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«Davvero? Non avete niente, nemmeno un indizio. Nemmeno un sospetto.»

«No, hai ragione. La risposta deve essere nella Città. Per essere esatti, comunque, un indiziato lo avevamo.»

«Cosa? Non me ne hai mai parlato.»

«Non mi era sembrato necessario. Certo ti rendi conto anche tu che l’unica persona sospettabile automaticamente era…»

«Chi, nel nome del cielo?»

«L’unico terrestre presente sulla scena. Il questore Julius Enderby.»

X

Pomeriggio di un agente investigativo

L’autopattuglia sbandò da una parte e si fermò contro la parete impersonale dell’autostrada. Cessato il ronzio del motore, il silenzio era fitto e pesante.

Baley guardò il robot accanto a lui e disse in tono stranamente tranquillo: «Cosa?».

Baley aspettava una risposta e i secondi passavano. Una piccola vibrazione solitaria crebbe, raggiunse l’apice e svanì. Era il rumore di un’altra autopattuglia, che arrancava diretta chissà dove, forse a un chilometro e mezzo di distanza. O forse era un carro dei pompieri che si recava al suo appuntamento incendiario.

Una parte del cervello di Baley si chiese se qualcuno conoscesse tutte le strade che si snodavano nelle viscere di New York. A nessun’ora del giorno e della notte dovevano essere completamente deserte, eppure esistevano diramazioni e deviazioni che nessuno percorreva da anni. Con improvvisa, folgorante chiarezza ricordò un racconto che aveva visto da ragazzo.

Riguardava le strade di Londra e cominciava abbastanza tranquillamente con un delitto. L’assassino correva verso un nascondiglio prestabilito, all’angolo di una strada nella cui polvere le impronte dei suoi piedi erano il primo segno lasciato da secoli. In quel buco abbandonato avrebbe potuto aspettare finché le ricerche del colpevole fossero state abbandonate.

Ma aveva svoltato all’angolo sbagliato: nel silenzio e nella solitudine delle strade tortuose aveva mandato una bestemmia giunta fino al cielo, in cui giurava che a dispetto della Trinità e di tutti i santi avrebbe raggiunto ugualmente la sua tana.

Da quel momento in poi aveva sbagliato tutte le strade. I suoi tentativi l’avevano sprofondato in un dedalo di tunnel e corridoi che dal settore di Brighton, sulla Manica, l’avevano sospinto a Norwich e poi a Coventry e a Canterbury. Senza fine aveva errato nelle viscere della grande Città di Londra, percorrendo da capo a capo il settore sudorientale dell’Inghilterra. I vestiti si erano ridotti a stracci e le scarpe a semplici fasce, ma la forza, per quanto ridotta, non lo abbandonava del tutto. Era stanco ma incapace di fermarsi. Poteva solo andare avanti e affrontare un nuovo incrocio, inevitabilmente sbagliato.

A volte sentiva il rumore di un veicolo, ma sempre nel corridoio vicino; e per quanto corresse in fretta (perché si sarebbe costituito volentieri, ormai) i corridoi che raggiungeva erano immancabilmente deserti. A volte vedeva un’uscita e sperava che portasse alla vita, al respiro della Città, ma più si affrettava e più quella si faceva lontana, finché svoltava di nuovo… ed era persa.

A volte i funzionari incaricati di qualche missione nella rete sotterranea vedevano una figura nebbiosa zoppicare silenziosa verso di loro, un braccio semitrasparente alzarsi in preghiera, una bocca aprirsi e muoversi, restando muta. E dopo essersi avvicinata un poco la figura ondeggiava e spariva.

Era un racconto che aveva perso gli attributi della normale narrativa ed era entrato nel folklore. "Il londinese errante" era un personaggio conosciuto in tutto il mondo.

Nelle profondità di New York Baley ricordò la storia e si sentì a disagio.

In quel momento R. Daneel disse qualcosa e le sue parole furono accompagnate da una leggera eco: «Qualcuno potrebbe udirci».

«Qua sotto? Nemmeno per idea. Parlami del questore, adesso.»

«Era sulla scena, Elijah. È un abitante della Città, quindi era logico metterlo fra gli indiziati.»

