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«Stia zitto,» gli ordinò Quadring, «si tenga lontano dallo strapiombo.»

«Aspettiamo Dennis Bridger,» spiegò Judy.

«Dennis?» Era sotto shock, e capiva solo lentamente quanto accadeva.

«Io me ne andrei,» gli consigliò Quadring. «A meno che non voglia essere presente al suo arresto.»

«Al suo arresto?» Fleming si volse di nuovo lentamente da Quadring a Judy; il significato delle parole penetrava nella sua mente.

«Siete tutti pazzi!»

«Si tenga indietro e zitto,» ripeté Quadring.

Fleming si diresse verso il bordo della scogliera, ma a un cenno di Quadring i due soldati l’afferrarono per i gomiti e lo spinsero indietro. Rimase tra di loro, bloccato, impotente e disperato. Un sudore gelido gli scorreva lungo il viso: riusciva a vedere solo Judy.

«C’entri anche tu in questa storia?»

«Sai bene quel che abbiamo scoperto.» Evitava lo sguardo di lui.

«C’entri anche tu?»

«Sì,» rispose e si allontanò per andare a mettersi vicino a Quadring.

Lasciarono che Bridger salisse fino in cima al sentiero, trascinando la pesante gamella che aveva nascosto nella caverna. Non appena la sua testa apparve sopra il bordo, Fleming gli gridò:

«Dennis!»

Uno dei soldati strinse la mano sulla bocca di Fleming, ma ormai Bridger li aveva scorti. Prima che Quadring potesse raggiungerlo, lasciò cadere la gamella e fuggì.

Nonostante gli stivali correva veloce lungo il sentiero sul crinale della scogliera. Quadring e i soldati gli correvano pesantemente dietro, seguiti a loro volta da Fleming e da Judy. Nella fredda luce del mattino sembrava una caccia al cervo. Non riuscivano a vedere dove stesse andando Bridger. Giunse all’estremità del promontorio, poi si volse e scivolò. Gli stivali di gomma, bagnati, sdrucciolarono sull’erba del crinale: e poi precipitò. Cinque secondi più tardi era un corpo maciullato sulle rocce in riva al mare.

Fleming si unì ai soldati sulla scogliera: guardò giù. Quando Judy lo raggiunse si allontanò senza parlare e si diresse lentamente alla base. Aveva ancora una scheggia di vetro del microscopio in un dito. Si fermò un attimo per estrarla, poi proseguì.

7

Analisi

Il generale Vandenberg in quel periodo aveva fatto sistemare il suo quartier generale alleato in un bunker a prova di bomba sotto il Ministero della Difesa. Le sue funzioni di coordinatore si erano a poco a poco estese così che egli era ora virtualmente a capo della strategia aerea locale. Per quanto non gradisse molto questo stato di cose, il governo di Sua Maestà lo accettava, in considerazione della situazione internazionale che peggiorava di giorno in giorno: la stanza delle operazioni, attigua al suo ufficio privato, era dominata da un planisferio a muro sul quale erano segnate le traiettorie di un numero allarmante di satelliti, dalla potenza sconosciuta. Insieme agli ordigni russi e americani, alcuni dei quali forniti di armi nucleari, c’era un traffico sempre maggiore messo in orbita da altre potenze, i cui rapporti fra di loro e con l’Occidente erano molto spesso prossimi al punto di frattura. La moralità pubblica diveniva più inconsistente, come l’atmosfera, man mano che uomini e macchine salivano più in alto. E di anno in anno la precaria tregua che avrebbe dovuto controllare gli strati superiori dell’aria e gli spazi oltre si avvicinava sempre più a precipitare nell’anarchia.

Vandenberg attraverso il Ministero della Difesa aveva preso sotto il suo controllo tutti i centri locali, Thorness compreso. Procedeva con dolcezza ma con decisione, e sorvegliava attentamente quanto accadeva. Quando ricevette il rapporto sulla morte di Bridger, mandò a chiamare Osborne.

La posizione di quest’ultimo era ora assai diversa da quella che era stata nei primi tempi di Bouldershaw Fell. Lungi dal rappresentare un Ministero in ascesa, lui e Ratcliff dovevano inchinarsi ai desideri dei militari, cercando alla meglio di mantenere voce in capitolo nei loro propri affari. Non che Osborne si lasciasse facilmente turbare, se ne stava davanti alla scrivania di Vandenberg, impeccabile e tranquillo come al solito.

