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Forward stava a una console a ferro di cavallo accanto alla colonna. Lo notai appena. Avevo già visto quel braccio snodato, ma non mi ero reso conto delle dimensioni.

Forward si accorse che ero rimasto a bocca aperta. — L’Arraffa — disse.

Si avvicinò a noi con un’andatura balzellante, comica ma funzionale. — Lieto di conoscervi, Carlos Wu, Beowulf Shaeffer. — La sua stretta di mano non mi stritolò le ossa solo perché ci stava attento. Aveva un sorriso simpatico. — L’Arraffa è la cosa più sensazionale che abbiamo qui. Dopo l’Arraffa non c’è niente da vedere.

Io chiesi: — A che cosa serve?

Carlos rise. — È magnifico. Perché è necessario che serva a qualcosa?

Forward accettò con garbo il complimento. — Sto pensando di mandarlo a una mostra di scultura. In effetti, serve per manipolare masse grandi e dense. Il ricettacolo all’estremità del braccio è un complesso di elettromagneti. Posso far vibrare le masse, lì dentro, per produrre onde di gravità polarizzate.

Sei massicce travature ad arco dividevano la cupola in altrettante sezioni. Notai che le travature e la chiusura al centro brillavano come specchi. Erano rinforzate da campi di stasi. Un ulteriore supporto per l’Arraffa? Cercare di immaginare quali forze potevano richiedere una simile robustezza.

— Che cosa fa vibrare là dentro? Una megatonnellata di piombo?

— Abbiamo usato per il collaudo una massa di piombo inguainata nel ferro dolce. Però è stato anni fa. Non ho lavorato con l’Arraffa in questi ultimi tempi, ma abbiamo ottenuto risultati soddisfacenti con una sfera di neutronio chiusa in un campo di stasi. Dieci miliardi di tonnellate metriche.

— A che scopo? — chiesi io.

Carlos mi lanciò un’occhiataccia. Forward sembrò pensare che fosse una domanda del tutto ragionevole.

— Per la comunicazione, innanzi tutto. Devono esserci specie intelligenti in tutta la galassia, quasi tutte al di fuori della portata delle nostre navi. Le onde gravitazionali, probabilmente, sono il metodo migliore per mettersi in contatto con loro.

— Le onde gravitazionali viaggiano alla velocità della luce, no? Non sarebbe meglio la radio iperspaziale?

— Non possiamo contare che ce l’abbiano. Chi, se non gli Outsinder, penserebbero a fare i loro esperimenti tanto lontano da un sole? Se vogliamo contattare esseri che non hanno avuto a che fare con gli Outsider, dobbiamo usare le onde gravitazionali… quando avremo scoperto come fare.

Angel ci offrì sedie e rinfreschi. C’eravamo appena seduti e io ero già tagliato fuori; Forward e Carlos parlavano di fisica del plasma, metafisica e «cosa stanno facendo i nostri vecchi amici?» Capii che avevano parecchie cose in comune. E Carlos stava cercando di scoprire dove erano finiti i cosmologi specializzati in fisica della gravità.

Alcuni facevano parte del Gruppo Mercurio. Altri erano sui mondi coloniali… soprattutto su Jinx, a cercare di convincere l’Istituto della Conoscenza a finanziare vari progetti, incluse altre spedizioni al collapsar del Cigno.

— Lei lavora ancora per l’Istituto, dottore?

Forward scrollò la testa. — Hanno smesso di aiutarmi. I risultati non erano sufficienti, secondo loro. Però posso continuare a servirmi di questa stazione che appartiene all’Istituto. Ma un giorno la venderanno e dovremo trasferirci.

— Mi chiedevo come mai l’avessero mandata proprio qui — disse Carlos. — Sirio ha una fascia cometaria ragguardevole.

— Ma Sol è l’unico sistema dove sia presente la civiltà a una simile distanza dalla stella centrale. E posso contare su collaboratori migliori. Il Sistema di Sol ha sempre avuto molti cosmologi.

— Pensavo che fosse venuto qui per risolvere un vecchio mistero. La meteorite della Tunguska. Ne ha sentito parlare, naturalmente.

