R. Daneel disse: «Spero, con il tempo, di riuscire a capire questo punto di vista».
Per un attimo Baley pensò che in quelle parole ci fosse del sarcasmo, ma infine decise che era impossibile.
«Comunque» riprese R. Daneel «il dottor Sarton intuì che anche qui c’era la possibilità di creare una C/Fe.»
«Ci fe? E che sarebbe?»
«I simboli chimici del carbonio e del ferro, nient’altro. Il carbonio è la base della vita umana, il ferro di quella dei robot. Si parla di C/Fe quando si vuol esprimere il concetto di una cultura che combina il meglio delle due, su una base egualitaria e parallela.»
«Ci, fe… lo scrivete con il trattino?»
«Niente trattino, Elijah, ma una barra diagonale fra i due simboli. In questo modo si rappresenta la perfetta combinazione, senza che uno abbia la priorità.»
Baley scoprì, contro la sua volontà, di essere interessato. L’educazione scolastica che veniva impartita sulla Terra non includeva alcuna informazione sulla storia e il sistema sociale dei Mondi Esterni, e questo fin da quando la Grande Rivoluzione li aveva resi indipendenti dal pianeta madre. Nei libro-film popolari, ovviamente, abbondavano i personaggi esotici che venivano dai Mondi, ma si riducevano a una serie di stereotipi: il miliardario in gita turistica, di solito bizzarro e sempre pronto ad arrabbiarsi; la bella ereditiera, invariabilmente vittima del fascino terrestre e ridimensionata nel suo primitivo disprezzo, che si trasformava in amore; il terzo incomodo, un tipico Spaziale maligno e altezzoso, ma sempre sconfitto. Personaggi privi della minima utilità, perché basati sull’artificio e sulla negazione delle verità più elementari e risapute: gli Spaziali non entravano mai nelle Città e le loro donne non visitavano praticamente mai la Terra.
Per la prima volta in vita sua Baley si sentì mordere dalla curiosità, una strana curiosità. Come vivevano gli Spaziali, veramente?
Con uno sforzo tornò a concentrarsi sul problema immediato. «Capisco dove vuoi arrivare» disse. «Il vostro dottor Sarton stava affrontando il problema dell’instaurazione di una cultura C/Fe anche sulla Terra e aveva trovato una via promettente. I nostri medievalisti, che sono gruppi ultra-conservatori, hanno avuto paura che potesse riuscire. Quindi l’hanno ucciso. Questo è il motivo che trasforma il caso in un complotto e impedisce di considerarlo l’opera di un maniaco isolato. Giusto?»
«Direi di sì, Elijah. Più o meno.»
Baley fischiò piano. Le lunghe dita ricominciarono a pichiettare sul tavolo. Poi scosse la testa: «Non c’è succo. Non c’è succo per niente».
«Scusami, non ti capisco.»
«Sto cercando di farmi il quadro. Un terrestre entra a Spacetown, raggiunge il dottor Sarton, lo uccide e se ne esce tranquillo. Non riesco a immaginarmelo. Credo che l’ingresso a Spacetown sia sorvegliato.»
R. Daneel annuì. «Possiamo dire con sicurezza che nessun terrestre sarebbe riuscito a passare illegalmente.»
«E quindi?»
«Quindi il problema non è semplice, se l’ingresso ufficiale è l’unica via per raggiungere Spacetown da New York.»
Baley guardò pensieroso il collaboratore. «Non ti capisco. Che io sappia è l’unica via d’accesso…»
«L’unica diretta.» R. Daneel aspettò un momento, poi disse: «Non mi segui, è così?».
«È così. Non ti capisco affatto.»
«Bene, se la cosa non ti offende cercherò di spiegare. Posso avere un pezzo di carta e uno scriptor? Grazie. Ora guarda qui, collega Elijah. Disegnerò un cerchio grande e lo chiamerò New York City. Ora, e in modo che i due cerchi si tocchino, ne disegnerò un altro che chiamerò Spacetown. Nel punto in cui si toccano disegnerò una freccia e la chiamerò Barriera. Esistono altri punti di collegamento, secondo te?»
