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C’erano alcune navi, là fuori. Ausfaller le inquadrò in primo piano: tre rimorchiatori spaziali del tipo usato nella Fascia degli Asteroidi, a forma di grossi dischi, equipaggiati con motori enormi e potenti generatori elettromagnetici. Quelli della Fascia li adoperano per rimorchiare gli asteroidi di nichel-ferro e portarli dove c’è chi vuol comprare il minerale. Con quei motori probabilmente potevano raggiungerci: ma avrebbero avuto una gravità adeguate nelle cabine?

Non ci provavano neppure. Sembrava che non ci seguissero e che non fuggissero. E avevano un’aria abbastanza innocua.

Ma Ausfaller si stava dando da fare con gli altri suoi strumenti. Io lo approvavo. Anche l’Hobo Kelly aveva avuto un’aria piuttosto pacifica fino a un momento prima. Adesso era irta di armi. Poteva darsi che anche i rimorchiatori nascondessero chissà cosa.

Alle mie spalle Carlos chiese: — Bey? Cos’è successo?

— Come cavolo faccio a saperlo?

— Cosa indicano gli strumenti?

Doveva riferirsi al complesso dell’hyperdeive. Un paio degli indicatori era impazzito; altri cinque non funzionavano più. Glielo dissi. — E il motore non assorbe energia. Non ho mai sentito che sia successa una cosa simile. Carlos, è ancora teoricamente impossibile.

— Non… non ne sono tanto sicuro. Voglio dare un’occhiata al motore.

— Nei tubi d’accesso non c’è la gravità della cabina.

Ausfaller aveva abbandonato i rimorchiatori ormai distanziati. Aveva trovato qualcosa che sembrava una grossa cometa, una palla di gas congelati a una notevole distanza, da un lato. Restai a guardare mentre l’esaminava con il radar di profondità. Dietro non c’era nascosta una flotta di navi pirate.

Gli chiesi: — Ha controllato con il radar di profondità anche i rimorchiatori?

— Naturalmente. Più tardi potremo esaminare dettagliatamente le registrazioni. Non ho visto niente. E niente ci ha attaccati da quando siamo usciti dall’iperspazio.

Io avevo pilotato la nave in una direzione scelta a caso. Adesso la puntai verso Sol, che era la stella più fulgida del firmamento. Quei dieci minuti di meno nell’iperspazio avrebbero aggiunto circa tre giorni alla durata del nostro viaggio.

— Se c’era un nemico, lei l’ha spaventato. Shaeffer, questa missione e questa nave sono costate una somma enorme al mio dipartimento, e non abbiamo scoperto niente di niente.

— Non proprio — disse Carlos. — Voglio dare un’occhiata al motore hyperdrive. Bey, puoi portarci a una gravità?

— Sicuro. Ma… i miracoli m’innervosiscono, Carlos.

— Lo stesso vale anche per me.

Strisciammo lungo un tubo d’accesso appena un po’ più largo delle spalle di un uomo imponente, tra il vano del motore hyperdrive e i serbatoi del combustibile. Carlos raggiunse uno spioncino d’ispezione. Guardò e scoppiò a ridere.

Gli chiesi che cavolo ci trovava di tanto divertente.

Continuando a ridere, Carlos passò oltre. Gli strisciai dietro e guardai all’interno.

Nel vano del motore hyperdrive, il motore hyperdrive non c’era più.

Entrai dalla botola per le riparazioni e mi fermai nel vano cilindrico, a guardarmi intorno. Niente. Non c’era neppure un foro d’uscita. I cavi superconduttori e i supporti del motore erano stati tranciati così perfettamente che le estremità mutilate luccicavano come specchi.

Ausfaller pretese di andare a vedere con i suoi occhi. Io e Carlos lo aspettammo in sala comando. Per un po’ Carlos continuò a scoppiare in risate irrefrenabili. Poi assunse un’espressione remota e sognante che m’irritò ancora di più.

Mi domandai che cosa gli stava passando per la testa, e pervenni alla spiacevole conclusione che non l’avrei mai saputo. Qualche anno fa mi sono sottoposto ai test del Quoziente d’Intelligenza, nella speranza che mi servisse per ottenere una licenza di paternità. Non sono un genio.

