— Potrebbe esserlo, vicino alla superficie. — Forward sogghignò e accostò le mani. — Era all’incirca grande così.
— Ed è la massima densità che la materia raggiunge in questo universo. Peccato.
— È vero, ma… ha mai sentito parlare dei buchi neri quantistici?
— Sì.
Forward si alzò di scatto. — Risposta sbagliata.
Io schizzai fuori dalla sedia, cercando di puntellarmi per spiccare un salto, mentre cercavo di afferrare il terzo bottone del mio abito. Non servì a niente. Non mi ero esercitato in una gravità come quella.
Forward aveva già spiccato un balzo. Mentre passava, diede una sberla alla testa di Carlos. Mi afferrò al punto più alto del salto e mi trascinò con lui afferandomi il polso con una stretta ferrea.
Non avevo niente per puntellarmi, ma gli tirai un calcio. Forward non cercò neppure d’impedirmelo. Era come lottare contro una montagna. Mi agguantò i polsi con una mano sola e mi rimorchiò via.
Forward era indaffarato. Si era seduto nel ferro di cavallo della console di comando, e parlava. Al di sopra dell’orlo della console si vedevano le nuche di tre teste disincarnate.
Evidentemente c’era un telefono laser nella console. Sentivo in parte quello che diceva. Stava ordinando ai piloti dei tre rimorchiatori minerari di distruggere l’Hobo Kelly. Sembrava non sospettasse che a bordo c’era Ausfaller.
Forward era indaffarato, ma Angel ci osservava pensieroso, o forse irrequieto, chissà. Non aveva torto. Avrebbero potuto farci sparire, ma quali messaggi potevamo aver inviato prima di venire lì?
Io non potevo far niente di costruttivo, finché Angel mi sorvegliava. E non potevo contare su Carlos.
Carlos non lo vedevo affatto. Forward e Angel ci avevano legati ai lati opposti della colonna centrale, sotto l’Arraffa. Da allora, Carlos non si era più fatto sentire. Forse stava morendo per quella tremenda sberla alla testa.
Provai a tirare la corda che mi legava i polsi. Era metallo freddo… e molto stretto.
Forward girò un interruttore. Le teste sparirono. Passò un momento, prima che parlasse.
— Mi avete messo in una situazione molto spiacevole.
E Carlos rispose. — Credo che ci si sia messo da solo.
— Può darsi. Non avrebbe dovuto lasciarmi capire ciò che sapeva.
Carlos disse: — Mi spiace, Bey.
Sembrava in buona salute. Bene. — Non importa — dissi. — Ma perché tutte queste scalmane? Che cos’ha Forward?
— Credo che abbia la meteorite della Tunguska.
— No. Non ce l’ho. — Forward si alzò e si girò verso di noi. — Ammetto che venni qui a cercare la meteorite della Tunguska. Impiegai vari anni per ricostruire la traiettoria che aveva seguito dopo aver lasciato la Terra. Forse era un buco nero quantistico. Forse no. L’Istituto mi tagliò i fondi improvvisamente, proprio quando avevo trovato un vero buco nero quantistico, il primo nella storia.
Io dissi: — Questo non mi spiega molto.
— Pazienza, Mr. Shaeffer. Lei sa che un buco nero può formarsi dal collasso di una stella massiccia? Bene. E sa che è necessario un corpo di almeno cinque masse solari. La massa può essere quella di una galassia… o addirittura dell’universo. Secondo certi indizi, l’universo è un buco nero che precipita in se stesso. Ma se la massa è inferiore a cinque masse solari, il collasso si arresta alla fase di stella di neutroni.
— Fin qui la seguo.
— In tutta la storia dell’universo, c’è stato un momento in cui avrebbero potuto formarsi buchi neri più piccoli. Quel momento fu l’esplosione del monoblocco, l’uovo cosmico che un tempo conteneva tutta la materia dell’universo. Nella violenza di quell’esplosione dovevano esservi loci di pressione inimmaginabile. Potrebbero essersi formati buchi neri di massa fino a 2,2 x 10-5 grammi, con un raggio di 1,6 x 10-25 Angstrom.
