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«Qualcuno, questore, avrebbe potuto chiederle cosa avesse fatto nel lungo intervallo fra l’arrivo a Spacetown e il momento in cui aveva messo piede in casa Sarton; lei avrebbe potuto rispondere, vediamo… che aveva visto qualcuno scivolare nelle strade e dirigersi verso i campi. Che l’aveva inseguito. Avrebbe potuto metterli su una falsa pista, e quanto a R. Sammy nessuno gli avrebbe fatto caso: in aperta campagna, tra le fattorie automatiche, un robot è solo uno dei tanti.

«Ci sono andato vicino, questore?»

Enderby sussultò: «Io non…».

«No» disse Baley «lei non ha ucciso Daneel, infatti è qui tra noi. Ma da quando ha messo piede in Città lei non è stato capace di guardarlo o di chiamarlo per nome una volta. Lo guardi ora, questore Enderby.»

L’accusato non ci riuscì e si coprì la faccia con le mani che tremavano.

Anche le mani di Baley tremavano. Il microproiettore quasi gli cadde: aveva trovato quello che cercava!

L’inquadratura mostrava la porta di casa Sarton. Era aperta: l’avevano fatta scivolare sulle lucenti scanalature metalliche finché non era rientrata nell’apposito ricettacolo a muro. Guardando meglio le scanalature, sul pavimento… Ecco! Ecco!

Lo scintillìo era inconfondibile.

«Ora le dirò che cosa è successo» disse Baley. «Lei, Enderby, si trovava davanti alla porta di Sarton quando si sono rotti gli occhiali. Evidentemente era nervoso, e ho notato che quando è agitato ha l’abitudine di toglierseli continuamente. L’ha fatto anche là, ma le mani le tremavano e le sono caduti: forse li ha calpestati. A ogni modo si sono rotti, e in quel momento la porta si è aperta e un uomo che assomigliava a Sarton le si è parato davanti.

«Gli ha sparato, ha raccolto i resti degli occhiali ed è fuggito. Il corpo è stato trovato dagli Spaziali, non da lei, e quando l’hanno informata ha scoperto di aver eliminato non Daneel, ma il promettente dottor Sarton. Per sua sfortuna Sarton aveva fabbricato un robot a propria immagine: lei, senza occhiali e in preda al nervosismo, non è riuscito a distinguere.

«Se cerca una prova concreta, è lì!» L’immagine della cupola tremò e Baley mise il proiettore sulla scrivania, proteggendolo con la mano.

La faccia del questore era distorta dal terrore, quella di Baley dalla tensione. R. Daneel sembrava indifferente.

Baley indicò l’immagine: «Lo scintillìo nelle scanalature della porta. Che cos’era, Daneel?».

«Due schegge di vetro, molto piccole» disse freddamente il robot. «Per noi non significavano niente.»

«Ora è diverso. Sono porzioni di lenti concave. Misurate le proprietà ottiche e confrontatele con quelle degli occhiali che Enderby porta adesso. Non li fracassi, questore

Si avventò sul superiore e gli strappò gli occhiali di mano. Poi, ansimando, li porse a R. Daneeclass="underline" «È la prova che è arrivato alla cupola di Sarton in anticipo».

R. Daneel disse: «Sono convinto, e mi rendo conto che la faccenda della cerebroanalisi mi ha completamente depistato. Mi congratulo con te, collega Elijah».

L’orologio di Baley segnava le 24,00. Un nuovo giorno stava per cominciare.

Lentamente il questore abbassò la testa sulle braccia. Più che parole riusciva a emettere una serie di singhiozzi: «È stato uno sbaglio, uno sbaglio, non volevo ucciderlo». Poi, senza che gli altri due se l’aspettassero, scivolò dalla poltrona e giacque sul pavimento, come un fagotto.

R. Daneel gli si avvicinò immediatamente: «L’hai danneggiato, Elijah. Non dovevi».

«Non è morto, vero?»

«No, ma ha perso i sensi.»

«Li riprenderà. La tensione è stata troppa, ma non avevo altro mezzo. Non avevo nessuna prova da esibire a una corte, solo supposizioni. Dovevo premere su di lui, premere finché non fosse crollato. E così è stato, Daneel. Hai sentito anche tu la confessione, vero?»

«Sì.»

