«Sapevo che c’erano delle misure di sicurezza attorno al vostro lavoro.»
«Che significa?»
«Che erano argomenti confidenziali.»
«Sì.»
«Allora perché…»
«Non sono dalla parte degli scienziati che raccontano frottole.»
«Prendila con filosofia, John,» consigliò dolcemente Reinhart. Watling passò ad altro argomento.
«Ha visto i giornali?»
«Alcuni.»
«Mezzo mondo è convinto che degli ometti verdi con lunghe antenne si preparino ad atterrare nei nostri giardini.»
Fleming sorrise, sentendosi più sicuro il terreno sotto i piedi.
«E lei?»
«Io sono a conoscenza dei fatti.»
«I fatti sono quelli stessi che ho comunicato alla stampa. I fatti strettamente scientifici. Come potevo pensare che sarebbero stati male interpretati?»
«Non è compito suo prendere l’iniziativa su simili cose, dottor Fleming.» Osborne, disinvolto, si era insediato dietro la propria scrivania, a fare da giudice. «Ecco perché è stato pregato di non interferire. L’ho messo in guardia io stesso.»
«E allora?» Fleming era già annoiato.
«Abbiamo dovuto mandare un rapporto completo al Comitato organizzazione difesa,» disse Watling severamente. «E il primo ministro sta preparando una dichiarazione per le Nazioni Unite.»
«Tutto bene, allora.»
«Non ci piace trovarci in questa posizione, ma ci hanno forzato la mano e ora tocca a noi cancellare il panico.»
«Naturale.»
«Ed è stato lei a forzarci la mano.»
«Dovrei presentarmi a Canossa?» Fleming cominciava a essere arrabbiato quanto annoiato. «Quello che faccio delle mie scoperte è affar mio. Siamo ancora in un paese libero, no?»
«Ma tu fai parte di un gruppo, John,» obiettò senza guardarlo il professor Reinhart. Osborne si piegò verso di lui, sulla scrivania, con fare persuasivo.
«Quel che ci vuole, dottor Fleming, è una dichiarazione personale.»
«E a che servirà?»
«Qualsiasi cosa è utile finché serve a tranquillizzare il pubblico.»
«Soprattutto se potete screditare l’informatore.»
«Non è una faccenda personale, John,» intervenne Reinhart.
«No? E allora perché sono qui?» Fleming fece scorrere lo sguardo su di loro, sprezzante.
«Quando avrò fatto una dichiarazione per render noto che ho parlato in un momento di aberrazione mentale, be’, cosa accadrà allora?»
«Temo che…» Reinhart si esaminava di nuovo le unghie.
«Temo che il professor Reinhart non abbia scelta,» mormorò Watling.
«Vogliono che tu lasci l’osservatorio,» spiegò Reinhart.
Fleming si alzò e rifletté un istante. I tre si aspettavano un’esplosione.
«Be’, è semplice, no?» disse infine, tranquillo.
«Non voglio perderti, John.» Reinhart ebbe un gesto di sconforto.
«No, certo che no. C’è un impedimento.»
«Oh?»
«E cioè che non potete andare avanti senza di me.»
Erano preparati a questo. C’era altra gente, sottolineò Osborne.
«Ma non ne sanno niente, vero?»
«Perché, lei ne sa qualcosa?»
Fleming annuì, sorridendo. Watling si drizzò ancor più sulla sedia.
«Vuol dire che l’ha decifrato?»
«Voglio dire che so di che si tratta.»
«E si aspetta che noi ci crediamo?»
Osborne ovviamente non ci credeva, così come non ci credeva Watling. Ma Reinhart non era tanto sicuro.
«Di che si tratta, John?»
«Resto all’osservatorio, allora?»
«Di che si tratta?»
Fleming sogghignò. «È un giochetto di costruzioni. E non è di origine umana. Posso dimostrarlo.»
Si mise a frugare nella sua cartella alla ricerca dei fogli.
