«Ma non ci stanno.»

«Chi non ci rimane?»

«Uno è Bridger. Va molto spesso all’isola con la sua barca.»

«Gli piace studiare gli uccelli.»

«Pensiamo che si tratti d’altro. A mio parere porta con sé dei documenti.»

«Documenti?» Geers alzò lo sguardo di botto, facendo luccicare gli occhiali. «Ha delle prove?»

«No.»

«Be’, allora…»

«Non potremmo farlo perquisire al molo d’attracco?»

«E se non avesse nulla addosso?»

«Mi stupirebbe.»

«E noi ci faremmo la figura degli stupidi, non le pare?» Geers si tolse gli occhiali e fissò il maggiore con aria poco incoraggiante. «E se avesse qualcosa in ballo lo metteremmo in guardia.»

«Ha senz’altro qualcosa in ballo.»

«Allora trovi dei fatti concreti su cui basarci.»

«Non vedo come sia possibile.»

«È lei il responsabile del Servizio di Sicurezza di qui.»

«Sì, signore.»

Per un istante Geers gli dedicò la sua piena attenzione.

«E che mi dice di Miss Adamson?»

Quadring raccontò.

«Null’altro?»

«Che si sappia, no.»

«Hum.» Ripiegò le stanghette degli occhiali con un colpo secco che chiudeva l’argomento. «Se sta andando all’edificio del calcolatore può dare il lasciapassare alla professoressa Dawnay.»

«Non sto andando là.»

«Allora mandi qualcuno. E le porga i miei saluti. Anzi, se finiscono a un’ora ragionevole potrebbero passare da me per bere un bicchierino.»

«Benissimo, signore.» Quadring si allontanò lentamente dalla scrivania.

«E anche Fleming, direi, se è con loro.»

«Sissignore.»

Giunse alla porta. Geers fissava il soffitto con aria meditabonda, ripensando a Madeleine Dawnay.

«Vorrei che potessimo fare più ricerca fondamentale. Ci si stanca del lavoro di realizzazione.»

Quadring uscì dalla comune.

In conclusione fu Judy a portare il lasciapassare. La Dawnay era nella sala di controllo del calcolatore e Reinhart e Bridger glielo facevano visitare, mentre Christine cercava di rintracciare al telefono Fleming. Judy consegnò il lasciapassare e venne presentata.

«Relazioni pubbliche? Bene, sono contenta che si permette alle ragazze di fare qualcosa,» disse la Dawnay con la sua voce maschile e animata. Fissava tutti con occhi acuti ma non privi di gentilezza. Reinhart si agitò un poco: era più nervoso del solito.

«Che cosa voleva, John?»

«Non lo so,» rispose Judy. «Per lo meno io non ci capisco gran che.»

«Mi ha mandato un telegramma.»

Dopo un minuto Fleming si precipitò dentro.

«Ah, eccoti qua.»

Reinhart gli balzò incontro.

«Cos’è accaduto?»

«È solo?» chiese Fleming guardando gelido la Dawnay.

Un po’ irritato Reinhart fece le presentazioni, e spostava il peso del corpo nervosamente da un piede all’altro mentre la Dawnay interrogava Fleming a proposito del calcolatore.

«Madeleine è perfettamente al corrente.»

«Beata lei. Vorrei esserlo anch’io.» Fleming pescò in tasca un foglio ripiegato e lo diede al professore.

«Di che si tratta?» Reinhart l’apri. Fleming l’osservava divertito come un ragazzino che stia facendo uno scherzo a un adulto. Il foglio portava stampate parecchie righe di cifre.

«Quando le ha stampate?» chiese Reinhart.

«Ieri notte, dopo che lei se n’era andato. Judy e io eravamo qui.»

«Non me l’avevi detto,» intervenne Bridger in tono di rimprovero.

«Te n’eri già andato.»

Alla vista delle cifre Reinhart si accigliò: «Ha un qualche significato per te?»

«Non lo riconosce?»

«Non posso dire di sì.»

«Non è la spaziatura relativa dei livelli di energia nell’atomo di idrogeno?»

«Davvero?» Reinhart passò il foglio alla Dawnay.

«Vuoi dire,» chiese Bridger, «che all’improvviso si è messo a stampare questo?»

«Sì, potrebbe essere.» La Dawnay scorreva lentamente con lo sguardo le cifre. «Sembrano le frequenze relative. Che cosa straordinaria.»

«Tutta la cosa è un po’ fuori dal comune,» commentò Fleming.

La Dawnay rilesse le cifre e annuì.

«Non capisco bene.» Judy si domandava se non fosse insolitamente ottusa.

«Sembra che qualcuno lassù,» la Dawnay indicò il cielo, «si sia dato un gran daffare per dirci quello che già sappiamo sull’atomo di idrogeno.»

«Se è tutto qui.» Judy guardò Fleming che non diceva nulla. Madeleine Dawnay si rivolse a Reinhart.

«È un po’ una delusione.»