Nel giro di pochi giorni arrivarono i risultati dell’autopsia di Christine. Al professore fu risparmiata almeno la dura prova di dare spiegazioni ai parenti, perché i genitori di lei erano morti e non aveva altri familiari in Inghilterra. Fleming gli mandò una lettera breve e triste nella quale gli diceva che il calcolatore non era stato danneggiato e che, circa la morte di Christine, aveva una sua teoria. Poi giunse una lettera più lunga, nella quale diceva che il circuito, dopo l’esplosione, era stato riparato, e che il calcolatore ora stava lavorando a pieno regime, trasferendo alla memoria un quantitativo fantastico di informazioni; Fleming però non diceva che genere di informazioni. Un paio di giorni dopo gli telefonò la Dawnay, per dirgli che il calcolatore aveva cominciato a stampare dati. Ne usciva una massa enorme di cifre, e per quello che potevano capire lei e Fleming, questa volta non erano sotto forma di domanda, ma erano informazioni.
«Sono altrettanto formule per la biosintesi,» disse. «Fleming pensa che chieda un nuovo esperimento; e credo che sia nel giusto.»
«Altri mostri?» chiese Reinhart, al telefono.
«Forse. Ma questa volta è una faccenda più complessa. Sarà un lavoro terribile. Avremo bisogno di facilitazioni molto maggiori, temo, e di molto più denaro.»
Reinhart fece un altro tentativo di vedere Osborne, e fu convocato, con sua grande sorpresa, al Ministero della Difesa.
Quando arrivò, Osborne aspettava nell’ufficio di Vandenberg. Erano presenti anche Vandenberg e Geers: sembrava che avessero già parlato, a lungo. La borsa di Geers era buttata aperta sul tavolo, e i molti documenti che conteneva erano già stati tirati fuori ed esaminati. Qualcosa di stridente e ostile nell’atmosfera della stanza mise in guardia il professore.
«Si accomodi,» disse Vandenberg automaticamente, senza sorridere. Ci fu una pausa forzata; tutti aspettavano che qualcun altro parlasse; poi Vandenberg aggiunse: «Mi è stato detto che avete fatto fuori un’altra persona.»
«È stato un incidente,» rispose Reinhart.
«Certo, certo. Due incidenti.»
«Il governo ha ricevuto i risultati dell’inchiesta,» disse Osborne, fissando il tappeto. Geers tossicchiò nervoso e cominciò a riordinare le carte.
«Dunque?» Reinhart guardò il generale e attese.
«Mi spiace, professore,» disse Vandenberg.
«Di che cosa?»
Per la prima volta Osborne lo guardò. «Dobbiamo accettare un cambio di controllo, una restrizione generale.»
«Perché?»
«La gente comincia a farsi delle domande. E si scoprirà presto che voi avete quella creatura viva sulla quale state facendo esperimenti.»
«Si riferisce forse all’Associazione per la protezione degli animali? È solo una serie di molecole che abbiamo messo insieme noi.»
«Questo non li renderà più contenti.»
«Non potete interrompere a metà…» Lo sguardo di Reinhart passò dall’uno all’altro, cercando di indovinare che cosa avessero in mente. «La Dawnay e Fleming hanno appena cominciato a lavorare su una nuova pista.»
«Lo sappiamo,» disse Geers battendo sui fogli che stava rimettendo nella cartella.
«E allora?…»
«Mi spiace,» ripeté Vandenberg. «Il vostro lavoro finisce qui.»
«Non capisco.»
Osborne si mosse a disagio sulla sedia. «Ho fatto del mio meglio. Abbiamo tutti combattuto come potevamo.»
«Combattuto chi?»
«Quelli del governo sono molto decisi.» Osborne pareva ansioso di evitare i particolari. «Abbiamo perso la nostra causa, Ernest. È stato tutto discusso e siamo stati sconfitti nelle alte sfere.»
«E ora, poi,» interferì Vandenberg, «voi avete eliminata un’altra persona.»
«Questa è solo una scusa.» Reinhart si drizzò in tutta la sua statura per affrontare l’altro, dietro la scrivania. «Volete che lasciamo perdere la faccenda perché vi fa gola il calcolatore. Inventate ogni sorta di pretesti…»
Vandenberg sospirò. «È così che vanno le cose. Non mi aspetto che lei capisca il nostro punto di vista.»
«E voi non ci aiutate a capirlo.»
Geers fece scattare la serratura della sua cartella e accennò un breve sorriso.
«Reinhart, la verità è che vogliono il suo ritorno a Bouldershaw Fell.»
Reinhart lo guardò con disgusto.
«A Bouldershaw Fell? Non mi ci lasciano neppure entrare.»
Geers fissò il generale con aria interrogativa e questi gli rispose con un cenno.
«Il governo ci ha messo a parte di alcune cose,» disse con aria di importanza.
«È della massima segretezza, lei capisce,» aggiunse Vandenberg.
«Allora forse sarebbe bene non dirmi nulla.» Reinhart se ne stava irrigidito come un animale preso in trappola.
«Ma lei dovrà saperlo,» insisté Geers. «C’entrerà anche lei. Il governo ha lanciato un S.O.S. Vogliono che tutti voi vi mettiate al lavoro per la Difesa.»
«Senza nessuna considerazione per quel che stiamo facendo?»
«È una decisione del governo.» Osborne fissava il tappeto. «Abbiamo ottenuto le migliori condizioni possibili.»
Vandenberg si alzò dirigendosi verso la carta geografica al muro.
«Le potenze occidentali sono profondamente preoccupate.» Neppure lui guardava Reinhart. «A causa di alcune tracce che abbiamo captato.»
«Quali tracce?»
«In particolare è stato il vostro radiotelescopio a captarle. È il solo apparecchio in nostro possesso che abbia un livello di precisione abbastanza alto. Ci sta dando la rotta di molti ordigni in orbita.»
«Terrestri?» Reinhart esaminò le traiettorie tracciate sulla carta. «È questo che vi preoccupa tanto?»
«Sì. Qualche potenza dell’altro emisfero li mette in orbita uno dopo l’altro; ma i nostri vecchi schermi di controllo non hanno un raggio d’azione abbastanza vasto. L’Agenzia spaziale nelle Nazioni Unite non ha alcuna idea in proposito, come non ne ha l’alleanza occidentale. Nessuno ne ha.»
Geers concluse per lui: «Così desiderano che se ne occupi lei.»
«Ma non è il mio campo.» Reinhart stava deciso di fronte alla scrivania. «Io sono un astronomo.»
«E quello che sta facendo adesso, è forse nel suo campo?» chiese Vandenberg.
«No, ma è di lì che prende le mosse… Da una sorgente astronomica.»
Per un minuto nessuno gli rispose.
«Bene, questo è quanto vuole il governo,» disse alla fine Osborne.
«E il lavoro di Thorness?»
Vandenberg si volse a lui. «La vostra squadra — quello che ne rimane — sarà diretta dal dottor Geers.»
«Geers!»
«Io sono il direttore della base.»
«Ma lei non ne conosce neppure i primi elementi…» Reinhart si trattenne.
«Sono un fisico,» ribatté Geers. «O, perlomeno, lo ero. Credo di poter rispolverare tutto quanto in fretta.»
Reinhart lo fissò, sprezzante. «È quello che ha sempre voluto, no?»
«Non l’ho voluto io,» rispose Geers astioso.
«Signori!» nitrì Osborne con aria di riprovazione.
Vandenberg tornò pesantemente alla sua scrivania. «Non facciamone una questione personale.»