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Le si avvicinò. «Sei una schiava, vero?»

«Perché non te ne vai?» gli chiese.

«Andarmene?»

«Ora. Finché puoi.»

«Fammi andare via tu.» La fissava, duro e ostile, ma lei volse il capo.

«Può darsi che io lo debba fare,» rispose. Rimase fermo, sfidandola a continuare, ma lei non si voleva lasciar trascinare. Dopo qualche secondo Fleming guardò l’orologio e grugnì.

«Vorrei tanto che questi buffoni di diplomatici l’avessero già finita.»

Quando il primo ministro si decise ad arrivare era scortato da ufficiali, uomini politici e segugi di Scotland Yard. Geers li condusse al calcolatore. Erano seguiti da Burdett e da Hunter e da un codazzo di persone meno importanti, in una teoria che finiva con Judy, che veniva per ultima e chiudeva le porte dietro di loro. Con un ampio gesto Geers indicò la sala di controllo.

«Questo, Eccellenza, è il calcolatore.»

«Del tutto incomprensibile per me,» disse il primo ministro, come se questo fosse un vantaggio. Si accorse della presenza di Andromeda. «Buon giorno, madamigella. Congratulazioni.»

Si diresse verso di lei con la mano protesa, che lei prese e strinse un po’ rigida.

«Lei capisce tutto questo?» le chiese. Andromeda sorrise educatamente. «Sono certo che è così, e gliene siamo tutti molto grati. È davvero un grosso cambiamento per noi, in questo paese, essere capaci di fare una dimostrazione di forza. Ci prenderemo molta cura di lei. La trattano bene?»

«Sì, grazie.» La comitiva le stava attorno a semicerchio, osservandola e ammirandola, ma lei non disse altro. Fleming colse lo sguardo di Judy e accennò al primo ministro. Per un momento lei non capì che cosa lui desiderasse, poi comprese e si affiancò a Geers.

«Non credo che al primo ministro sia stato presentato il dottor Fleming,» mormorò. Geers si accigliò; il suo atteggiamento amichevole pareva un po’ fragile, in alcuni punti.

«Bene, bene.» Il primo ministro non pareva trovare altro da dire ad Andromeda. Si volse di nuovo a Geers.

«E dove tenete i razzi?»

«Glielo farò vedere, Eccellenza, e vorrei che visitasse il laboratorio.»

Si mossero, lasciando Judy dov’era. «Il dottor Fleming…» tentò, senza alcun successo. Ma essi non la sentirono. Fleming fece un passo avanti.

«Mi scusi un istante…»

Geers gli rivolse uno sguardo torvo.

«Non ora, Fleming.»

«Ma…»

«Cosa desidera quel giovanotto?» chiese con mitezza il primo ministro. Geers sfoderò un sorriso.

«Nulla, Eccellenza, non vuole nulla.»

Il primo ministro, pieno di tatto, continuò nella sua strada e quando Fleming fece un passo avanti Hunter gli mise una mano sul braccio.

«Per amor del cielo!» sibilò Hunter.

Sulla porta che dava nell’ala del laboratorio Geers si volse.

«Meglio che lei venga con noi.» Si rivolgeva ad Andromeda, ignorando gli altri.

«Venga, mia cara,» disse il primo ministro, tirandosi da lato per lasciarla passare. «Prima la bellezza e il cervello.»

Tutta la processione sfilò nel laboratorio, salvo Judy.

«Vieni?» chiese a Fleming, che si teneva alle loro spalle, fissandoli.

Lui scosse il capo. «Magnifico, vero?»

«Ho fatto del mio meglio.»

«Splendido.»

Judy cincischiava il fazzoletto. «Avrebbero almeno dovuto permetterti di parlare. È un bel furbone, anche se sembra una vecchia zitella.»

«Come un certo altro.»

«Chi?»

«Uno che veniva dalla montagna.» Le rivolse un pallido sorriso, «Uno dei pifferi di montagna che andavano per suonare e furono suonati.»

Judy conosceva il detto, e si sentì irritata. «Andremo tutti a farci suonare, tranne te, vero?»

«Sai cosa mi ha appena detto Andromeda?»

«No.»

Lui cambiò idea e passò lo sguardo da Judy al quadro di controllo. «Ho un’idea in testa.»

«Un’idea che potrei capire?»

