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«Tuttavia non direbbe che un’azione del genere sia tipicamente umana, vero?»

«No, assolutamente no.»

«In realtà se esiste un’altra spiegazione del delitto, una qualsiasi spiegazione concepibile, credo che dovrebbe esser presa in considerazione.»

Il dottor Gerrigel sembrava più a disagio che mai, con la schiena dritta e le mani intrecciate in grembo. «E lei ha una teoria alternativa?»

«Sì. Penso che un robot, per esempio, non avrebbe difficoltà ad attraversare l’aperta campagna.»

Il dottor Gerrigel si alzò. «Ma caro signore!»

«Cosa c’è?»

«Vuol dire che l’autore del delitto sarebbe un robot?»

«Perché no.»

«Che avrebbe assassinato un essere umano?»

«Sì, dottore. Per favore, si sieda.»

Il robotista obbedì, poi disse: «Signor Baley, qui ci troviamo di fronte a due azioni ben distinte: attraversare la campagna e commettere un omicidio. Un essere umano potrebbe essere capace della seconda ma avrebbe difficoltà a compiere la prima; un robot sarebbe capace della prima ma troverebbe impossibile attuare la seconda. Mi sembra che lei voglia sostituire una teoria improbabile con una impossibile».

«Dottore, "impossibile" è una parola forte.»

«Ha mai sentito la Prima Legge della Robotica, signor Baley?»

«Sicuro, posso recitarla: "Un robot non può recare danno a un essere umano o permettere che, per il suo mancato intervento, un essere umano riceva danno".» Baley puntò un dito sul robotista e continuò: «Che cosa impedirebbe di costruire un robot sprovvisto della Prima Legge? Cosa c’è di tanto sacro in quelle parole?».

Il dottor Gerrigel sembrava stupito, folgorato: «Oh, signor Baley…».

«Qual è la risposta?»

«Se lei conosce anche un poco la robotica, signor Baley, saprà che la costruzione di un cervello positronico è un’impresa formidabile sia dal punto di vista matematico che elettronico.»

«Ne ho un’idea» rispose Baley. Ricordava di essere stato, una volta, in una fabbrica di robot e di aver visitato la biblioteca dei librofilm, ognuno dei quali conteneva l’analisi di un singolo tipo di cervello positronico. Ci voleva più di un’ora per vedere uno di quei film, alla velocità standard; e nonostante la loro lunghezza, i simboli di cui si servivano erano altamente condensati. Se ne usciva con l’impressione che non esistessero due cervelli positronici uguali, anche quando venivano costruiti secondo le regole più rigide. Baley aveva appreso che era una conseguenza del Principio d’Indeterminazione di Heisenberg. Ogni film, quindi, doveva essere fornito di appendici che riguardavano tutte le possibili varianti.

Era un lavoro incredibile, Baley non lo negava.

Il dottor Gerrigel riprese: «Deve capire che progettare un nuovo cervello positronico, anche uno che presenti solo minime innovazioni, non è lavoro che si possa fare in una notte. Di solito ci vuole l’intero reparto ricerche di una fabbrica di medie proporzioni, e fino a un anno di tempo. Ma nemmeno quest’enorme mole di lavoro basterebbe, se non si fondasse su una teoria dei circuiti-base collaudata e ormai standardizzata, che costituisce il fondamento di tutte le future elaborazioni. Questa teoria-base comprende le Tre Leggi della Robotica: la prima che lei ha citato, la seconda per cui "Un robot deve obbedire agli ordini degli esseri umani tranne quando tali ordini sono in conflitto con la Prima Legge", e la terza che dice: "Un robot ha il dovere di proteggere la sua esistenza, a patto che tale difesa non contrasti con la Prima e la Seconda Legge". Capisce, ora?».

R. Daneel, che a quanto pareva aveva seguito attentamente la conversazione, prese la parola: «Se mi scusi, Elijah, tenterò di vedere se ho capito ciò che ci ha spiegato il dottor Gerrigel. Quello che lei suggerisce, signore, è che il tentativo di costruire un robot il cui cervello positronico non rispetti le Tre Leggi richiederebbe l’impostazione di una nuova teoria di base, e che questo, a sua volta, richiederebbe anni.»

