Lui, che avrebbe potuto rispondere? Che Enderby era proprio il tipo a cui non avrebbe mai raccontato un piano del genere; che la missione implicava un rischio tremendo, mentre Enderby era la cautela in persona. Che Enderby stesso gli aveva indicato i danni che derivano dal fallimento o dal tipo sbagliato di successo. E, infine, che l’unico modo di sfuggire al declassamento consisteva nel mostrare che il colpevole apparteneva alla stessa Spacetown…
Enderby avrebbe detto: "Ci sarà un rapporto su quanto è successo, Lije. Ci sarà ogni genere di ripercussioni. Conosco gli Spaziali: chiederanno che tu sia sollevato dall’incarico e noi dovremo fare come dicono. Tu lo capisci, vero, Lije? Cercherò di renderti le cose meno dure possibile. Puoi contarci. Ti proteggerò fin dove potrò."
Baley sapeva che avrebbe mantenuto la parola. Il questore l’avrebbe difeso, ma solo fin dove poteva, e non a costo di alienarsi il sindaco già furente.
Gli parve di sentire la voce del sindaco, adesso: "Maledizione, Enderby, che storia è questa? Perché non mi ha consultato? Chi comanda in questa Città? Perché avete permesso che un robot non autorizzato entrasse fra noi, e, soprattutto, che diavolo ha fatto questo Baley…?"
Se si fosse arrivati al punto di scegliere fra il destino di Baley e quello del questore, che risultato poteva aspettarsi Baley? Non poteva biasimare il superiore.
Il minimo che potesse capitargli era di essere destituito, e non era una bella prospettiva. Il fatto di vivere in una Città moderna assicurava a tutti un minimo per sopravvivere, anche ai declassati; quanto piccolo fosse quel minimo, tuttavia, Lije Baley lo sapeva fin troppo bene.
Ciò che rendeva la vita sopportabile erano i piccoli privilegi connessi alla qualifica: un sedile più comodo, un taglio di carne migliore, un’attesa più breve nella fila degli uffici e così via. A una mente filosofica queste potranno sembrare inezie, cose per cui è inutile lottare.
Ma nessuno, per filosofo che sia, può rinunciare ai piccoli privilegi già acquisiti senza dolore. È questo il punto.
Che infima comodità era il lavandino installato in casa, quando per trent’anni Baley ne aveva fatto a meno ed era andato a lavarsi al Personale; era inutile perfino come status-symbol, visto che ostentare la propria condizione è un fatto di pessimo gusto. Eppure, se glielo avessero tolto, quanto sarebbe stato più umiliante, più insopportabile ogni viaggio per andare al Personale! Come gli sarebbe parso fantastico il ricordo delle rasature in camera da letto! Che lusso, che, bene perduto!
Era di moda, fra i moderni scrittori politici, considerare con disprezzo e disapprovazione il "fiscalismo" del medioevo, quando l’ecùnomia era basata sul denaro. La lotta per l’esistenza, dicevano, era una competizione brutale. In quelle condizioni non si poteva costruire una società veramente complessa, perché la "corsa alla lira" generava nell’uomo una terribile ansia. (Gli studiosi avevano varie teorie sull’origine della parola "lira", ma il senso della frase, nel complesso, non sfuggiva).
Per contrasto, il moderno "civismo" veniva esaltato come molto più efficiente e illuminato.
Forse era così. Esistevano romanzi storici di gusto sensazionale e romantico, e in quelli che riflettevano il punto di vista dei medievalisti si sosteneva che il "fiscalismo" era il progenitore di virtù quali l’individualismo e l’iniziativa.
Baley non ci teneva a prender parte, ma si chiedeva se gli uomini del passato avessero mai lottato per la "lira" (qualunque cosa fosse) come quelli del presente lottavano per non perdere il diritto alla tavoletta di pollo domenicale. (Pollo autentico, carne appartenuta a un volatile che una volta era stato vivo).
E poi pensò: non è di me che m’importa. È di Jessie e Ben.
La voce del dottor Fastolfe interruppe quei pensieri: «Signor Baley, mi sente?».
Baley aprì e chiuse gli occhi. «Sì.» Per quanto tempo era rimasto assente come un idiota?
