Non c’era nessuna spiegazione soddisfacente per questa indiscrezione. Reinhart non ne sapeva nulla, e l’uomo di fiducia del Ministero della Difesa che si trovava sul luogo, Harries, risultava inspiegabilmente mancante. L’esercito, tuttavia, era alla ricerca dei responsabili. Vandenberg tirò fuori due dossier che aprì sul tavolo del ministro.
«’Fleming, dottor John. Dal 1960 in poi: anti-Nato, filoafricano, marcia di Aldermaston, disobbedienza civile, prodisarmo nucleare.’ Lo chiama una persona su cui si possa contare?»
«È uno scienziato, non un candidato per il commissariato di polizia.»
«Si sospetta che sia lui il responsabile. Guardi l’altro.» Il generale sfogliava, non senza piacere, il secondo dossier. «Bridger, membro del partito comunista dal cinquantotto al sessantatré. Poi è slittato a destra e ha cominciato a collaborare a uno dei cartelli internazionali, ma a uno dei più sporchi, la Intel. Potrebbero anche lasciarlo perdere.»
«Fleming non lavorerà senza di lui.»
«Come volevasi dimostrare.» Il generale raccolse gli schedari. «Oserei dire che in questo campo siamo vulnerabili.»
«D’accordo,» esclamò stancamente Osborne, e sollevò il telefono del ministro. Parlava nel ricevitore con tono gentile, come se ordinasse dei fiori. «Bouldershaw Fell.»
Nella sala di controllo il messaggio stava di nuovo arrivando. Harvey era fuori, nella sala di registrazione, e si occupava dei nastri. Fleming era solo al banco di controllo. Erano privi di mano d’opera. Whelan all’improvviso era stato mandato via e perfino Harries era assente. Bridger se ne gironzolava attorno, con aria petulante, inquieto e molto agitato. Infine si decise ad affrontare l’amico.
«Ascolta, John, potrebbe andare avanti per sempre.»
«Forse.»
Dall’altoparlante usciva senza interruzione il suono delle stelle.
«Mi preparo a fare le valige.» Fleming lo fissò. «Il progetto è finito. Qui, per me, non c’è più nulla da fare.»
«Per te c’è tutto da fare.»
«Preferirei andarmene.»
«E che ne dici di questo?»
Ascoltarono per un momento l’altoparlante. Il viso di Bridger si contrasse.
«Potrebbe essere qualsiasi cosa,» commentò bruscamente.
«Ma io ho idea di cosa potrebbe essere.»
«Che cosa?»
«Potrebbe essere un insieme di istruzioni.»
«D’accordo, lavoraci su.»
«Ci lavoreremo insieme.»
In quel momento Judy irruppe nella stanza. Avanzò dalla porta con passo deciso; i suoi tacchi risuonavano sul pavimento come quelli di un ufficiale della guardia: il suo volto era teso e irato. Riuscì a malapena ad avvicinarsi a loro prima di esplodere.
«Chi di voi due ha parlato alla stampa?»
Fleming la fissò con profondo stupore. Essa si rivolse a Bridger.
«Qualcuno si è lasciato sfuggire delle informazioni, tutte le informazioni, anzi, con la stampa.»
Fleming fece schioccare la lingua con disapprovazione. Judy gli lanciò un’occhiata di fuoco e si rivolse nuovamente a Bridger.
«Non è stato il professor Reinhart, e non sono stata io. Non è stato Harvey o un altro dei ragazzi, che non ne sapevano abbastanza. Perciò si tratta di uno di voi.»
«Come volevasi dimostrare,» commentò Fleming. Judy lo ignorò.
«Quanto l’hanno pagata, dottor Bridger?»
«Io…»
Bridger si interruppe. Fleming si alzò e si mise tra loro.
«È affar suo?» le chiese.
«Sì. Io…»
«Bene, chi è lei?» Il suo volto si avvicinò a quello di lei e la ragazza si rese conto che l’alito di Fleming sapeva ancora di alcool.
«Io,» parlava con voce rotta, «io sono l’agente stampa. La responsabilità è mia. Ho proprio avuto la più grossa grana della mia vita.»