«Ti avevo promesso che la soluzione avrebbe avuto conseguenze favorevoli anche per il progetto Spacetown… aspetta, sta rinvenendo.»

Il questore gemette, gli occhi batterono e si aprirono. Poi guardo i due, senza parola.

Baley chiese: «Questore, mi sente?».

Enderby annuì vagamente.

«Va bene. Gli Spaziali hanno altro per la testa che denunciare lei. Se promette di collaborare con loro…»

«Cosa? Cosa?» Negli occhi del questore si accese una scintilla di speranza.

«Penso che lei sia un pezzo grosso nell’organizzazione medievalista di New York; forse è un pezzo grosso a livello planetario. Influenzi i suoi amici a favore della colonizzazione spaziale. È superfluo che le suggerisca lo slogan, vero? "Torneremo alla terra… ma su altri mondi.»

«Non capisco» borbottò il questore.

«È l’obiettivo degli Spaziali. E che Dio mi aiuti, è anche il mio obiettivo, adesso. Tutto merito di una piccola conversazione con il dottor Fastolfe. Questa è la meta di Spacetown: i suoi abitanti rischiano la vita, venendo sulla Terra, ma ci rimangono per portare avanti il progetto. Se l’assassinio del dottor Sarton servirà a permettere che il medievalismo — tramite il suo intervento — s’indirizzi verso la colonizzazione della galassia, gli Spaziali lo considereranno un sacrificio di cui è valsa la pena. Capisce, ora?»

R. Daneel disse: «Elijah ha ragione. Ci aiuti, questore, e dimenticheremo il passato. Parlo per conto del dottor Fastolfe e della nostra gente. Naturalmente, se ora accetta di aiutarci e in seguito ci tradirà, noi dimostreremo la sua colpevolezza nell’omicidio del dottor Sarton. Spero che capisca anche questo, per doloroso che sia doverne parlare».

«Non mi processerete?» chiese Enderby.

«No, se ci aiuterà.»

Gli occhi gli si riempirono di lacrime. «Lo farò. È stato un incidente. Spiegatelo, un incidente. Ho fatto quello che ritenevo giusto.»

Baley disse: «Aiutandoci farà davvero la cosa giusta. La colonizzazione dello spazio è l’unica salvezza per la Terra. Se ne renderà conto, se ci riflette senza pregiudizi. E se pensa di non riuscirci, faccia quattro chiacchiere con il dottor Fastolfe. Il primo atto positivo sarà concludere l’inchiesta su K. Sammy: dica che è stato un incidente o qualcosa di simile. Ma che non se ne parli più!».

Baley si rimise in piedi. «E ricordi, questore, io non sono il solo che conosce la verità. Liberarsi di me la rovinerebbe. Tutta Spacetown sa; di questo si rende conto, vero?»

Intervenne R. Daneeclass="underline" «Basta così, Elijah. Il questore è sincero e coopererà. La cerebroanalisi me lo ha appena rivelato».

«Va bene, allora. Vado a casa, voglio rivedere Jessie e Bentley e tornare a un’esistenza normale. E voglio dormire… Daneel, tu resterai sulla Terra quando gli Spaziali se ne saranno andati?»

R. Daneel disse: «Non mi hanno ancora informato. Perché me lo chiedi?».

Baley si morse le labbra, e poi: «Non credo che lo direi a un altro robot, Daneel, ma mi fido di te. Ho perfino imparato ad ammirarti. Sono troppo vecchio per lasciare la Terra personalmente, ma quando le scuole d’emigrazione verranno aperte ci manderò Bentley. E se un giorno, magari, Bentley e tu…».

«Magari.» La faccia di R. Dannel era impassibile.

Poi il robot si voltò verso Julius Enderby, che li fissava con un viso flaccido in cui tornava ad apparire un po’ di colore.

E il robot disse: «Sto cercando di assimilare, amico Julius, alcune idee che Elijah mi ha trasmesso in questi giorni. E forse ci riuscirò, perché all’improvviso mi pare di capire che l’estirpazione di ciò che non deve essere, ossia ciò che voi uomini chiamate il male, è meno giusta e desiderabile della sua trasformazione in ciò che voi chiamate il bene.»

Esitò, poi, come sorpreso delle sue stesse parole, disse: «Vai e non peccare più».

Baley sorrise, prese R. Daneel per il gomito e uscirono insieme, braccio sotto braccio.

FINE