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I rimorchiatori sembravano abbastanza normali. Le inquadrature telescopiche non mostravano fenditure sospette negli scafi, o portelli per i cannoni. Nelle registrazioni del radar di profondità sembravano spettri: si vedevano i massicci cerchi dei campi di forza, i tubi cavi e altrettanto massicci dei motori, le densità minori dei serbatoi di combustibile e dei sistemi di supporto vitale. Non c’erano lacune né ombre che non dovevano esserci.

Ogni tanto Ausfaller ripeteva: — Sa quanto valeva l’Hobo Kelly?

A un certo punto gli dissi che potevo azzardare una stima.

— Valeva la mia carriera. Pensavo di distruggere una flotta pirata, con l’Hobo Kelly. Ma il mio pilota è fuggito. Fuggito! Che cosa ho, adesso, da mostrare in cambio del mio costosissimo cavallo di Troia?

Non gli diedi la risposta più ovvia e non gli ricordai che la mia responsabilità principale era la vita di Carlos. Ausfaller non l’avrebbe bevuta. Gli dissi, invece: — Carlos ha scoperto qualcosa. Lo conosco bene. Lui sa com’è successo.

— E riuscirà a farlo parlare?

— Non lo so. — Avrei potuto dire a Carlos che saremmo stati più al sicuro se avessimo saputo che cosa aveva intenzione di fregarci. Ma Carlos era un terrapiattaio, e questo condizionava inevitabilmente la sua mentalità.

— Dunque — disse Ausfaller, — abbiamo soltanto la conoscenza celata nella testa di Carlos.

Un’arma che trascendeva la tecnologia umana mi aveva sbalzato fuori dall’iperspazio. Ero scappato. Logicamente ero scappato. Restare nei dintorni sarebbe stata una pazzia, mi dicevo. Però, irrazionalmente, me ne rammaricavo.

Dissi ad Ausfaller: — E i rimorchiatori minerari? Non riesco a capire cosa ci facciano da queste parti. Nella Fascia li usano per portare gli asteroidi di nichel-ferro fino alle zone industriali.

— Anche qui è lo stesso. Gran parte di ciò che trovano è inutile: masse di pietra e grosse sfere di ghiaccio: ma quei pochi metalli che ci sono qui intorno sono preziosi. Ne hanno bisogno per costruire.

— Per costruire che cosa? Che razza di gente può vivere qui? Tanto varrebbe aprir bottega nello spazio interstellare!

— Precisamente. Non ci sono turisti, ma ci sono gruppi di ricerca, qui dove lo spazio è piatto e vuoto e le temperature sono vicine allo zero assoluto. So che il Gruppo Mercurio fu istituito proprio qui per studiare i fenomeni dell’iperspazio. Ancora oggi non comprendiamo l’iperspazio, lo ricordi. Non siamo stati noi a inventare l’hyperdrive: l’abbiamo acquistato da una razza aliena. E poi c’è il laboratorio genetico che cerca di realizzare una varietà di albero in grado di crescere sulle comete.

— Sta scherzando?

— Ma quelli fanno sul serio. Una pianta fotosintetica che sfrutti le sostanze chimiche presenti in tutte le comete… sarebbe utilissima. L’intero alone cometario potrebbe venire seminato di piante produttrici d’ossigeno… — Ausfaller s’interruppe bruscamente, poi disse: — Lasciamo stare. Ma tutti questi gruppi hanno bisogno di materiale da costruzione. Costa meno costruire qua fuori che spedire ogni cosa dalla Terra o dalla Fascia degli Asteroidi. La presenza dei rimorchiatori non è sospetta.

— Ma non c’era nient’altro intorno a noi. Proprio niente.

Ausfaller annuì.

Quando Carlos venne a raggiungerci varie ore dopo, sbattendo gli occhi per liberarsi dal sonno, gli domandai: — Carlos, è possibile che i rimorchiatori avessero qualcosa a che vedere con la tua teoria?

— Non vedo come. Ho una mezza idea, e può darsi che entro trenta minuti io faccia la figura dello scemo. La teoria che voglio non è più di moda. Ora che sappiamo cosa sono i quasar, tutti sembrano abbracciare l’Ipotesi dello Stato Costante. Sai come funziona: la tensione, nello spazio completamente vuoto, produce altri atomi d’idrogeno, per l’eternità. L’universo non ha principio né fine. — Carlos aveva l’aria intestardita. — Ma se ho ragione io, allora sappiamo dove sono finite le navi dopo essere state sequestrate. Ed è più di quanto sappia chiunque altro.