— Naturalmente sarebbe impossibile scoprire una cosa tanto piccola — disse Carlos. Sembrava quasi allegro. Mi domandai perché… e poi capii. Aveva avuto ragione circa il modo in cui sparivano le navi. Doveva compensarlo del fatto d’essere legato a una colonna.
— Ma — disse Forward, — in quell’esplosione potrebbero essersi formati buchi neri di tutte le dimensioni, e sicuramente si formarono. In più di settecento anni di ricerche, non è mai stato trovato un buco nero quantistico. Molti cosmologi hanno rinunciato a crederci, e a credere al Big Bang.
Carlos disse: — Naturalmente, c’era la meteorite della Tunguska. Poteva essere un buco nero, diciamo di massa asteroidale…
— … e di dimensioni approssimativamente molecolari. Ma la marea avrebbe falciato gli alberi al suo passaggio…
— … e il buco nero avrebbe attraversato la Terra e sarebbe tornato nello spazio dopo aver acquisito qualche tonnellata di peso in più. Ottocento anni fa cercarono addirittura il punto d’uscita. Sarebbe servito a tracciare una rotta…
— Esattamente. Ma io dovetti rinunciare a quel metodo — disse Forward. — Ne stavo usando un altro quando l’Istituto… ruppe i rapporti con me.
Dovevano essere matti tutti e due, pensai. Carlos era legato a una colonna e Forward intendeva ucciderlo, eppure si comportavano come se fossero soci di un club esclusivo… al quale io non appartenevo.
Carlos era incuriosito. — Come ha fatto?
— Lei crede che sia possibile che un asteroide catturi un buco nero quantistico? Nel suo interno? Per esempio, a una massa di 1012 chilogrammi… un miliardo di tonnellate metriche — soggiunse perché capissi anch’io, — un buco nero avrebbe un diametro di appena l,5 x 10-5 Angstrom. Più piccolo di un atomo. In un passaggio lento attraverso un asteroide potrebbe assorbire qualche miliardo di atomi, abbastanza per farlo rallentare e stabilirsi in un’orbita. Poi potrebbe orbitare all’interno dell’asteroide per eoni, assorbendo pochissima massa ad ogni passaggio.
— Quindi?
— Se io m’imbatto per caso in un asteroide più massiccio di quel che dovrebbe essere… e se riesco a postarlo, e se parte della massa rimane indietro…
— Deve aver controllato una quantità di asteroidi. Perché farlo proprio qui? Perché non nella Fascia degli Asteroidi? Oh, certo, qui può usare l’hyperdrive.
— Precisamente. Potevamo cercare una ventina di masse al giorno, consumando pochissimo combustibile.
— Ehi, se era abbastanza grande per divorare un’astronave, perché non ha divorato l’asteroide nel quale l’ha trovato?
— Non era tanto grande — disse Forward. — Il buco nero che trovai era esattamente come l’ho descritto. Io l’ho ingrandito. L’ho rimorchiato a casa e l’ho fatto passare attraverso la mia sfera di neutronio. Allora è diventato abbastanza grosso per assorbire un asteroide. Adesso è un oggetto molto massiccio! 1020 chilogrammi, con un raggio di poco inferiore a 10-5 centimetri.
La voce di Forward aveva un tono di soddisfazione. In quella di Carlos, all’improvviso, non c’era altro che disprezzo. — Ha realizzato questo e poi se n’è servito per rubare le navi e far sparire le prove. È ciò che succederà anche a noi? Giù nella tana del coniglio?
— Forse in un altro universo. Dove porta un buco nero? Era quel che mi domandavo anch’io.
Angel aveva preso il posto di Forward alla console. Aveva agganciato la cintura di sicurezza, una cosa che prima Forward non aveva fatto, e adesso divideva l’attenzione tra gli strumenti e il dialogo.
— Mi sto ancora chiedendo come fa a muoverlo — disse Carlos. Poi: — Ah! I rimorchiatori!
Forward sgranò gli occhi, poi sghignazzò. — Non l’aveva indovinato? Ma naturalmente il buco nero può mantenere una carica. Gli ho riversato dentro la scarica di un vecchio motore a ioni per quasi un mese. Adesso contiene una carica enorme. I rimorchiatori possono trainarlo senza troppa difficoltà. Vorrei averne altri. Presto li avrò.