Forward rise. — Naturalmente. Chi non ne ha sentito parlare? Non credo che sapremo mai che cosa precipitò sulla Siberia quella notte. Forse era un frammento d’antimateria. Si sa che c’è antimateria, nello spazio conosciuto.

— Se lo era, non potremo mai provarlo — ammise Carlos.

— Vogliamo parlare del vostro problema? — Forward parve ricordarsi all’improvviso della mia esistenza. — Shaeffer, che cosa pensa un pilota professionista quando sparisce il suo motore hyperdrive?

— Ci resta molto male.

— Qualche teoria?

Decisi di non parlare dei pirati. Volevo vedere se Forward li avrebbe nominati per primo. — Sembra che la mia teoria non piaccia a nessuno — dissi, ed esposi brevemente le mie idee sui mostri dell’iperspazio.

Forward mi ascoltò educatamente. Poi: — Devo ammetterlo, è difficile confutare la sua ipotesi. Lei ci crede?

— Ho paura a crederci. Una volta per poco non ci ho lasciato la pelle perché cercavo mostri spaziali quando avrei dovuto cercare cause naturali.

— E perché i mostri dell’iperspazio avrebbero divorato soltanto il suo motore?

— Uhm… cavolo. Non lo so.

— Lei cosa ne pensa, Carlos? Un fenomeno naturale, oppure mostri?

— Pirati — rispose Carlos.

— E come fanno?

— Ecco, la faccenda di un motore hyperdrive che sparisce e lascia lì la nave… è del tutto nuova. Credo che sarebbe necessario un forte gradiente di gravità, con un effetto mareale forte quanto quello di una stella di neutroni o di un buco nero.

— Non si trova niente del genere, in tutto lo spazio umano.

— Lo so. — Carlos aveva l’aria frustrata. Doveva essere una simulazione. Prima s’era comportato come se conoscesse già la risposta.

Forward disse: — Comunque, non credo che un buco nero avrebbe questo effetto. Se l’avesse, non se ne sarebbe neppure accorto, perché la nave sarebbe sparita nel buco nero.

— E un potente generatore di gravità?

— Uhm… — Forward ci pensò sopra, poi scosse il testone. — Sta parlando di una gravità superficiale dell’ordine di milioni. Tutti i generatori di gravità di cui ho sentito parlare collasserebbero, a quel livello. Vediamo, con una struttura sostenuta da campi di stasi… no. La struttura reggerebbe e il resto del macchinario scorrerebbe come acqua.

— Non ha lasciato in piedi molto della mia teoria.

— Mi dispiace.

Dopo una breve pausa, Carlos chiese: — Secondo lei, come ha avuto inizio l’universo?

Forward sembrò un po’ sorpreso da quel cambiamento di discorso.

E io incominciai a sentirmi irrequieto.

Ammetto che non so molto di cosmologia, ma capisco gli atteggiamenti e i toni di voce. Carlos lanciava allusioni, cercando di pilotare Forward alla sua conclusione. Buchi neri, pirati, la meteorite della Tunguska, l’origine dell’universo… li presentava tutti come piste. E Forward non rispondeva correttamente.

Adesso stava dicendo: — Lo chieda a un prete. In quanto a me, propendo per il Big Bang. Lo Stato Costante mi è sempre sembrato futile.

— Anch’io preferisco il Big Bang, — disse Carlos.

C’era qualcosa di preoccupante. I rimorchiatori minerari: era quasi certo che appartenessero a Forward Station. Come avrebbe reagito Ausfaller quando le tre navi spaziali che già conosceva fossero comparse dalle sue parti?

Come volevo che reagisse? Forward Station poteva essere una base ideale per i pirati. Piena di corridoi scavati con il laser e distribuiti a caso… potevano esserci due reti di corridoi, collegate soltanto in superficie? Come facevamo a saperlo?

All’improvviso, pensai che non volevo più saperlo. Volevo andarmene a casa. Se Carlos si fosse tenuto alla larga dagli argomenti delicati…

Ma adesso lui aveva ricominciato a esporre ipotesi sui mangianavi. — Quei dieci miliardi di tonnellate metriche di neutronio che lei ha usato come massa di collaudo. Non sarebbe abbastanza grande né abbastanza densa per darci un gradiente di gravità adeguato.