«Perché non si siede, signore? Ora che ci siamo occupati della sua salute, sarà interessato a vedere i filmati che abbiamo girato sulla scena del delitto e di quello che è avvenuto poi.»
«No, grazie. Ho da fare in Città.»
«Ma il caso del dottor Sarton ha la precedenza…»
«Non per me. Immagino che mi abbiano già sollevato dall’incarico.» E improvvisamente si sentì fremere: «Maledizione, se potevate provare che R. Daneel era un robot, perché non lo avete fatto subito? Perché mi avete permesso di andare avanti nella farsa?».
«Mio caro signor Baley, ero molto interessato alle sue deduzioni. Quanto a una sua sospensione dall’incarico, ho i miei dubbi. Prima che il questore chiudesse il collegamento gli ho chiesto con insistenza che lei venisse lasciato al suo posto. Credo che mi ascolterà.»
Baley sedette, non del tutto volontariamente. Poi chiese: «Perché?».
Il dottor Fastolfe incrociò le gambe e sospirò. «Signor Baley, nella mia esperienza ho incontrato due tipi di cittadini: i dimostranti e i politici. Il suo questore ci è utile, ma è un politico. Ci dice quello che vogliamo sentire. Ci manovra, se afferra quel che voglio dire. Ora arriva lei e ci accusa sfrontatamente di tremendi crimini, cercando di dimostrare il suo punto di vista. È una cosa che mi piace. Uno sviluppo promettente.»
«Quanto promettente?» chiese Baley, ironico.
«Abbastanza. Lei è una persona con cui posso parlare apertamente. Questa notte, signor Baley, R. Daneel mi ha fatto rapporto con una trasmittente subeterica schermata. Le cose che mi ha detto di lei mi hanno interessato profondamente. Per esempio, mi ha parlato dei librofilm che si trovano nel suo appartamento.»
«E allora?»
«Molti trattano di argomenti storici e archeologici. A quanto pare lei si interessa di problemi sociali e conosce l’evoluzione della civiltà umana.»
«Anche un poliziotto può passare il tempo libero guardando i librofilm.»
«Appunto. Mi congratulo per i suoi gusti, mi aiuterà in quello che sto cercando di fare. Innanzi tutto voglio parlarle, o tentare di parlarle, della riservatezza di noi abitanti dei Mondi Esterni. Viviamo a Spacetown, non entriamo nella Città, non ci mescoliamo a voi cittadini e accettiamo di incontrarvi solo su basi molto rigide e limitate. Respiriamo l’aria aperta, ma con i filtri nel naso. In questo momento anch’io li porto, e porto i guanti, e sono fermamente deciso a non avvicinarmi a lei più del necessario. Perché tutto questo?»
Baley rispose: «Non ha senso tirare a indovinare». Che parli lui, adesso.
«Eppure molti dei suoi concittadini non fanno altro che indovinare, fantasticare. Immaginano che il nostro comportamento derivi dal fatto che non vogliamo abbassarci a trattare con voi, che temiamo di avvilire il nostro rango permettendo alla vostra ombra di sfiorarci. Non è così, e la vera risposta è abbastanza ovvia. La breve visita medica cui è stato sottoposto, la doccia e così via non fanno parte di un rituale. Sono dettate dalla necessità.»
«Difendervi dalle malattie?»
«Dalle malattie, giusto. Caro signor Baley, i terrestri che colonizzarono i Mondi Esterni si trovarono in presenza di ambienti dove i virus e batteri della Terra non esistevano. Gli esploratori vi portarono i loro, si capisce, ma portarono anche i più moderni ritrovati in campo medico e microbiologico. In altre parole dovettero affrontare una comunità molto piccola di microorganismi, per di più in assenza di ospiti intermedi. Non c’erano zanzare che diffondessero la malaria, non c’erano lumache che permettessero l’attecchire della schistosomiasi. Gli agenti patogeni vennero eliminati e i batteri simbiotici poterono svilupparsi tranquillamente. Poco a poco i Mondi Esterni si liberarono dalle malattie. Naturalmente, con il passare del tempo le restrizioni poste all’immigrazione terrestre si fecero sempre più severe, perché i Mondi non erano in grado di affrontare un’eventuale reintroduzione delle malattie.»