Strinsi le dita dei piedi intorno ai bottoni e tirai.
Avevo le gambe attorcigliate come pretzel. Non potevo puntellarmi a niente. Ma il primo bottone si staccò, e poi si staccò il filo. Un’altra arma invisibile per combattere l’invisibile buco senza fondo di Forward.
Il filo liberò il quarto bottone. Riabbassai i piedi, tenendo il filo ben teso, e mi spinsi indietro. Sentii la catena molecolare di Sinclair affondare nella colonna.
L’Arraffa continuava a oscillare.
Quando il filo avesse tagliato la colonna avrei potuto sollevarlo dietro di me e cercare di recidere i legami. Molto probabilmente mi sarei tranciato i polsi e sarei morto dissanguato: ma dovevo tentare. Mi chiesi se avrei potuto fare qualcosa prima che Forward lanciasse il buco nero.
Una brezza fredda mi accarezzò i piedi.
Abbassai gli occhi. Intorno alla colonna usciva una nebbia densa.
Un gas gelido stava fuoriuscendo dall’incrinatura sottile come un capello.
Continuai a spingere. La nebbia aumentò. Il freddo era tormentoso. Sentii lo strattone quando il filo magico si liberò. I polsi, adesso…
Elio liquido?
Forward ci aveva legati al cavo principale superconduttore dell’energia.
Probabilmente era stato un errore. Spostai i piedi in avanti, cautamente, con fermezza, e sentii il filo che affondava, nel taglio di ritorno.
L’Arraffa aveva smesso di oscillare. Ora si muoveva sul braccio come un verme cieco e ansioso, mentre Forward lo regolava con maggiore esattezza. Angel incominciava a dar segno dello sforzo che gli costava tenersi capovolto.
I miei piedi sussultarono leggermente. Ce l’avevo fatta. Avevo i piedi intirizziti, quasi insensibili. Lasciai i bottoni che salirono ondeggiando verso la cupola, e scalciai all’indietro, premendo i calcagni con forza.
Qualcosa si spostò. Scalciai di nuovo.
Tuoni e fulmini esplosero intorno ai miei piedi.
Ripiegai di scatto le ginocchia contro il mento. I fulmini crepitavano e lampeggiavano bianchi nella nebbia turbinante. Angel e Forward si voltarono sbalorditi. Risi loro in faccia. Lo vedessero pure. Sì, signori, l’ho fatto apposta.
I fulmini cessarono. Nel silenzio improvviso Forward urlò: — Sa che cos’ha fatto?
Ci fu un crunch stridente, e poi un tremito contro la mia schiena. Guardai in alto.
All’Arraffa mancava un pezzo.
Ero capovolto e mi sentivo diventare più pesante. Angel piroettò all’improvviso, tenendosi stretto al sedile di Forward. Rimase sospeso sopra la cupola, sopra il cielo. Urlò.
Mi aggrappai con forza alla colonna, con le gambe. Sentii che Carlos muoveva i piedi per puntellarsi, e rideva.
Vicino all’orlo della cupola stava spuntando una lancia luminosa. Il motore dell’Hobo Kelly che decelerava e ingrandiva. Il resto del cielo era vuoto. E un pezzo della cupola sparì con uno schiocco secco.
Angel urlò e precipitò. Appena al di sopra della cupola parve divampare in una luce azzurra.
E sparì.
L’aria usciva rombando attraverso la cupola… e altra aria spariva in qualcosa che prima era invisibile. Adesso appariva come un puntino azzurro che scendeva adagio verso il pavimento. Forward s’era voltato per vederlo cadere.
Gli oggetti che non erano imbullonati volavano attraverso la camera, spiraleggiavano intorno al punto a velocità meteorica e vi cadevano con esplosioni luminose. Ogni atomo del mio corpo sentiva l’attrazione, l’impulso di morire in una caduta infinita. Adesso eravamo appesi fianco a fianco a una colonna orizzontale. Notai con approvazione che Carlos teneva la bocca spalancata, come me, per liberarsi i polmoni perché non scoppiassero quando l’aria fosse finita.
Pugnalate negli orecchi e nei seni nasali, una pressione tremenda nelle viscere.
Forward si voltò di nuovo verso la console. Girò con forza una manopola. Poi… sganciò la cintura di sicurezza, ne uscì, verso l’alto, e cadde.
