Il direttore l’ascoltava con un’impazienza che non si dava neppure la pena di dissimulare. «Lei sta lavorando di fantasia,» disse infine.
«No, non sto lavorando di fantasia, Geers. Era inevitabile che accadesse, solo che non l’ho capito in tempo.»
«Ha il suo lasciapassare?» Gli occhi di Geers attraverso gli occhiali sprizzavano scintille. «Per l’edificio del calcolatore.»
Fleming sbuffò frugandosi in tasca. «Non può dirmi nulla, su questo. È perfettamente in ordine.»
Glielo passò attraverso la scrivania. Geers lo prese, l’esaminò e lentamente lo stracciò.
«Perché?»
«Ci costa troppo, Fleming. Basta.»
Fleming a sua volta percosse la scrivania con un pugno. «No, rimango alla base.»
«Stia dove le pare. Ma i suoi contatti con il calcolatore sono finiti. Mi spiace.»
Geers si sentiva meglio adesso che Fleming era fuori dai piedi, e ancora meglio si sentì quando seppe del miglioramento di Andromeda. Volle sapere tutte le notizie possibili sull’enzima dalla Dawnay e da Hunter, poi si mise in comunicazione sulla sua linea diretta con Whitehall. La reazione fu quella che si immaginava. Mandò a chiamare Andromeda, la interrogò e sembrò molto soddisfatto.
Fleming, un anno o due prima, avrebbe cominciato a bere, ma questa volta non aveva nemmeno voglia di fare questo. Lo stesso impulso che lo aveva legato al calcolatore, lo legava ora alla base: sebbene ormai non potesse fare più nulla, sebbene non potesse prendere parte alcuna all’esecuzione del progetto, rimase alla base, solitario e incerto; faceva lunghe passeggiate, se ne stava sdraiato sul letto. Si era nel cuore dell’inverno, ma di un inverno calmo e grigio che sembrava nascondere qualcosa di molto drammatico.
Fleming, circa una settimana dopo l’incidente, o la punizione, come pensava lui, tornava da una passeggiata in brughiera quando vide un’auto enorme, straordinariamente lucida, di fronte all’ufficio di Geers; e mentre passava accanto, ne vide uscire un ometto quadrato dalla testa calva.
«Dottor Fleming!» L’uomo calvo sollevò una mano per fermarlo e salutarlo.
«Cosa fa qui?»
«Spero che non le spiaccia,» disse Kaufmann. Fleming si guardò attorno. «Se ne vada.»
«Per piacere, Herr Doktor, non si senta in imbarazzo.» Kaufmann gli sorrise. «Sono qui in veste assolutamente ufficiale. Agente numero uno ai Lloyds. Non la comprometto.»
«Non ha compromesso neppure Bridger, vero?» Fleming accennò col capo al cancello principale. «Quella è l’uscita.»
Kaufmann sorrise di nuovo, e tirò fuori la scatola di cigarillos. «Fuma?»
«Qualche volta, quando sono nervoso,» rispose. «Non mi interessa nulla di quel che può offrirmi. Provi alla porta accanto.»
«È quel che faccio.» Kaufmann rise e si ficcò un sigaro tra i denti. «É proprio quel che faccio. L’ho fermata, Herr Doktor, per dirle che non la importunerò più; ho altri mezzi, ora, molto migliori, molto più onesti.»
Sorrise ancora, accese il sigaro, ed entrò senza esitazioni nel vestibolo dell’ufficio di Geers.
Fleming andò di corsa agli uffici del Servizio di Sicurezza, ma Quadring era via e non si sapeva dove fosse Judy. Finalmente riuscì a prendere contatto con Judy, per telefono, ma quando la ragazza giunse all’ufficio di Geers, il direttore stava giusto accompagnando fuori Kaufmann. Sembrava che i due uomini fossero in rapporti molto cordiali, e Geers fumava uno dei cigarillos di Kaufmann.
«In materia d’affari,» diceva Kaufmann, «il procedimento è senza importanza. Non siamo curiosi; è il risultato che conta, no?»
«Noi vendiamo dei risultati.» Geers aveva il viso illuminato dal suo miglior sorriso. Gli tese una mano. «Auf wiedersehen.»
Judy li vide stringersi la mano e vide Kaufmann tornare alla propria auto. Quando il direttore si girò per rientrare nel suo ufficio, disse: «Posso parlarle un minuto?»