«Guarda come ticchetta bene, come è liscio e ritmico.» Il calcolatore lavorava con regolarità, con un ronzio soffocato e le luci che lampeggiavano ordinate. «Fa le fusa come se ci avesse già pappati. E se ora io tirassi via la corrente?»

«Non te lo permetterebbero.»

«O se prendessi un martello e lo facessi a pezzetti?»

«Non riusciresti a metterti in salvo, con le sentinelle. E comunque potrebbero ricostruirlo.»

Fleming estrasse da un cassetto del banco di controllo un blocco e alcuni fogli. «Allora non ci resta che dargli un colpo dal lato intellettuale, ti pare? Ho già procurato un colpetto alla fanciulla, ora sarebbe bene cominciare con lui.» Sì avvide che lei lo fissava dubbiosa. «Non avere paura, non dovrai dare fiato alle trombe. Ritornano da questa parte?»

«No. Usciranno dalla porta del laboratorio.»

«Bene.» Cominciò a copiare sul blocco dei numeri dal foglio.

«Cos’è?»

«Una formula abbreviata della creatura.»

«Andromeda?»

«Chiamala come ti pare.» Continuava a scarabocchiare. «È così che la chiama la macchina. Non è proprio una formula, è un numero di matricola.»

«Che vuoi fare?»

«Fare un po’ di cambiamenti.»

«Non avrai intenzione di combinare dei guai?»

Lui scoppiò a ridere. «Meglio che tu continui a fare da cicerone; per questa storia ci vorrà un po’ di tempo.»

«Avviserò le sentinelle.»

«Avvisa chi ti pare.»

Lei esitò, poi si diede per vinta e andò a raggiungere la comitiva. Quando se ne fu andata Fleming controllò le cifre poi si diresse con il blocco verso l’unità di ingresso. «Ti darò io qualcosa a cui pensare,» disse a voce alta rivolto alla macchina. Poi sedette e cominciò a scrivere il messaggio.

Aveva appena finito quando entrò Andromeda.

«Pensavo che fossi andata a vedere i razzi.»

Lei si strinse nelle spalle. «Non è interessante.»

Le lampade del quadro di controllo cominciarono a lampeggiare più forte e all’improvviso si senti uno schianto terribile provenire dalla stampa-dati di uscita che cominciò a lavorare furiosamente.

Andromeda levò lo sguardo, sbalordita. «Che accade?»

Fleming si diresse veloce alla stampatrice e lesse le cifre man mano che venivano battute sul foglio.

Sorrise. «Sembra che il tuo amico sia andato fuori dai gangheri.»

Andromeda attraversò la stanza e guardò al di sopra della spalla di lui.

«Ma non significa nulla!»

«Esatto.»

La stampatrice, senza preavviso, come aveva cominciato, smise di stampare, lasciandoli immersi nel silenzio.

«Cosa hai fatto?» chiese la ragazza. Lesse attentamente tutte le cifre senza capire. «Non ha alcun significato!»

Fleming le rivolse una smorfia. «No. Per un momento ha perso il proprio controllo. Penso che abbia dei disturbi psichici.»

«Che cosa gli hai fatto?» chiese la ragazza. Si mosse verso i terminali ma Fleming la fermò.

«Tienti lontana.»

Si fermò, incerta. «Che cosa gli hai fatto?»

«Gli ho dato solo alcune informazioni.»

Guardandosi attorno Andromeda vide il blocco al di sopra dei tasti dell’unità di ingresso. Si avvicinò lentamente e lo lesse.

«Questa è la mia formula… a rovescio.»

«Messa al negativo,» confermò Fleming.

«Penserà che sono morta.»

«Proprio quel che volevo io.»

Lo fissò, sbalordita. «Perché?»

«Volevo fargli sapere che non può pretendere che tutto vada secondo la sua volontà.»

«È stata una stupidaggine.»

«Sembra che ti valuti parecchio,» commentò, pieno di disprezzo.

Lei si volse ai terminali. «Bisogna che gli dica che sono viva.»

«No!» La tenne ferma per le braccia.

«Devo. Pensa che io sia morta e devo dirgli che non è vero.»

«E allora io gli dirò di nuovo che sei morta. Posso tirare avanti questo giochetto finché il calcolatore non capirà più se è vero o no.»