Un lampo luminoso. Era sparito.
Il puntolino color fulmine scese lentamente nel pavimento e vi penetrò. Nel rombo sempre più forte dell’aria sentii lo stridore della roccia polverizzata diventare più fievole via via che il buco nero scendeva verso il centro dell’asteroide.
L’aria era tremendamente rarefatta, ma non era andata del tutto. I miei polmoni erano convinti di respirare il vuoto. Ma il mio sangue non bolliva. Me ne sarei accorto.
Perciò ansimai e continuai ad ansimare. Non potevo dedicare l’attenzione a niente altro. Milioni di punti neri mi danzavano davanti agli occhi; ma ero ancora vivo quando Ausfaller ci raggiunse portando un involto di plastica trasparente e un’enorme pistola.
Arrivò velocemente, con lo zaino a razzo. Mentre decelerava si guardava intorno per cercare qualcuno cui sparare. Tornò indietro descrivendo un cerchio di fuoco. Ci guardò attraverso la visiera del casco. Forse si chiedeva se eravamo morti.
Aprì l’involto di plastica. Era un sacco sottile, con una chiusura ermetica e una bombola. Dovette prendere una fiamma ossidrica portatile per tagliare i nostri legami. Liberò per primo Carlos e l’aiutò a infilarsi nel sacco. Carlos sanguinava dal naso, dagli orecchi e stentava a muoversi. Stentavo a muovermi anch’io, ma Ausfaller mi cacciò nel sacco con Carlos e lo chiuse. L’aria sibilò intorno a noi.
Mi domandai cosa sarebbe successo. Il sacco gonfio era troppo grande per passare attraverso i corridoi. Ausfaller aveva pensato anche a questo. Sparò alla cupola, vi aprì uno squarcio, e ci portò via passando da lì.
L’Hobo Kelly era posata poco lontano. Mi accorsi che il sacco di salvataggio non sarebbe entrato nel portello stagno… e Ausfaller confermò le mie paure. Ci fece un segnale spalancando la bocca. Poi aprì la chiusura ermetica del sacco e ci trascinò dentro la camera di compensazione mentre l’aria stava ancora uscendo dai nostri polmoni.
Quando ci fu di nuovo l’aria, Carlos mormorò: — Per favore, non farlo mai più.
— Non dovrebbe essere più necessario. — Ausfaller sorrise. — Qualunque cosa abbiate fatto, siete stati bravissimi. Ho due autodcrc ben attrezzati, a bordo, per rimettervi in sesto. Mentre voi due vi riprenderete, andrò a recuperare il tesoro nell’asteroide.
Carlos alzò una mano, ma non riuscì a parlare. Sembrava un morto risuscitato: il sangue gli scorreva dal naso e dagli orecchi, la bocca era spalancata, e stentava a tener sollevata la mano, contro la forza di gravità.
— Una cosa — disse sbrigativamente Ausfaller. — Ho visto molti morti, ma nessun vivo. Quanti erano? È probabile che incontri resistenza durante la ricerca?
— Lascia perdere — gracchiò Carlos. — Portaci via di qui. Subito.
Ausfaller aggrottò la fronte. — Che cosa…?
— Non c’è tempo. Portaci via.
Ausfaller fece una smorfia.
— Sta bene. Prima gli autodoc. — Si voltò, ma la mano sfibrata di Carlos lo trattenne.
— No, cavolo. Questo voglio vederlo — mormorò Carlos.
Anche stavolta Ausfaller cedette. Andò in sala comando e Carlos lo seguì a passo barcollante. Io li seguii entrambi, asciugandomi il sangue dal naso. Anch’io mi sentivo più morto che vivo. Ma immaginavo vagamente che cosa si aspettava Carlos e non avevo intenzione di perdermi lo spettacolo.
Agganciammo le cinture di sicurezza. Ausfaller accese il reattore di spinta principale. L’asteroide si allontanò sotto di noi.
— Siamo abbastanza lontani — mormorò Carlos dopo un po’. — Gira la nave.
Ausfaller obbedì. Poi: — Cosa stiamo cercando?
— Lo vedrai.
— Carlos, ho fatto bene a sparare ai rimorchiatori?
— Oh, si.
— Bene. Ero preoccupato. Allora Forward era il mangiatore di navi?
— Sicuro.