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«Con uno scambio. Ho dato la mia veste.»

«Che cosa?»

«Ho barattato…»

«Non è possibile! Nessun Kurriano la toccherebbe. Se gli sbirri del re scoprissero un contadino con la veste di un sacerdote larnoriano, gli toglierebbero qualcosa di più di un braccio. I contadini lo sanno. Dove vi siete procurato quell’abito da contadino?»

«Ve l’ho detto. Sapete dove si trova ora il coordinatore Rastadt?»

«Rastadt?»

Forzon annuì. «Sono successe tante cose da ieri che l’avevo quasi dimenticato. Eravamo insieme quando i soldati ci sono saltati addosso. Dopodiché non l’ho più visto. Sulle prime credevo che mi avesse portato in un tranello; ma ora non ne sono tanto sicuro. Era vestito esattamente come me.»

Lei disse freddamente. «Non so assolutamente nulla di lui. Nessuno l’ha visto.»

«È strano.»

«Suppongo abbia barattato la sua veste per una divisa e si sia arruolato nell’esercito di Re Rovva» disse sarcasticamente. «Dove vi siete procurato quell’abito?»

Egli non rispose e lei non aggiunse altro. Forzon sonnecchiava e si svegliò di colpo quando il ronzio profondo del motore cambiò frequenza. Sotto di loro si estendeva una stretta e lunga penisola, ove tremolava una luce. Fecero alcuni giri, rallentarono e scesero rapidamente. La terra si aprì per riceverli.

L’aereo si fermò in un hangar sotterraneo. Mani attente e veloci sollevarono il ferito, poi Ann saltò a terra, Forzon la seguì e rimase in piedi, sbattendo le palpebre nella luce abbagliante della rimessa.

«E così, voi siete l’intendente» disse un giovane, stringendo la mano a Forzon.

«Dice di essere l’intendente» aggiunse Ann freddamente.

Il giovane inarcò le sopracciglia: «Dice…?»

«Ci sono molte cose che non ha detto e altre che ha detto ma che richiedono una spiegazione. Desidero sia guardato a vista finché non torna Paul… così, per misura precauzionale.»

CAPITOLO V

L’agente Paul Leblanc, nel corso della sua carriera, aveva assunto un numero così grande di identità diverse, da non averne più una tutta sua. In quel momento era un ricco agricoltore che sorbiva con gioia un boccale fumante di cril godendosi il piacere tranquillo di una serata in casa nella magnifica e antica dimora della sua fattoria. Altri momenti, altre identità, e neanche Leblanc poteva dire con sicurezza quale fosse «lui».

Ma in quel momento era un fattore. Quando disse pacatamente: «Qui ce la siamo vista brutta, signor intendente» sembrava che commentasse una prosaica crisi agricola.

Forzon si azzardò a bere un sorso del suo cril. Aveva un aroma delizioso e pungente di spezie tostate e scottava da portar via il palato. Lo mise da parte e osservò sarcasticamente: «Altrettanto.»

Leblanc sorrise. Di solito a Forzon piaceva di analizzare i volti, ma uno sguardo a quello di Leblanc lo scoraggiò subito. Aveva un’estrema mobilità, anzi, malleabilità di espressione. Il che, accoppiato alla sua persona snella e di struttura elastica, suggeriva una personalità in continuo stato di trasformazione.

«Ann è stata un po’ impulsiva» concedette Leblanc.

«Io userei un’altra parola.»

«Impulsiva» disse Leblanc con fermezza. «L’ho rimproverata, ma non severamente. È naturale che fosse un po’ scossa. Di solito la gente della Squadra B non fa errori nei compiti che le vengono affidati. Altrimenti non esisterebbe più una Squadra B. Se questa operazione è mal riuscita la colpa è mia come di tutti gli altri; ma è già archiviata. Noialtri della Squadra B, facciamo tesoro dei nostri errori, ma non stiamo a rimuginare, specialmente quando tutto finisce bene. Io vi immaginavo già in cammino verso uno dei deliziosi trattenimenti di Re Rovva. Quando ho saputo che eravate salvo, e mi sono precipitato a tornare per congratularmi con coloro che vi avevano salvato, mi sono sentito dire che eravate stato voi a salvarli. Posso capire Ann. Era una cosa non solo strana, ma incredibile.»

«Mettermi sotto chiave mi sembra un modo curioso di dimostrare la propria gratitudine.»