Il sorriso di Geers si spense. «Sono piuttosto occupato.»
«Ma è una questione importante. Lei sa chi è quell’uomo?»
«Si chiama Kaufmann.»
«Intel.»
«Giusto.» Le dita di Geers si contrassero sulla maniglia.
«Era a Kaufmann che il dottor Bridger intendeva vendere…» cominciò Judy, ma Geers l’interruppe.
«So tutto del caso Bridger.»
Dietro la voce di lui Judy sentì il rumore dell’auto che si allontanava. Questo fece sembrare terribilmente impellente quanto sentiva: doveva ficcarglielo in testa.
«Era la Intel. Portavano via i segreti…»
Geers superò la soglia. «Non mi stanno sottraendo dei segreti,» ribatté altezzoso.
«Ma…» Senza esserne richiesta Judy lo seguì all’interno e scoprì la Dawnay che lo aspettava, in silenzio, nell’ufficio. All’improvviso si sentì sconcertata è mormorò confuse parole di scusa alla professoressa.
«Non si preoccupi per me, cara,» rispose la Dawnay in tono neutro, e si diresse all’altro capo della stanza. Geers sedette all’altro capo della scrivania e fissò Judy con aria formale.
«Stiamo trattando un accordo commerciale.»
«Con la Intel?» L’orrore e l’assurdità di tutta la situazione le si affollarono alla mente: le pazzie accumulate negli ultimi mesi e anni. Rimase a bocca aperta davanti a lui, davanti alla lucida scrivania, finché ritrovò la voce. «Mi è stato affidato questo incarico perché non ci fidavamo di loro. Al dottor Bridger è stata data la caccia fino a farlo morire, da me, tra gli altri, perché…»
«Le condizioni ambientali sono cambiate.»
La ragazza fissò il suo viso presuntuoso e affettato, e perse completamente le staffe. «Queste condizioni vanno a genio ai politicanti.»
«Ora basta,» esplose Geers.
La Dawnay, calma, nel suo angolo, fece un debole tentativo. «La ragazza ha ragione, sa, e noi scienziati di tanto in tanto diventiamo un po’ invidiosi in proposito. Siamo in balìa degli elementi. Non possiamo ingannare.»
«Anch’io sono uno scienziato,» ribatté Geers, maligno.
«Lo era.» La parola sfuggì a Judy prima che avesse modo di fermarla. Si aspettava un’esplosione ma Geers riuscì a controllarsi, facendosi di ghiaccio.
«A rigor di termini, la cosa non la riguarda. Ciò di cui ora il governo ha bisogno è un mercato mondiale. Quando Andromeda si bruciò le mani, elaborò una sintesi per il personale del laboratorio della professoressa Dawnay. Ha visto le sue mani?»
«Le ho viste ustionate.»
«Non c’è alcun segno di ustione, ora. Nessuna cicatrice, nulla. Dall’oggi al domani.»
«Ed è questo che sta vendendo alla Intel?»
«Attraverso la Intel. A tutti coloro che ne hanno bisogno.»
Judy cercò di capire quel che non funzionava nel ragionamento, e finalmente comprese: «Perché non attraverso l’organizzazione internazionale di sanità?»
«Non prendiamo in considerazione la carità all’ingrosso. Ma un ragionevole equilibrio di mercato.»
«Dunque non vi interessa a chi stringete la mano?» chiese disgustata Judy. Si sentiva adesso completamente fredda. E si volse alla Dawnay. «Anche lei fa parte di questa storia?»
La Dawnay esitò. «L’enzima non è ancora in grado di essere messo sul mercato. Abbiamo bisogno di una formula più raffinata. André, la ragazza, sta preparando i dati per il calcolo.» Avevano preso tutti l’abitudine di chiamarla André.
«Così, tutto lo stabilimento sta lavorando per la Intel.»
«Spero di no,» disse la Dawnay, e sembrò quasi che fosse dalla parte di Judy.
Geers intervenne.
«Senta, Madeleine, questo è troppo!»
«Allora non vi ruberò altro tempo.» Judy si diresse alla porta. «Ma in questa storia io non c’entro, e non c’entra neppure il dottor Fleming.»
«Sappiamo da che parte sta il dottor Fleming,» commentò sardonico Geers.