Il robotista sembrava soddisfatto: «È proprio ciò che ho voluto dire, signor…»

Baley esitò un momento, poi presentò R. Daneel nel modo più conveniente: «Il mio collega Daneel Olivaw, dottor Gerrigel».

«Buongiorno a lei, signor Olivaw» disse il dottor Gerrigel, stringendogli la mano. Poi continuò: «È mia opinione che ci vorrebbero cinquant’anni per sviluppare la teoria-base di un cervello positronico non-Asenio, cioè contrario alle Tre Leggi, e per portarla in pari con le acquisizioni della moderna robotica».

«E non è mai stato tentato?» chiese Baley. «Voglio dire, dottore, si costruiscono robot da migliaia d’anni. In tutto questo tempo nessuno ha trovato mezzo secolo da risparmiare?»

«Penso di sì» disse il robotista. «Ma nessuno l’ha giudicato un lavoro conveniente.»

«Mi pare difficile crederlo. La curiosità umana si è sempre spinta in tutte le direzioni.»

«Non in quella del robot non-Asenio. La nostra razza, signor Baley, ha un forte complesso di Frankenstein.»

«Un che?»

«È il titolo di un romanzo medievale in cui si narra di un automa che si ribella al suo creatore. Non l’ho mai letto, ma questo non ha importanza. I robot senza la Prima Legge non si costruiscono, tutto qui.»

«E non esiste nessuno studio in quella direzione?»

«A mia conoscenza, no.» Gerrigel sorrise compiaciuto: «E la mia conoscenza è piuttosto estesa, in materia».

«Un robot dotato della Prima Legge non potrebbe uccidere un uomo?»

«Assolutamente escluso, a meno che l’uccisione non derivi da un incidente o non serva a salvare la vita di due o più esseri umani. Ma anche in questi casi il potenziale positronico scatenerebbe un conflitto che distruggerebbe il cervello.»

«E va bene» disse Baley. «Tutto questo vale per la situazione sulla Terra, giusto?»

«Sì, certo.»

«Che mi dice dei Mondi Esterni?»

Parte della sicurezza di Gerrigel sparì. «Oh Dio, signor Baley, non ho esperienza diretta di quello che avviene lassù, ma sono certo che se qualcuno costruisse un cervello positronico non-Asenio o se venisse formulata la relativa teoria matematica, noi lo verremmo a sapere.»

«Davvero? Bene, mi lasci seguire un’altra idea strampalata, dottor Gerrigel. Spero che non le dispiaccia.»

«No, per niente.» Il robotista dette un’occhiata d’angoscia prima a Baley, poi a R. Daneel. «Dopotutto, se questa faccenda è importante come dice, sono lieto di fare tutto quello che posso.»

«Grazie, dottore. La domanda che voglio farle è questa: perché i robot hanno forma umana? È una cosa che ho dato per scontata tutta la vita, ma ora mi rendo conto che non conosco la ragione. Che bisogno c’è che un automa abbia una testa e quattro arti? Che importanza può avere il fatto che ci somigli oppure no?»

«Vuol dire perché non li costruiamo funzionalmente, come le altre macchine?»

«Esatto» rispose Baley. «Perché?»

Il dottor Gerrigel fece uno dei suoi piccoli sorrisi. «Credo, signor Baley, che lei sia nato troppo tardi. L’antica letteratura sugli automi è piena di dibattiti di questo genere, e le polemiche sono spaventose. Se vuol leggere un’ottima ricerca sulle dispute fra funzionalisti e anti-funzionalisti le raccomando la Storia della robotica di Hanford. La matematica è ridotta al minimo e credo che la troverebbe interessante.»

«Me la procurerò» disse Baley paziente. «Nel frattempo, può darmi lei una risposta?»

«La decisione fu presa per ragioni economiche. Se lei dirigesse una fattoria, signor Baley, troverebbe conveniente fabbricare un trattore positronico, un mungilatte, un erpice, un’automobile o una mietitrice dotati di cervello? Non sarebbe meglio avere un solo robot che li facesse funzionare tutti? L’avverto che la seconda alternativa le verrebbe a costare la cinquantesima o la centesima parte della prima.»