Ausfaller gli balzò quasi addosso. — Dove sono? E i passeggeri? Sono vivi?

— Mi dispiace, Sigmund. Sono tutti morti. Non sono rimasti neppure le salme da seppellire.

— Che cos’è? Contro che cosa stiamo combattendo?

— Un effetto gravitazionale. Una brusca distorsione dello spazio. Un pianeta non può riuscirci, e non ci riuscirebbe neppure una batteria di generatori di gravità: non sarebbero in grado di produrre un campo così.

— Un collapsar — suggerì Ausfaller.

Carlos gli rivolse un gran sorriso. — Sì, un collapsar ci riuscirebbe, ma ci sono altri problemi. Un collapsar non può neppure formarsi se non ha almeno cinque masse solari. E ci sarebbe da scommettere che qualcuno avrebbe notato qualcosa di tanto grosso, così vicino a Sol.

— Allora che cosa?

Carlos scrollò la testa. Dovevamo aspettare.

Southworth Station ci trasmise i dati di registrazione di tre rimorchiatori spaziali, usati e costruiti in anni diversi, tutti e tre acquistati tre anni prima presso l’IntraBelt Mining dalla Sesta Chiesa Congregazionale di Rodney.

— Rodney?

Ma Carlos e Ausfaller stavano ridacchiando tutti e due. — A volte quelli della Fascia fanno così — mi disse Carlos. — È un modo per dire che non deve interessare a nessuno chi compra le navi.

— È divertente, d’accordo, ma ancora non sappiamo chi siano i proprietari.

— Può darsi che siano onesti abitanti della Fascia degli Asteroidi. E può darsi di no.

Subito dopo quelle prime informazioni arrivarono i dati che aveva richiesto Carlos, e furono immessi direttamente al computer di bordo. Carlos passò in rassegna un elenco di nomi e di numeri telefonici: i più illustri studiosi della gravità e dei suoi effetti che vivessero nel Sistema di Sol, e tutti in ordine alfabetico.

Un indirizzo attirò la mia attenzione: Julian Forward, #1192326 Southwoth Station.

Era un numero di collegamento per la radio iperspaziale. Lui era , da qualche parte, nell’enorme vuoto tra l’orbita di Nettuno e la fascia cometaria, lì fuori dove poteva funzionare il collegamento della radio iperspaziale. Cercai altri numeri della Southworth Station. C’erano: Launcelot Starkey, 1844719 Southworth Station; Jill Luciano, 1844719 Southworth Station; Mariana Wilton, 1844719 Southworth Station.

— Questi qui — disse Ausfaller. — Vuoi discutere la tua teoria con uno di loro?

— Appunto. Sigmund, 1844719 non è la lunghezza d’onda del Gruppo Mercurio?

— Mi pare. Ma credo che non siamo alla nostra portata, adesso che non abbiamo più il motore hyperdrive. Il Gruppo Mercurio si era stabilito in un’orbita distante intorno ad Antenora, che in questo momento si trova dall’altra parte del Sole. Carlos, hai pensato che uno di costoro potrebbe aver costruito il congegno mangianavi?

— Cosa?… Hai ragione. Ci vorrebbe qualcuno che conoscesse piuttosto bene la gravità. Ma direi che il Gruppo Mercurio è al di sopra di ogni sospetto. Con più di diecimila persone al lavoro, come sarebbe possibile nascondere qualcosa?

— E questo Julian Forward?

— Forward. Già, ho sempre desiderato conoscerlo.

— Sai qualcosa di lui? Chi è?

— Lavorava all’Istituto della Conoscenza su Jinx. Da anni non ne ho più sentito parlare. Fece qualche ricerca sulle onde di gravità in partenza dal nucleo galattico… e risultò che il suo lavoro era sbagliato. Sigmund, chiamiamolo.

— Per chiedergli che cosa?

— Ma… — Poi Carlos ricordò la situazione. — Oh. Tu pensi che potrebbe… Già.

— Conosci molto bene quest’uomo?

— Lo conosco di fama. È piuttosto celebre. Non capisco come un tipo come lui potrebbe dedicarsi alla pirateria.