«Si sieda.» Vandenberg gli indicò una sedia. «Si accomodi.»

Riesaminarono episodio per episodio le circostanze della morte di Bridger, come se stessero giocando a scacchi; il generale sondava e Osborne si teneva sulla difensiva, ma non negava nulla e non cercava scuse.

«Devo ammettere,» concluse Vandenberg, «che il vostro Ministero ha ingarbugliato parecchio questa faccenda.»

«È questione di opinione.»

Vandenberg spinse indietro la sedia e andò a guardare la carta murale.

«Non possiamo permetterci di giocherellare, Osborne. Potremmo sfruttare quella macchina. È costruita su terreno militare, con l’aiuto dell’esercito. Potremmo usarla nell’interesse comune.»

«Che diavolo pensa che stia facendo Reinhart?» Osborne a questo punto era seccato. «Sono certo che a voi piacerebbe mettergli le mani sopra. Sono certo che vi sembriamo tutti degli anarchici perché non abbiamo delle menti disciplinate. So bene che è accaduta una tragedia. Ma lassù stanno facendo qualcosa di importanza vitale.»

«E noi no?»

«Ma non potete fermarli da un giorno all’altro mentre stanno lavorando.»

«Il Consiglio ce ne darebbe il permesso.»

«Glielo avete già chiesto?»

«No, ma ce lo darebbero.»

«Almeno,» Osborne si calmò di nuovo, «almeno lasciateci finire il progetto attuale; sempre che vi diamo delle garanzie sicure.»

Non appena fu tornato nel suo ufficio telefonò a Reinhart.

«Per amor del cielo, si tenga buono Geers,» gli disse.

Il colloquio di Reinhart con il direttore fu malinconicamente simile a quello di Osborne con Vandenberg, ma Reinhart era uno stratega migliore di Geers. Dopo due ore sfibranti chiamarono Judy.

«Dobbiamo rinforzare il servizio di sicurezza qui, Miss Adamson.»

«Non vi aspetterete che…?» La ragazza si interruppe.

Geers la fissò attraverso gli occhiali e lei si rivolse a Reinhart per aver una spiegazione.

«La mia posizione qui diventa intollerabile. Tutti avevano fiducia in me e ora si scopre che sono un informatore del Servizio di Sicurezza.»

«Io l’ho sempre saputo,» disse con gentilezza Reinhart. «E la professoressa Dawnay lo ha immaginato. E accetta la situazione.»

«Il dottor Fleming no.»

«Non è necessario che lui la accetti,» obiettò Geers.

«Per lui ero qualcosa di diverso.»

«Tutti sanno che lei aveva un lavoro da fare.» Reinhart si fissava con aria infelice le mani. «E tutti lo rispettano.»

«Io non lo rispetto.»

«Come dice, prego?» Geers si tolse gli occhiali e batté le palpebre fissandola, come se non la vedesse bene. La ragazza tremava.

«L’ho detestato fin da principio. Era perfettamente chiaro che tutti qui dentro erano degni di fiducia incondizionata, salvo Bridger.»

«Anche Fleming?»

«Il dottor Fleming vale dieci volte di più di chiunque altro io abbia mai conosciuto. Ha bisogno di venir protetto dalle sue stesse indiscrezioni, e io ho cercato di farlo. Ma non intendo continuare a spiarlo.»

«Che dice Fleming?» chiese Reinhart.

«Non mi parla da quando…»

«Dov’è?» chiese Geers.

«Starà bevendo, penso.»

«Ancora questa storia, eh?» Geers alzò gli occhi al cielo con disperazione, e Judy si sentì improvvisamente furibonda.

«Cosa crede che possa fare dopo quel che è successo? Che giochi alla tombola?» Si rivolse ancora con poche speranze a Reinhart. «Mi sono affezionata a… a tutti loro, li ammiro.»

«Cara ragazza, io non sono nella posizione…» Reinhart evitava i suoi occhi. «Probabilmente va bene anche se la cosa è risaputa.»

Judy si ritrovò sull’attenti. Si rivolse a Geers.