Baley rispose: «Naturalmente no. Non ce ne sono altri».
«In un certo senso» disse l’automa «sono contento di sentirti dire questo. Corrisponde a ciò che mi è stato insegnato sulla mentalità terrestre. La Barriera è l’unico punto di contatto diretto. Ma sia la Città sia Spacetown sono aperte alla campagna in tutte le direzioni. È possibile che un terrestre abbia lasciato la città tramite una delle numerose uscite e sia arrivato a Spacetown attraversando la campagna, in un punto dove nessun ostacolo l’avrebbe fermato.»
La punta della lingua di Baley toccò il labbro superiore e per un momento restò lì. Poi disse: «Attraversando la campagna?».
«Sì.»
«Attraversando la campagna da solo?»
«Perché no.»
«A piedi?»
«Senz’altro. A piedi è molto difficile essere individuati. L’assassinio ha avuto luogo all’inizio della giornata lavorativa, quindi il viaggio dev’essere avvenuto prima dell’alba.»
«Impossibile! In questa Città non c’è nessuno che sarebbe disposto a uscire all’aperto, da solo.»
«So che sembra improbabile, e noi Spaziali ce ne rendiamo conto. Ecco perché sorvegliamo soltanto l’ingresso della barriera. Anche all’epoca dei Disordini la vostra gente attaccò solo da quella parte, che all’epoca era difesa da una parete d’energia; nessuno oserebbe lasciare la Città.»
«E quindi?»
«Il caso di cui ci stiamo occupando è insolito. Non si tratta del cieco attacco di una folla che segue la linea di minor resistenza, ma del tentativo organizzato di un piccolo gruppo che vuole colpire, deliberatamente, in un punto non sorvegliato. E questo spiega come un terrestre possa entrare a Spacetown, commettere un omicidio e andarsene indisturbato. L’assassino si è introdotto in un punto che nessuno sorvegliava.»
Baley scosse la testa. «Inverosimile. La vostra gente ha fatto qualcosa per confermare questa teoria?»
«Sì. Il tuo questore si trovava sul posto all’ora del delitto…»
«Lo so, me l’ha detto.»
«Questo, Elijah, è un altro esempio del tempismo dell’assassino. Il questore collaborava con il dottor Sarton da diversi anni, anzi, era l’uomo con cui il dottore aveva preso accordi per far entrare nella Città gli R. osservatori come me. L’appuntamento che avevano quel giorno riguardava questo problema. L’assassinio, ovviamente, ha interrotto l’esecuzione del piano; e il fatto che il questore di New York si trovasse a Spacetown in un momento simile ha accresciuto l’imbarazzo della Terra e nostro.
«Ma non è soltanto questo che volevo dire. Il questore era presente e noi gli abbiamo detto: "L’assassino dev’essere arrivato dalla campagna". Come te ci ha risposto: "Impossibile", o forse "Impensabile". Era sconvolto, e questo gli ha impedito di cogliere il punto essenziale. Tuttavia l’abbiamo costretto a verificare quella possibilità immediatamente.»
Baley riandò con la mente agli occhiali rotti del questore, e pur nel mezzo dei pensieri non certo rosei che gli affollavano il cervello, piegò la bocca in un sorriso. Povero Julius! Sì, l’incidente doveva averlo sconvolto. Ovviamente era impossibile far capire la situazione agli altezzosi Spaziali, che consideravano i difetti fisici come un disgustoso attributo dei terrestri non geneticamente selezionati. O meglio: era impossibile farlo capire a meno di non perdere la faccia, e a un questore la faccia serve. Bene, i terrestri dovevano fare quadrato: il robot non avrebbe mai saputo che Enderby era miope. Non da Baley, perlomeno.
R. Daneel continuò: «Abbiamo controllato una per una le varie uscite della Città. Sai quante ce ne sono, Elijah?»
Baley scosse la testa, poi azzardò: «Venti?».
«Cinquecentodue.»
«Cosa?»
«E originariamente erano molte di più. Cinquecentodue sono quelle che rimangono in funzione. La tua Città è cresciuta lentamente, Elijah, ma una volta si estendeva all’aria aperta e la gente non aveva paura di andare in campagna.»