«Non vi hanno proprio messo sotto chiave» protestò Leblanc. «Io capisco il vostro risentimento, ma non potete immaginare a qual punto la cosa sembri incredibile. Rastadt vi aveva fatto imparare la lingua larnoriana, vi aveva vestito da sacerdote larnoriano e vi aveva persino fornito un naso fra i più caratteristici del popolo di Larnor, il tutto combinato malignamente per rendervi vistoso come un cavallo in un gregge di pecore. È un proverbio kurriano, solo che qui i cavalli non sono cavalli e le pecore somigliano ancor meno a delle pecore, ma è ugualmente valido. Per un contadino kurriano un sacerdote di Larnor è…»

«Lo so. Ora lo so. Un orco.»

«Peggio di così. Un diavolo incaricato di trascinarli nell’ai di là, così come lui se lo immagina. Molti anni fa i sacerdoti di Larnor pensarono di effettuare delle missioni in Kurr, I re di Kurr non reagirono con dolcezza al fatto che le loro prerogative venissero usurpate da concorrenti, e posero solide basi a un vivace folclore in merito all’iniquità dei preti larnoriani. Con quel costume, quella lingua e quel naso, eravate spacciato nel momento stesso in cui ponevate il piede qui.»

«Questo lo so» disse Forzon. «Quel che non capisco è perché Rastadt mi volesse morto. E non capisco perché Ann Cory B-627 mi abbia praticamente spinto a cadere nel tranello, mentre avrebbe potuto mettermi in guardia.»

«I tranelli erano due» disse Leblanc. «Quello che Rastadt aveva architettato per voi, e quello che noi avevamo ideato per Rastadt. Se Ann vi avesse messo al corrente del primo, Rastadt avrebbe evitato il secondo, e c’era il pericolo che escogitasse qualcosa di più rapido e di più efficace per sbarazzarsi di voi. Rastadt… ma questa sera preferirei non parlare di Rastadt. Siete salvo. Avete salvato la vita di un nostro giovane e promettente agente, avete salvato Ann dalla tortura e dalla mutilazione. Quando si sarà riavuta dalla umiliazione di essere stata salvata da uno della SC, vi ringrazierà. Il vino si sta aromatizzando… Lo sapete che questa regione produce il miglior vino di tutto il Kurr? Parliamo perciò di cose più piacevoli e rimandiamo Rastadt a domani e alla fredda luce del giorno.»

«Preferirei parlarne adesso. Che cosa gli è accaduto?»

«Mi ha inviato poco fa una comunicazione.»

«Allora… non è stato catturato?»

«Penso di no. Il messaggio veniva dalla base.»

«Mi aveva detto che l’aereo sarebbe venuto a riprenderlo la notte dopo. Ieri notte. Sto perdendo la nozione del tempo.»

Leblanc fece un freddo sorriso.

«Nella comunicazione, non fa cenno della propria venuta a Kurr. Chiede solo perché la Squadra B non ha segnato ricevuta dell’ordine di accogliere l’Intendente Jef Forzon alla sua discesa, avantieri notte, in coordinate: 457 Nord, 614 Ovest, e chiede conferma dell’eseguito contatto. Nessun ordine del genere ci è pervenuto.»

«Ah! Per questo non c’era nessuno a riceverci.»

«Dirò di più. Nessun ordine del genere è stato inviato.»

«In questa faccenda, più ne so» disse Forzon adagio «e meno ci capisco. Rastadt era vestito come me. Aveva lo stesso naso larnoriano. Perché mi avrebbe teso una trappola per poi caderci dentro anche lui?»

«È una storia lunga. Non volete proprio aspettare fino a domani? Allora…» Vuotò il suo boccale e lo spinse da un lato. «Da quattrocento anni tentiamo di convertire il Kurr in una democrazia. In tutto questo tempo, sul pianeta Gurnil ci sono stati alcuni coordinatori bravissimi, e un paio di un’incompetenza scandalosa. Tutti hanno fatto fiasco. Sette anni fa, Rastadt ha avuto il comando di Gurnil. Aveva un ottimo stato di servizio e la fama di uomo pieno di risorse per sbrogliare le difficoltà. Prese subito un certo numero di provvedimenti avventati, e quando i suoi piani fecero cilecca accusò la Squadra B di averli sabotati. Cominciò allora a mandarci degli agenti male addestrati, scelti da lui. Creò, insomma, un comando indipendente all’interno della Squadra B e il risultato fu un mezzo disastro. Per dirla in breve, è quasi riuscito a “bruciare” il pianeta. Sapete che cosa voleva dire?»