3
Approvazione
Il nuovo istituto di elettronica era situato in una piazza che un tempo era stata in stile Reggenza, ora riservata ai pedoni, circondata da alti edifici in vetro e cemento, dalle facciate di marmo. L’istituto possedeva parecchi piani riservati agli apparecchi calcolatori, e dopo laboriosi intrighi di corridoio Reinhart riuscì a ottenere per Fleming un’amnistia e a installarvi, con la possibilità di usare gli strumenti, lui e il resto della squadra. A Bridger, poiché si avvicinava il termine del suo contratto, fu data una giovane assistente che si chiamava Christine Flemstad, e Judy, con disgusto suo e di tutti gli altri, venne ancora destinata a loro.
«Accidenti,» borbottava Fleming, «a cosa serve un addetto alle public relations se rappresentiamo un segreto di stato così stramaledetto che non possiamo guardarci nello specchio neanche per lavarci i denti?»
«Dovrei venire a sapere di che si tratta, se me lo permetterete, in modo che quando la cosa sarà divulgata…»
«Lei dovrà essere al corrente?»
«Le spiace?» Il tono di Judy era incerto, come se fosse lei e non Fleming a essere da biasimare per primo. Si sentiva legata a lui da un vincolo inspiegabile.
«Non c’è da preoccuparsi!» commentò Fleming. «Più donne ci sono meglio è.»
Ma, come aveva già annunciato a Bouldershaw, non aveva tempo. Passava tutte le sue giornate e buona parte della notte riducendo a cifre comprensibili l’enorme massa di dati del telescopio. Qualsiasi accordo avesse preso lui, o Reinhart avesse preso per lui, l’aveva reso più controllato e aveva intensificato le sue capacità lavorative. Guidava Bridger e la ragazza con determinazione solida e costante, e sopportava pazientemente ogni supervisione e ogni routine. Formalmente l’incaricato era Reinhart, e Fleming gli portava obbedientemente tutti i risultati: ma quelli della Difesa non erano mai lontani e Fleming cercava perfino di essere gentile con Watling, che soprannominarono «ali d’argento.» Il resto della squadra era meno soddisfatto. Tra Bridger e Judy c’era un’evidente freddezza. E Bridger, comunque, attendeva con impazienza il momento in cui se ne sarebbe andato; Christine aveva chiaramente tutte le possibilità di succedergli. Era giovane e bella e quanto a serietà sul lavoro assomigliava a Fleming, e senza possibilità d’equivoco considerava Judy una seccatrice. Appena ne aveva la possibilità le dichiarava battaglia.
Poco tempo dopo che avevano lasciato Bouldershaw, Harries era stato ritrovato: Watling Io rivelò in una delle sue visite alla squadra. Harries era stato assalito nella casa dell’allibratore, legato in un’auto, picchiato e abbandonato in un mulino fuori uso, dove era stato lì lì per morire. Aveva vagato con una gamba rotta, senza poter uscire, vivendo dell’acqua che gocciava da un rubinetto e di un po’ di cioccolata che aveva in tasca, finché, dopo tre giorni, era stato trovato da un bracconiere. Non tornò tra loro, e Watling raccontò solo a Judy i particolari. La ragazza se li tenne per sé, ma cercò di sondare Christine sul passato di Bridger.
«Da quanto tempo lo conosce?»
Erano in un piccolo edificio, esterno alla sala del calcolatore principale. Christine lavorava a un piccolo cavalletto, immersa in un gran disordine di schede perforate; Judy gironzolava attorno, desiderando avere una sedia sua personale.
«Ero sua compagna di ricerche a Cambridge.» Nonostante i suoi genitori fossero di origine baltica, Christine parlava come una ragazza inglese di buona cultura.
«Lo conosceva bene?»
«No. Se desidera il suo curriculum accademico…»
«Mi chiedevo soltanto…»
«Che cosa?»
«Se non si sia mai comportato in modo… strano.»
«Be’, non ho mai dovuto portare una cintura di castità.»
«Non volevo dire questo.»
«E che voleva dire, allora?»
«Non le ha mai chiesto di aiutarlo a fare qualcosa, collateralmente?»
«Perché mai avrebbe dovuto?» Si rivolse a Judy e la guardò con occhi severi e ostili. «Alcuni di noi hanno un vero lavoro da portare avanti.»