Sapevo soltanto che Carlos aveva pensato qualcosa che non avevo pensato io; lui non lo diceva, e io ero troppo orgoglioso per chiederglielo.

Ausfaller non aveva orgoglio. Quando rientrò sembrava che avesse visto un fantasma. — Sparito! Dove può essere andato? Come può essere successo?

— A questo posso rispondere io — disse allegramente Carlos. — È necessario un gradiente di gravità estremamente alto. Il motore l’ha urtato, ha avvolto lo spazio intorno a se stesso ed è passato a un livello d’hyperdrive più elevato, che noi non possiamo raggiungere. Può darsi che in questo momento sia avviato verso l’orlo dell’universo.

Io dissi: — Sei sicuro, eh? Un’ora fa non esisteva una teoria per spiegare quel che è accaduto.

— Bene, sono sicuro che il nostro motore è andato. Tutto il resto è piuttosto nebuloso. Ma questo è un modello ben stabilito di ciò che càpita quando una nave incappa in una singolarità. A un gradiente di gravità inferiore il motore si porterebbe dietro tutta la nave, e poi ne spargerebbe gli atomi lungo il percorso, fino a quando non restasse altro che il campo dell’hyperdrive.

— Ugh.

Ormai Carlos s’era innamorato di un’idea. — Sigmund, voglio che usi la tua radio iperspaziale. Potrei sbagliarmi, ma ci sono diverse cose che possiamo controllare.

— Se siamo ancora entro la singolarità di qualche massa, la radio iperspaziale si autodistruggerà.

— Sì. Credo che valga la pena di rischiare.

Eravamo usciti, o eravamo stati buttati fuori, a dieci minuti di distanza dalla singolarità intorno a Sol. Questo ammontava a sedici ore-luce di spazio normale, più quasi cinque ore dall’orlo della singolarità della Terra. Per fortuna la radio iperspaziale è istantanea, e ogni sistema civile tiene una stazione di collegamento della radio iperspaziale appena al di fuori della singolarità. La Southworth Station avrebbe trasmesso il nostro messaggio verso l’interno per mezzo del laser, avrebbe ricevuto la risposta allo stesso modo e ce l’avrebbe passata dopo dieci ore.

Accendemmo la radio iperspaziale, e non scoppiò.

Ausfaller fece per prima cosa la sua chiamata a Cerere, per farsi dare i dati di registrazione dei rimorchiatori che avevamo avvistato. Poi Carlos chiamò il complesso dei computer di Elephant a New York, usando un numero di codice che Elephant non rilascia a molti. — Lo ripagherò più tardi. E magari avrò anche da raccontargli una bella storia — dichiarò tutto soddisfatto.

Restai ad ascoltare mentre Carlos spiegava che cosa gli occorreva. Voleva tutti i dati su una meteorite che era precipitata nella Tunguska, in Siberia, nel 1908 d.C. Voleva un riepilogo dei tre modelli dell’origine dell’universo: il Big Bang, l’Universo Ciclico, l’Universo a Stato Costante. Voleva dati sui collapsar. Voleva nomi, curriculum e indirizzi dei più noti studiosi dei fenomeni gravitazionali nel Sistema di Sol. Quando spense la radio, sorrideva.

Io dissi: — Mi hai messo nel sacco. Non ho la più pallida idea di quello che stai cercando di combinare.

Senza smettere di sorridere, Carlos si alzò e andò nella sua cabina a dormire.

Spensi completamente il motore principale di spinta. Quando ci fossimo addentrati nel Sistema di Sol avremmo potuto decelerare a trenta gravità. Nel frattempo stavamo andando alla velocità sostenuta che avevamo acquisita mentre uscivamo dal Sistema di Sirio.

Ausfaller rimase in sala comando. Forse il suo movente era identico al mio. Là fuori non c’erano navi della polizia. Poteva darsi che venissimo attaccati ancora.

Passò la notte a esaminare le registrazioni dei tre rimorchiatori minerari. Non parlammo, ma io guardai attentamente.