Nei giorni precedenti degli operai erano stati al lavoro nella parte del recinto che dava sulla scogliera, a sgomberare il terreno per un nuovo edificio che doveva venire costruito all’interno del filo spinato: avevano un bulldozer che lasciavano sul luogo quando smettevano di lavorare. Questo forse sarebbe stato troppo freddo per avviarsi, ma d’altra parte era progettato per stare all’aria aperta tutta la notte e poter ugualmente ripartire il mattino. Valeva la pena di tentare, se ci fossero potuti arrivare.
Quando raggiunsero l’ultimo edificio, anche lui respirava a fatica, e c’erano almeno cinquanta metri di prato scoperto da attraversare prima di raggiungere la sagoma scura del bulldozer. Si piegò con la ragazza dal muro che dava sul mare e inspirò penosamente grandi boccate di aria fredda. Non fece alcun tentativo di parlare e sembrava che lei non se lo aspettasse. O si fidava di lui senza fare domande o era troppo stanca per pensare; o ambedue le cose. Una pattuglia di ronda passò tra loro e il recinto, un furgone armato, con un riflettore montato sulla cabina e le figure indistinte di un plotone di uomini sul retro. Poi la zona piombò nella calma.
«Ora,» disse Fleming, accennando davanti a loro e, sostenendola con le braccia, corse con lei attraverso il prato coperto di neve. Prima che ne avessero attraversato metà André era scivolata due volte e per l’ultima ventina di metri dovette portarla a braccia. Quando giunsero al bulldozer gli sembrava che la testa e il petto gli scoppiassero, e quando la depose a terra, André si abbandonò sul terreno con un gemito.
Fleming si arrampicò sulla macchina e si guardò attorno. Evidentemente nessuno li aveva visti e lui poteva solo sperare che, se il motore si fosse avviato, lo si confondesse con una delle macchine del servizio di sicurezza.
Il motore, al primo giro della chiavetta, partì, e dopo qualche prudente starnuto Fleming lo lasciò andare al minimo per un poco, mentre scendeva per fare salire André. In principio lei non voleva.
«Vieni,» ansimò. «Sbrigati. Siamo in salvo.»
La voce di lei giungeva debolissima. «Lasciami, non preoccuparti di me.»
La tirò su di peso e quasi senza sapere come la spinse nello spazio vicino al sedile del guidatore.
«Adesso tienti forte,» le disse, facendola appoggiare a sé. Ormai il camion di pattuglia aveva probabilmente fatto a metà il giro del recinto e stava tornando verso di loro. A quel punto probabilmente Quadring era già andato al suo alloggio, in cerca di Judy, e aveva appreso che lui e Andromeda erano in fuga. In quel momento la sala del calcolatore era probabilmente una massa di cenere e brace fradicia e fumante e il messaggio proveniente da miliardi di miglia di distanza, e tutto quel che ne era derivato, era sparito per sempre. Quel che ora bisognava fare era portare via la ragazza; nasconderla e farla vivere da qualche parte, in qualche modo. Si mise a cavalcioni sul sedile, posò il piede sulla frizione e inserì la marcia.
Quando lasciò andare la frizione il bulldozer balzò in avanti e quasi affondò nella neve, ma lo tenne forte e lo spinse pesantemente verso il recinto. Dietro di sé poteva vedere avvicinarsi una luce, ma era troppo tardi per fermarsi. Schiacciò l’acceleratore e si tenne forte, mentre il muso del bulldozer si conficcava nel recinto. La rete metallica si schiantò lacerandosi e precipitò schiacciata dai cingoli. Si formò uno squarcio nel quale passarono.
Spense il motore e saltò giù, trascinandosi la ragazza con sé. La massa del bulldozer si stagliava nel recinto abbattuto e ostruito dalla macchina, e lui e André erano giù, nella neve. La condusse con precauzione verso il bordo della scogliera, e, piegandosi in due, corsero a nascondersi dietro alcuni cespugli che proteggevano l’estremità del sentiero del molo. La luce dell’automezzo che si avvicinava andava facendosi sempre più forte e da dietro i cespugli la vide illuminare il bulldozer. Era troppo abbagliato dai fari e dalla neve per scorgere il furgone, e il suo timore era che fosse il camion di pattuglia zeppo di uomini, poi la luce si allontanò e la neve per un momento parve diradarsi: vide che si trattava del furgone con il radar che perlustrava invano il reticolato mentre il radar girava inutilmente sopra la cabina.
Prese André per un braccio e la condusse giù per il sentiero scavato nella roccia. Alla seconda curva accese la pila e procedette abbastanza lentamente da permetterle di seguirlo dappresso senza aiuto. In qualche modo André aveva raccolto un po’ di energia e gli si teneva vicina, stringendogli la mano. In fondo al sentiero non c’erano sentinelle e il molo era completamente silenzioso, a eccezione della risacca contro le pietre. Sembravano lontani mille miglia dalla confusione sopra di loro, e questo, in un certo senso, rendeva più difficile andare avanti.
Durante l’inverno tutte le piccole imbarcazioni venivano tratte a riva e disarmate; solo la lancia di servizio, una piccola imbarcazione con motore entrobordo, era lasciata in mare e si sfregava battendo contro il fianco della banchina. Fleming l’aveva già usata, in quei mesi estivi, quando voleva andarsene per essere solo, e la conosceva con quella specie di odio-amore che un fantino può provare per un vecchio cavallo duro e ostinato. Spinse André all’interno, liberò le funi di poppa e di prua, e cercò a tentoni con la pila la manovella di avviamento. Non era facile come il bulldozer da mettere in moto; cercò di avviarla finché il sudore, misto alla neve, gli colò sul viso, e cominciò a disperare di poterla mai mettere in moto. André si raggomitolò sotto una delle frisate, mentre la neve cadeva su di loro e si scioglieva raggiungendo l’acqua che frusciava nella sentina. Non gli fece domande, e lui continuava ad agitarsi, ansimando e imprecando contro la manovella arrugginita: ma di quando in quando emetteva dei piccoli gemiti. Lui non diceva nulla, ma insisté a girare finché con uno scoppiettìo il motore si mise in moto.
Lo lasciò andare al minimo per un poco, mentre la barca vibrava e il tubo di scappamento tossiva a pelo dell’acqua, poi inserì l’albero dell’elica e aprì la valvola a farfalla. Il molo disparve subito, e si ritrovarono soli nell’immensità del mare. Fleming non era mai uscito in mare con la neve, prima di allora. Era meravigliosamente calmo. I fiocchi, cadendo, facevano mulinello attorno a loro, sciogliendosi quando arrivavano alla superficie dell’acqua. Sembrava davvero che facesse più caldo di quando erano al riparo della baia.
Di fronte al volante, che sembrava quello di un vecchio macinino, c’era una piccola bussola, e Fleming la mise in posizione con una mano, mentre con l’altra teneva la torcia alta a illuminare il quadrante. Conosceva il contorno dell’isola senza doversi concentrare, e sapeva grosso modo come destreggiarsi con le correnti. Con quel mare calmo poteva immaginare la velocità della barca, e, controllando ogni pochi minuti l’orologio poteva fare un calcolo approssimativo della distanza. L’aveva fatto così spesso in precedenza che calcolò di avere buone possibilità di fare un approdo alla cieca. Sperava solo di sentire le onde infrangersi contro le rocce dell’isola a una distanza possibile prima che ci andassero contro.
Gridò ad André di andare a prua e di guardar fuori, ma in principio lei non rispose. Lui non osava per un solo attimo abbandonare volante e bussola.