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I passeri si erano buttati sul cibo a centinaia, ala contro ala, con un assordante stridio…

Questo era tutto: guardando la mensa enorme alle sue spalle, a Baley era venuta in mente la gabbia dei passeri all’ora del pasto. Provò un brivido, e pensò: "Signore, dev’esserci un modo migliore".

Ma quale? Cosa c’era che non andava in questo? Non ci aveva mai pensato prima.

Poi disse brusco, all’automa: «Sei pronto, Daneel?»

«Pronto, Elijah.»

Uscirono dalla mensa con un solo pensiero: sfuggire agli inseguitori.

C’è un gioco che i ragazzi chiamano "corri sui nastri"; le regole variano poco da Città a Città e la parte essenziale è identica ed eterna. Un ragazzo di San Francisco può giocarci con i suoi coetanei del Cairo senza problemi.

Lo scopo è di arrivare dal punto A al punto B servendosi del sistema di trasporto rapido della Città in modo che chi è "sotto" riesca a far perdere le sue tracce a quanti più inseguitori è possibile. Se chi è sotto arriva al traguardo da solo vuol dire che è veramente abile, e lo stesso vale per l’inseguitore che riesce a non farsi seminare.

Il gioco si fa di solito all’ora di punta, la sera, quando la gran quantità di pendolari rende la partita più complessa e imprevedibile. Chi è sotto parte, percorrendo i nastri acceleranti, e fa del suo meglio per confondere gli altri: ad esempio rimane su un nastro più a lungo del necessario e poi, all’improvviso, salta in un’altra direzione. Per un po’ balza da una corsia all’altra, quindi rimane di nuovo in attesa.

Povero l’inseguitore che sbaglia i calcoli e salta su un nastro troppo lontano! Prima di rendersi conto dell’errore, e a meno di non essere eccezionalmente abile, si troverà oltre l’inseguito o irreparabilmente indietro. Il giocatore inseguito sfrutterà l’errore muovendosi in tutt’altra direzione.

Una mossa che può complicare di molto il gioco consiste nel saltare sulle strade locali o direttamente su quelle celeri e precipitarsi all’improvviso sulla corsia opposta. Non è ortodosso evitare questi trucchi ma non è neppure corretto affidarsi esclusivamente ad essi.

L’attrattiva del gioco non è facilmente comprensibile da un adulto, e in particolare da un adulto che non abbia mai "corso i nastri" quando era ragazzo. I giocatori vengono trattati piuttosto male dai passeggeri legittimi, ai quali danno immancabilmente fastidio. La polizia li perseguita e i genitori li puniscono, e vengono denunciati a scuola e alla subeterica. Non passa anno senza che quattro o cinque ragazzi restino uccisi nel gioco, una decina restino feriti e un certo numero di passeggeri occasionali subisca danni più o meno gravi.

Nonostante questo, le ghenghe di teen-ager continuano a "correre le strade", e più è grande il pericolo più alto è il premio in palio: gloria agli occhi dei compagni. Un giocatore abile può essere orgoglioso di sé, un inseguito che riesca sistematicamente a seminare gli altri acquista una gloria imperitura.

Elijah Baley ricordò con soddisfazione di aver corso i nastri, ai suoi tempi. Una volta aveva seminato una ghenga di venti ragazzi dal settore di Concours ai confini di Queens, attraverso tre strade celeri. In due instancabili ore si era lasciato alle spalle i più agili segugi del Bronx ed era arrivato a destinazione da solo. Si era parlato di quella corsa per mesi.

Adesso Baley aveva quarant’anni e non correva i nastri da venti, ma ricordava qualche trucco. Quello che aveva perso in agilità l’aveva guadagnato sotto altri aspetti, perché era un poliziotto. Nessuno, tranne un poliziotto con un’esperienza pari alla sua, conosceva la Città tanto bene e sapeva dove cominciava o finiva ogni vicolo d’acciaio.

Uscì dalla mensa a passo svelto ma non troppo. Da un momento all’altro si aspettava di sentire il grido di "Robot! Robot!" La fase iniziale era la più rischiosa. Contò i gradini finché sentì il primo nastro accelerante muoversi sotto di lui.