«Mi spiace davvero,» mormorò Bridger.
«È tutto quello che mi sa dire?» La voce di lei si levava tremante.
«Vuole un buon consiglio, per il suo bene?» Fleming se ne stava fermo, a gambe divaricate, oscillando, e sogghignandole in faccia con disprezzo. «Molli il mio amico Dennis.»
«Perché?»
«Perché sono stato io a raccontare tutto ai giornalisti.»
«Lei?» Arretrò come se l’avessero schiaffeggiata in pieno viso. «Era ubriaco?»
«Sì,» rispose Fleming, e le volse le spalle. Si diresse alla porta della sala di registrazione e si guardò attorno. «Anche se fossi stato sobrio, le cose non sarebbero andate diversamente.»
Era appena uscito quando le gridò: «E non mi hanno pagato!»
Judy restò immobile per un attimo, senza vedere né sentire. L’altoparlante sibilava e gracchiava; la luce al neon splendeva sui pochi mobili lisci. Di fuori l’arco del telescopio si alzava contro il cielo che si faceva sempre più scuro: solo tre giorni prima Judy vi era giunta, non ancora iniziata e non ancora coinvolta… si accorse che Bridger le era accanto offrendole una sigaretta.
«Ha perduto un idolo, eh, Miss Adamson?»
Judy, come press-agent, dovette fare rapporto a Osborne, e Osborne fece rapporto al Ministero. Non giunse alcuna notizia di Harries, e la sua scomparsa non venne ufficialmente annunciata. La stampa era convinta che l’intera faccenda fosse o un errore o una grossa presa in giro. Dopo una serie di penosi incontri tra i ministri, il Ministero della Difesa fu in grado di assicurare al generale Vandenberg e ai suoi capi che nulla di simile sarebbe più accaduto: se ne sarebbero assunti in pieno la responsabilità. Le ricerche di Harries furono intensificate e Fleming venne chiamato a rapporto a Londra.
In un primo tempo sembrò probabile che Fleming stesse proteggendo Bridger, ma fu presto appurato che in realtà egli aveva raccontato a un giornalista di nome Jenkins tutta la storia, tra i fumi dell’alcool, nell’albergo Lion. Benché Bridger avesse rassegnato le sue dimissioni, doveva lavorare per altri tre mesi, e gli fu lasciato l’incarico di Bouldershaw Fell mentre Fleming era lontano. Il messaggio continuava ad arrivare e veniva stampato in codice di 0 e 1.
Fleming non sembrava nemmeno sfiorato dall’agitazione generale. Prese con sé, nel treno che lo portava a Londra, tutti i fogli stampati e di ora in ora li studiò tutti, facendo note e calcoli sui margini e sulle lettere e buste che per caso si trovava in tasca. Pareva che non si accorgesse d’altro. Si vestiva e mangiava automaticamente, beveva poco; la preoccupazione e l’agitazione lo bruciavano. Ignorò Judy e diede a malapena un’occhiata ai giornali.
Quando giunse al Ministero della Scienza, fu condotto nell’ufficio di Osborne, dove questi lo attendeva assieme a Reinhart e a un uomo di mezz’età, riservato, dai capelli grigi e dagli impazienti occhi azzurri. Osborne si alzò e gli strinse la mano. «Il dottor Fleming.» Era molto formale.
«Salve,» salutò Fleming.
«Conosce il commodoro Watling, del reparto Sicurezza del Ministero della Difesa?»
L’uomo si inchinò e lo guardò senza alcun calore. Fleming cambiò atteggiamento e si rivolse con aria interrogativa a Reinhart.
«Salve, John,» disse Reinhart con voce acuta e misurata. Imbarazzato, cominciò a guardarsi le mani.
«Si accomodi, dottor Fleming.»
Osborne indicò una sedia che si trovava di fronte alle altre, ma Fleming indugiò con lo sguardo su ciascuno di loro prima di sedersi, come se si stesse risvegliando in un posto sconosciuto.
«Cos’è? Una commissione d’inchiesta?»
Seguì un breve silenzio. Watling si accese una sigaretta.