«Sospettate ancora di lui?»

«No, la sua innocenza è stata provata in modo irrefutabile: non gli si è trovato il fulminatore e non c’è rischio che ci sia sfuggito. Enderby è entrato a Spacetown dalla solita via, e, come sai, le armi vengono tolte a tutti.»

«A proposito, si è rintracciato l’arma del delitto?»

«No, Elijah. Abbiamo controllato tutti i fulminatori esistenti a Spacetown e abbiamo scoperto che nessuno è stato usato da settimane. Un esame dei tamburi radioattivi è stata la prova conclusiva.»

«Quindi chi ha commesso il delitto ha nascosto bene la sua arma, oppure…»

«Non può trovarsi a Spacetown. Le nostre ricerche sono state capillari.»

Spazientito, Baley disse: «Cerco di considerare tutte le eventualità. O è stata nascosta o l’assassino l’ha portata con sé quando se n’è andato».

«Proprio così.»

«E se si ammette la seconda possibilità, il questore è scagionato.»

«Appunto. Come semplice precauzione gli abbiamo fatto un’analisi cerebrale.»

«Una cosa?»

«Per analisi cerebrale intendo l’interpretazione dei campi elettromagnetici delle cellule vive del cervello.»

«Oh» fece Baley, che era al punto di prima: «E cosa vi ha rivelato?»

«L’esame fornisce informazioni sulla stabilità emotiva del soggetto. Nel caso del questore Enderby, ci ha rivelato che sarebbe stato incapace di uccidere il dottor Sarton. Proprio incapace.»

«Già» convenne Baley «non è il tipo. Avrei potuto dirvelo io.»

«È meglio avere informazioni obbiettive. Naturalmente, la popolazione di Spaceto’wn è stata sottoposta allo stesso esame.»

«E scommetto che è risultata tutta incapace.»

«Infatti. Per questo sappiamo che l’assassino dev’essere un abitante della Città.»

«Allora non ci resta che analizzare la popolazione di New York.»

«Non sarebbe molto pratico, Elijah. Potremmo scoprire milioni di individui potenzialmente capaci dell’atto.»

«Milioni» borbottò Baley pensando alla.calca che in giorni lontani si era ammassata sotto la Barriera per gridare maledizioni agli Spaziali; o alla folla minacciosa davanti al negozio di scarpe, la sera prima.

Pensò: "Povero Julius! Un indiziato!".

Gli parve di sentire la voce del questore che descriveva le sue emozioni dopo il ritrovamento del cadavere: "Una cosa brutale, brutale." Nessuna meraviglia che lo shock e il disgusto gli avessero fatto cadere gli occhiali. Nessuna meraviglia che non volesse mettere piede a Spacetown. "Li odio" aveva sibilato fra i denti.

Povero Julius: l’uomo che riusciva a intendersi con gli Spaziali. L’uomo il cui merito maggiore, agli occhi della Città, era la capacità di trattare con quella gente. Quanto aveva contribuito, quella fama, alle sue rapide promozioni?

Nessuna meraviglia che avesse scaricato la faccenda sulle spalle di Baley. Vecchio, fedele Baley, il compagno di scuola! Sarebbe rimasto zitto se avesse scoperto quella piccola discrepanza nell’immagine del superiore. Baley si chiese come venisse fatta l’analisi cerebrale. Immaginò grandi elettrodi, pantografi indaffarati che tracciavano linee nervose sulla carta del grafico, congegni automatici che ticchettavano in posizione.

Povero Julius. Se era terrorizzato come le circostanze facevano supporre, forse si vedeva già davanti al sindaco con una lettera di dimissioni obbligate che l’aspettava.

L’autopattuglia imboccò i sublivelli del Municipio.

Erano le 14,30 quando Baley arrivò al suo tavolo. Il questore era uscito, e R. Sammy, sorridente come al solito, non sapeva dove fosse andato.

Baley passò un po’ di tempo a pensare, senza far caso alla fame.

Alle 15,20 R. Sammy si avvicinò a lui e disse: «Il questore è tornato, Lije».

Baley abbozzò un "Grazie."

Per una volta era riuscito ad ascoltare il robot senza irritarsi.