Rimase immobile un momento, mentre R. Daneel gli si metteva agilmente al fianco.

«Sono ancora dietro di noi, Daneel?» chiese Baley con un filo di voce.

«Sì, e si avvicinano.»

«Non durerà» disse Baley, fiducioso. Guardò i nastri che correvano da una parte e dall’altra, con il carico di passeggeri che gli sfiorava e urtava i fianchi sempre più velocemente: la distanza fra Baley, Daneel e gli inseguitori finalmente aumentò. Ogni giorno Baley sentiva i nastri mobili scorrergli sotto i piedi, ma da anni non piegava più le ginocchia come uno che si prepari a correrli. Provò la vecchia eccitazione del gioco e il respiro gli si fece più rapido.

Quasi dimenticava la volta che aveva sorpreso Ben fare il gioco. Gli aveva fatto un lunghissimo sermone e aveva minacciato di metterlo sotto sorveglianza della polizia.

Leggero, veloce, a un ritmo due volte più rapido di quello considerato sicuro, cominciò a destreggiarsi fra i nastri. Si piegò in avanti per sostenere l’accelerazione; la strada locale ronzava davanti a loro. Per un attimo sembrò che Baley volesse abbordarla, ma poi cominciò a indietreggiare, indietreggiare, fendendo la folla che si accalcava sui nastri più lenti.

Baley si lasciò trasportare dalla corsia dei venti chilometri l’ora.

«Quanti ne abbiamo addosso, Daneel?»

«Solo uno, Elijah.» Il robot era al suo fianco, ma non sbuffava e non ansimava.

«Dev’essere stato un buon giocatore, ai suoi tempi. Ma non durerà nemmeno lui.»

Pieno di fiducia in se stesso, provò una sensazione che ricordava solo in parte e che risaliva alla sua giovinezza. Consisteva nella partecipazione a un rito che gli altri non conoscevano, nella sensazione puramente fisica del vento sulla faccia e tra i capelli, in un lieve senso di pericolo.

«Questo lo chiamano il tuffo laterale» disse a R. Daneel a bassa voce.

Il suo passo elastico divorava le distanze, ma continuava a muoversi sullo stesso nastro, evitando la folla dei passeggeri con minimo sforzo. Continuò ad avanzare, tenendosi vicino al bordo del nastro, finché il movimento regolare della sua testa tra la folla diventò ipnotico a causa della costante velocità. Era proprio quello che voleva.

Poi, senza fermarsi, si spostò di cinque centimetri sul lato e passò sul nastro vicino. I muscoli gli fecero male e lottò per mantenersi in equilibrio.

Si fece largo tra una folla di pendolari e balzò sulla corsia dei settanta chilometri.

«Come va, Daneel?» domandò.

«È sempre dietro di noi» fu la tranquilla risposta.

Baley strinse le labbra. Non restava che usare le piattaforme mobili: uno scherzo che richiedeva la massima coordinazione, forse più di quella che Baley possedeva.

Si guardò intorno rapidamente. Dove si trovavano? La 22a Strada-B sfrecciò davanti a loro. Baley fece i suoi calcoli rapidamente, poi cominciò a saltare: di nastro in nastro, con velocità e sicurezza, descrivendo una curva che puntava verso la piattaforma della strada locale.

Le facce impersonali di uomini e donne, incattivite dalla noia del viaggio, si accendevano d’indignazione quando Baley e R. Daneel abbordavano un nuovo nastro e si facevano largo tra i corrimano.

«Ehi, attento!» gridò una donna con voce lamentosa, stringendosi il cappello.

«Mi dispiace» disse Baley, senza fiato.

Continuò ad avanzare tra i passeggeri in piedi e si preparò a saltare sul nastro successivo. All’ultimo momento un passeggero gli diede un pugno sulla schiena, infuriato. Baley barcollò e tentò disperatamente di recuperare l’equilibrio.

Evitò un corrimano e raggiunse il nastro, ma l’improvviso cambio di velocità lo costrinse in ginocchio e poi sul fianco. Ebbe l’orribile visione di uomini che si scontravano con lui e cadevano come birilli, di una spaventosa catena d’incidenti su tutto il nastro, una di quelle "frittate d’uomini" che mandano tanta gente all’ospedale.